Appunti di viaggio – Questioni di classe

Al ritorno da un viaggio all’estero approdo alla stazione centrale di Milano: freddo, valigia pesante, zaino, borsetta a tracolla e prospettiva di un’ora di attesa prima della partenza del treno. Ancora non conosco la nuova stazione, ora tutta ristrutturata e splendente, e mi metto fiduciosamente a cercare una sala d’aspetto, oppure un bar con sedie e tavolini: ricordo che ce ne era uno, un tempo. Ma dopo aver peregrinato su e giù per interminabili tapis roulant e attraverso vasti ed asettici spazi affiancati da vetrine alla moda, realizzo che non c’è nessuna sala d’aspetto, e nessun bar dotato di sedie. Unica possibilità una decina di panche di legno nella gelida galleria a fianco delle piattaforme dei treni, comunque già tutte occupate da gente infreddolita.


Nel vagabondare alla ricerca della sedia che non c’è, ecco però che vengo abbacinata da uno scintillio di luci e di colori: al di là di grandi pareti di vetro una grande sala, che immagino confortevolmente riscaldata, sfoggia poltrone e divani di design viola e rosso fiammante, piante, lampade eleganti, bassi tavolini da salotto.
Per i viaggiatori è come la classica vetrina natalizia di dolci e balocchi per i bimbi poveri: splendida e irraggiungibile. Il luogo infatti è riservato alla selezionata schiera del “Club Eurostar Freccia”.
Una volta sul treno, irritazione e scontento trovano almeno il conforto della condivisione: Repubblica (edizione milanese del 9 gennaio) col titolo “Stazione ferroviaria divisa per caste” pubblica la lettera di un viaggiatore, il Sig. Pasquale Greco di Bologna “Di ritorno da un viaggio all’estero con la famiglia, mia moglie e mia figlia di quattro anni, in una gelida mattina di inverno abbiamo cercato a lungo una sala riscaldata dove riposare, ma gli unici addetti che siamo riusciti a contattare ci hanno detto che non sapevano se al termine dei lavori ci sarà una sala di attesa, ma che al momento non c’è … C’è però una confortevole sala quasi vuota a cui si può accedere solo digitando il codice del Club Freccia Rossa. Vano il tentativo di richiamare l’attenzione della hostess: dall’interno solo sguardi di riprovazione dei fortunati membri del club”.
Il Sig. Greco si chiede se in attesa di una futuribile sala d’aspetto per comuni mortali, non potesse essere prevista la condivisione dello spazio disponibile “O forse si teme un contagio tra super umani alto spendenti e sub umani quasi pezzenti?”, e conclude: “mi sono ritrovato in una stazione specchio di un mondo, o di una idea di mondo, che mi ha terrorizzato”.
Reazione esagerata? No. Non c’è nulla di casuale e di innocente in questa ristrutturazione spocchiosa. Dietro c’è proprio una concezione del mondo, lo stesso abitato dagli uomini e donne corrucciati, scostanti, ricchi, nullafacenti, narcisisti, sprezzanti che, da gigantografie che costellano tutti gli spazi, propagandano le collezioni Armani.
Pietro Colaprico, curatore della rubrica “Posta celere” della edizione milanese di Repubblica solidarizza con un lapidario “Quanto ha ragione!”.
(Paola Pierantoni)