Informazione – L’invisibilità selettiva delle donne musulmane

Distribuzione de Il Manifesto alla manifestazione per la libertà di stampa, Roma 3 ottobre 2009 Foto Pierantoni
Lo scorso 29 ottobre nei dibattiti organizzati dalla rivista femminista Marea per festeggiare i suoi quindici anni di vita, hanno preso la parola anche donne musulmane, o comunque appartenenti a quell’area culturale: al di là delle cose dette, la cosa interessante è stato questo prendere la parola, studentesse tra studentesse, esperte tra esperte, in confronti che non erano dedicati alla immigrazione o alle donne migranti. Uno scampolo di normalità.
Dell’intervento di una studentessa alla Facoltà di Lingue al dibattito sul documentario “Il corpo delle donne” abbiamo già dato conto in OLI237.


Ma nel corso della stessa mattinata erano intervenute altre due ragazze che, a differenza della prima, portavano il velo. Una aveva espresso il suo sconcerto per quello che era passato sullo schermo, l’altra lamentava la barriera che il velo costituiva nella sua relazione con i coetanei: “Io devo sempre lottare per farmi conoscere per quella che sono. All’inizio ci vedono come se fossimo ‘al di là’ , chiuse di mente, non parlano con noi, ci avvicinano con difficoltà”.
Nel pomeriggio dello stesso giorno un secondo dibattito nel salone di rappresentanza di Tursi: “Dalla velina alle veline: donne nei media tra informazione e invisibilità”, a cui partecipano giornaliste e ricercatrici. Tra loro Marieme Helie Lucas, sociologa algerina, fondatrice nel 1984 della rete di solidarietà internazionale WLUML (Women Living Under Muslim laws) che parla proprio della invisibilità delle donne musulmane. Si tratta, dice, di una “invisibilità selettiva”, perché in realtà la politica e l’informazione parlano delle donne musulmane, ma solo del loro esotismo, non delle loro lotte. Parlano di loro come vittime, velate, picchiate, uccise, ne forniscono una immagine di alterità assoluta, che alimenta il razzismo, che sancisce l’impossibilità di una relazione. Non parlano mai di loro come costruttrici di movimenti. Ad esempio nessuno parla della presenza di donne femministe e laiche in queste popolazioni. Cita un esempio francese: due piccole manifestazioni a difesa del diritto di portare il velo a scuola che hanno avuto visibilità sulla stampa, ed hanno raggiunto anche i mezzi di informazione stranieri, mentre sono state del tutto ignorate grandi manifestazioni di donne contro il velo.
Del mondo musulmano viene data una immagine omogenea che non ne rappresenta la realtà, e questo appiattimento unidimensionale corrisponde perfettamente ai desideri dei fondamentalisti islamici.
Nella sala, a parlare di mezzi di informazione, politica, trasformazioni, identità, democrazia, potere una cinquantina di donne, sedute in cerchio, e quattro uomini.
Regione e Comune presenziano con le rispettive assessore alle Pari Opportunità: trattasi, avranno pensato, di cose di donne, da lasciar navigare alla estrema periferia della politica.
Per saperne di più:
Women Living Under Muslim Laws:
http://www.wluml.org/node/5615
Marea:
http://www.mareaonline.it
Femministe musulmane:
http://invisiblearabs.blogspot.com/2009/10/teologhe-e-femministe-musulmane.html
Le donne e la Bibbia:
http://www.fondazionevalerio.org/cgi-bin/einfo/home.cgi?act=artONE&mode=grp&fam_cod=-1&grp_cod=1120&art_cod=1129
(Paola Pierantoni)