Guido Rossa – Il ricordo, trent’anni dopo

La sua fabbrica venerdì 23 gennaio è un cumulo di macerie. Il cielo bianco la sovrasta come una coperta. C’è il freddo e il vento delle otto di un mattino d’inverno a Cornigliano. Se non fosse che con due pulmini puoi entrare dentro il nulla. Migliaia di metri quadri di alcunché. Nelle aree recintate per il quartiere – i containers di Spinelli sono disposti con graziosa armonia, colorati ma vuoti come la realtà che ti piomba addosso.


In un presente fatto di contrasti qualcosa suggerisce che non si è lì per afferrare la realtà ma per ritrovare il passato. Per raccogliere la memoria e distribuirla in generosa quantità a chi verrà dopo. Nel reparto di Guido Rossa – scampato alla distruzione – tutto forse è come allora. Tranne le facce di pochi operai giovani in attesa. Niente a che vedere con le commemorazioni affollate degli anni addietro. Gli altri colleghi non ci sono perché questa – ti dicono – è una cerimonia intima. Onestà, coerenza, lavoro, precisione, presenza sono gli aggettivi che tratteggiano l’uomo che con coraggio ha scelto la via della denuncia. Solo uno dei pochi che conosceva Guido Rossa osa raccontare il baratro del presente italiano con la consolazione che Guido, almeno, tutto questo se l’è risparmiato.
Vantaggi del contrappasso.
A Palazzo Ducale, la mattina successiva, la folla è numerosa. Maggior Consiglio pensoso. Sullo sfondo musiche di Bach e Mozart suonate dai professori del Teatro Carlo Felice. Nelle parole delle autorità c’è un affanno, la ricerca di un senso e di un luogo dove collocare Guido Rossa, dargli una ragione. C’è una sua lettera, scritta il 15 febbraio del 1970, all’amico Ottavio: basterebbe da sola a chiudere la cerimonia; testimonia l’uomo, la capacità di riconoscere il suo tempo, il desiderio di cambiare. Nella lettera, la passione “dell’andar per sassi”, raggiungere vette dove la realtà è altro. Passione, come colpa e limite, inadeguata alla sofferenza di un’altra parte di mondo. A Palazzo Ducale gli interventi cercano di collocarlo nel 2009.
Non erano in distribuzione copie della lettera di Rossa all’amico Ottavio. Purtroppo.
Nel pomeriggio, al Teatro Verdi di Sestri Ponente, la commemorazione è del PD ma è rivolta a tutti. Cofferati arriva con il suo bimbo in braccio. Poi il Partito genovese con Veltroni a chiudere la giornata. La maggioranza della platea ha già compiuto quarant’anni. Sabina Rossa è sincera e libera, scorge la necessità di comprendere sin dall’inizio le inquietudini e i conflitti sociali per saperli ascoltare prima che si trasformino in devianza. Il terrorismo con Sabina acquista una dimensione reale, un punto di partenza e di arrivo. Veltroni vuole ricostruire tutti gli anni di piombo. Un discorso patetico quando – descrivendo l’operaio Rossa – ne tratteggia i gesti mattutini. Così intimi che, gettati alla platea, paiono profanati. Alle 18 il sipario su Guido Rossa, si chiude.
(Giovanna Profumo)