Festival della Scienza – Il robot umanoide e i “no” di Virginia

Che non sia l’Auditorium Montale la sala dove dovrebbe tenersi la conferenza che cerco lo rivela al primo sguardo un pubblico fatto di famiglie e bambini dai cinque ai tredici anni.
Non so cosa succederà lì, non ho con me il programma, ma accetto l’errore e la casualità, mi siedo ed aspetto. Buio in sala e parte un filmato. Perplessità: sembra proprio il filmato pubblicitario di una marca automobilistica, uno di quelli che si vedono prima che inizi un film: automobile elegante che percorre strade deserte, tra paesaggi fantastici; alla guida un bell’uomo che canta a voce spiegata contento di sé e della sua potenza di guidatore in quel mondo di cui è l’unico abitante. L’automobile corre sempre più veloce. Finirà, educativamente, per schiantarsi? No.


Quando va veramente troppo forte anche per una strada totalmente deserta si trasforma in un offshore che prende a correre furiosamente lungo splendide coste (deserte), e giunto nuovamente al limite ecco che si muta in aereo che trasvola paesaggi vergini, sempre con il pilota cantante alla guida. Poi l’aereo precipita nell’abisso di una gigantesca cascata, ma l’ingenua attesa di un epilogo problematico viene delusa dall’ultima metamorfosi: una mongolfiera che si innalza trionfante verso l’infinito. Al termine una voce f uori campo esalta la tecnologia Honda e toglie ogni dubbio: era proprio uno spot pubblicitario, secondo i canoni, che serviva da introduzione per l’evento vero e proprio: la presentazione, de vivo, del robot umanoide ASIMO, marchio Honda. Tornata la luce la presentatrice si rivolge ai bambini presenti “Senza tutti gli ingegneri e gli scienziati che hanno creato le meraviglie che avete visto il mondo sarebbe molto diverso da quello che è oggi”.
A seguire il seducente spettacolo del robot umanizzato: una meraviglia tecnica ed un divertimento, ma un divertimento per niente neutro. Una piccola scena simbolica? Una schiera di bambini chiamati sul palco a ballare imitando i gesti del robot umanoide.
C’è solo Virginia che non collabora: chiamata sul palco per farsi servire da bere dal robot cameriere si attesta sul rifiuto: la vuoi l’aranciata? No. Lo vuoi un the? No. Vuoi qualcos’altro? No. Finita l’esibizione tutti a casa, nessuno spazio per chiacchierarne un po’ insieme.
Ovviamente il Festival vive anche ospitando sponsor e grandi aziende, ma che controllo viene esercitato su come vengono gestiti questi spazi? Lì si distribuiva a piene mani a bambini molto piccoli una cultura tanto suggestiva quanto unilaterale. Per restare sul simbolico: non resta che affidarsi agli ostinati “no” di Virginia.
(Paola Pierantoni)