Genova – Il porto fuori da “Le Monde”

E’ passato poco più di un anno dalla storica contesa fra i tre pretendenti all’Autorità Portuale, tra acide e neppure tanto velate baruffe nelle istituzioni. Si sentì parlare allora di porto lungo, porto largo, porto- porta dell’Europa, corridoio cinque. Nella nostra fantasia viaggiavano quei milioni di teu di traffico previsti, li immaginavamo come mattoncini lego, pronti per essere messi a posto. Portavano lustro e lavoro alla città, tanti erano e ancor più sarebbero arrivati e da qui discussioni a non finire per strade, accessi, infrastrutture.


Di tutto questo che cosa è rimasto? Gli ultimi dati dell’Autorità Portuale (La Stampa 4/12/08) ci dicono che il traffico industriale è diminuito del 7,3% fra ottobre 2007 e ottobre 2008. A gennaio 2009 i più pessimisti ipotizzano per il futuro un meno 20%. E’ la crisi, è vero, non prevista da nessuno. Ma le società traslocate o che hanno ridotto prima della crisi, qualcuno le rammenta? L’ultimo atto, quello della Maersk che anni fa puntò su Voltri 2 e sappiamo come stanno le cose in questi giorni: anche uno sparuto gruppo di giovani stranieri se ne va, baluardo della capacità attrattiva della nostra città, noi che speriamo sempre in giovani che vengano da fuori e decidano di mettere su casa qui.
Ora assistiamo alla trattativa a puntate sulla gara d’appalto: sacrosanto salvaguardare i posti di lavoro. Con uno sguardo al futuro però.
Dopo nove mandati, dico nove, il proconsole è ancora lì, tutto è cambiato, ma lui no.
Grazie a un mondo imprenditoriale senza ambizioni e grazie anche a uno così stiamo diventando, se già non lo siamo, un porto di periferia, dove i tilt del sistema informatico sono costati 60 milioni di euro e ancor più del chip può far l’ indomita tramontana. Repubblica di domenica scorsa ci informa che anche Le Monde ci depenna dai porti importanti, magari lo dicono con la volpe sotto la coda. Però, dispute, indagini, mancate liberalizzazioni, situazioni di monopolio del traffico, politica che non decide, associazioni di manodopera inamovibili, che difendono accanitamente soltanto il posto dei loro soci: tutto fa.
Perciò un pensiero agli anni che verranno, ma prima di ogni cosa a quei lavoratori che pure ci sono morti, non solo per mancanza di sicurezza ma anche per formazione inadeguata. E’ proprio per loro, per la loro abnegazione che non possiamo accettare il declino del porto, facendo dettare l’agenda da soggetti d’altri tempi, dimenticando i tanti non portuali che perderanno il lavoro senza tanti complimenti e senza il supporto di una cassa integrazione. Per i precari di altri lavori dalla Regione forse un milione di euro, per i camalli circa tre milioni di euro, che non vogliono: no ai 500 euro d’integrazione in più al mese.
Ora dicono – Prima il lavoro. Davvero? Con l’aria che tira, quale lavoro e per chi?
(Bianca Vergati)