Lavoro – Per i contratti a termine solo disattenzione e silenzio

Sapete qual è il paese dove chi è “disoccupato è 12 (dodici) volte più a rischio di essere povero del resto della popolazione”? E’ l’Italia! A dirlo sono alcuni economisti, tipi seri che non a caso da tempo avevano annunciato la stagione che stiamo vivendo. Tra loro Tito Boeri intervenuto più volte su Repubblica delle ultime settimane. E’ probabile, ha scritto Boeri (16 febbraio 2009), che nel 2009 i disoccupati superino la soglia dei due milioni. Venerdì 13 febbraio (quando si dice le date) il governo ha annunciato di aver reperito 8 miliardi per finanziare gli ammortizzatori sociali tramite un accordo con le Regioni ma già a poche ore di distanza il ministro del lavoro ha annunciato che la riforma dovrà essere “ulteriormente rinviata”. A quando? Non si sa. Verranno finanziati solo gli interventi di cassa integrazione in deroga. Si tratta di interventi diretti alle imprese e non ai disoccupati che invece possono essere vittime di licenziament i individuali o subire il mancato rinnovo del loro contratto a termine. Inoltre gli interventi di cassa integrazione non sanciscono alcun diritto ad essere aiutati per coloro che perdono il lavoro. Per queste persone l’unica possibilità di essere aiutati è che la Regione e sindacati si accorgano della loro esistenza e si impegnino a sostenerli. Infine gli interventi di cassa integrazione sono uno strumento di politica industriale e non di assistenza: è la politica – Governo e Regioni assieme ai sindacati – che decide a quali imprese dare gli ammortizzatori e a quali non. A goderne sono le imprese con più coperture politiche e situazioni sindacali “con buone relazioni”.


Il ministro del lavoro ha definito gli ammortizzatori sociali “un rubinetto aperto” che finirebbe per “deresponsabilizzare le aziende”. La verità è che per i circa tre milioni di lavoratori (Banca Italia su Repubblica 22 febbraio) che hanno il loro contratto in scadenza nel 2009 fino ad oggi non è stato né fatto né pensato nulla. Per la maggior parte di loro non è da prevedere una riduzione del livello di vita ma più realisticamente il passaggio rapido alla povertà. A Milano ricordarlo per primo è stato Tettamanzi, il cardinale che, con un milione di euro fatto uscire dalle tasche della Curia, ha lanciato il “Fondo Famiglia-Lavoro” seguito poi dalla Fondazione Cariplo e da altri enti e privati cittadini.
E a Genova? A Genova il problema viene considerato irrilevante. I sindacati non hanno fornito a tutt’oggi i numeri relativi ai contratti a termine in scadenza nei vari settori produttivi, né alcuna indicazione su chi siano – età, provenienza, situazione familiare – dei lavoratori a rischio. Così anche la Regione, la Provincia e il Comune. Nessuna informazione e quindi nessun problema, nessun impegno preciso. Egoismo di una città di vecchi o cecità della politica? O tutte e due le cose?
(Manlio Calegari)