Ogni giorno ci appaiono in tv immagini di piazze, piazze raramente festose. Spesso infuocate, vivaci, violente, rabbiose. Vi partecipa anche tanta gioventù, come non si vedeva da un po’.
A Copenaghen hanno sfilato in 150 mila per il vertice sull’ambiente, le tv inquadravano giovani visi colorati, a sottolineare la volontà di salvare il pianeta. Da Seattle tutto sembrava cambiato, eppure non si rammentano tanti movimenti come in quest’ultimo periodo. Contestazioni a grandi istituzioni internazionali, dal Wto al G8 o ai regimi totalitari, diventano il rifiuto all’establishment finanziario e politico, colpevole, secondo chi manifesta, delle conseguenze negative sull’economia, la società, il clima, la cultura, la libertà.
La piazza è stata in un tempo non lontano il luogo della protesta giovanile per una scuola nuova, per eguali diritti di parità, di genere ma anche di rivolta contro chi aveva deciso per una guerra come quella del Vietnam, che segnò un’intera generazione.
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