Anziani – Al Pronto Soccorso non è emergenza ma cronaca quotidiana

Durante la settimana scorsa una serie di articoli di cronaca cittadina hanno denunciato l’”emergenza anziani” al Pronto Soccorso dell’ospedale San Martino (“Soli, malati, parcheggiati al San Martino” – Repubblica-Lavoro 15 gennaio 2010, “Teresa e gli altri parcheggiati in corsia, il Pronto Soccorso è l’ultimo rifugio” . Repubblica-Lavoro 16 gennaio). Che non sia un emergenza, ma una situazione cronica, può essere testimoniato dalla cronaca di una notte in corsia nell’ospedale di Villa Scassi. Durante un colloquio con un’infermiera era stata menzionata la stessa percentuale di ricovero di anziani, affetti da patologia croniche, che è stata riportata dall’inchiesta di Repubblica, il 30%. Una persona su tre, tra chi si rivolge al Pronto Soccorso, non dovrebbe essere curata in quella sede, ma non ha alternative valide.
Ottobre 2009, Pronto Soccorso di Villa Scassi. La corsia è silenziosa, si sente qualche respiro affannato, ma tutto sommato si potrebbe riuscire a dormire, nonostante le luci bluastre.


Da tre giorni dormo su una barella, la mia stanza è l’estremità di un corridoio, sono fortunata perchè una tendina, striminzita ma sufficiente, mi consente di avere una parvenza di intimità. Meno fortunato è il ragazzo plurifratturato che se l’è scampata bella, facendo arrampicata libera, e che ora sta proprio in mezzo al corridoio, coperto solamente da un lenzuolo ed infreddolito, dal momento che sono finite le coperte. E la ragazza con le coliche che si aggira sofferente nella notte, alloggiata all’incrocio tra due zone del pronto soccorso.
Noi più giovani siamo sistemati fuori dalle stanze, dentro ci sono anziani, allettati da tempo, habituée del pronto soccorso, in attesa di trasferimento ad un altro reparto. Faccio amicizia con una signora, la cui stanza si affaccia proprio alla mia porzione di corridoio. Sopravvissuta a plurime operazioni, alla chemio, e ad un problema cardiaco, si trova qui perchè al reparto dove dovrebbe fare i controlli di rito non c’è posto per ora. Ha 82 anni ed è forte e lucida, preoccupata per la sorella di poco più giovane che ha lasciato febbricitante a casa; ognuno è per l’altra assistente ed assistita. La camera successiva ospita un uomo allettato, che ha superato i novant’anni e non si capacita di dove si trovi, l’unico barlume di coscienza delle sue giornate appare quando l’anziana moglie lo viene a trovare. Poco oltre, una donna, poco più che settantenne e legata al letto, ha perso da anni ogni contatto col mondo, articola ogni tanto qualche suono in un linguaggio di cui è l’un ica depositaria.
La notte si fa movimentata. Un’anziana donna parla con gli infermieri “Ma io sto male, ricoveratemi, prendetemi la pressione”. Passeggia per la corsia contorcendosi nervosamente le mani, e con un tremolio nella voce reclama medicinali ed assistenza. Dalle risposte degli infermieri capisco che è una conoscenza abituale. Le dicono “Vada in saletta a farsi visitare dai medici”, ma lei è già stata visitata, ed è stato escluso il ricovero. “Ma io sto male, mi sento male, fatemi sedere, prendetemi la pressione!”. Ripete la frase come un mantra mentre passeggia per la corsia.
Appena il silenzio sembra essere tornato, un tonfo secco mi risveglia dal torpore, mi alzo e accorro nella stanza accanto al mio letto, la mia vicina ottantaduenne è caduta rovinosamente a terra e non riesce a rialzarsi. Premo il campanello e “Signora, adesso arriva l’infermiera” la tranquillizzo. Passano i minuti e l’infermiera non arriva. La giro in posizione un po’ più comoda e corro in infermeria; la ragazza, gentilmente, mi dice che stava appunto arrivando, questione di un minuto. Ritorno in camera, mi faccio coraggio, la tiro un po’ su. Con calma, l’infermiera arriva e la riportiamo insieme sul letto. Dal tonfo mi pare che sia passata un’eternità.
Provo a rimettermi a dormire, ma ricomincia il mantra dell’anziana vagante in corsia in preda all’ansia “Se non mi ricoverate, datemi almeno da mangiare”.
(Eleana Marullo)