Comunicazione – Il ghetto della parola


Bulimi-anoressico, bi-omo-transessuale, extra-comunitario nelle sue innumerevoli declinazioni. Parole digrignate, gettate fuori dalle bocca di tutta fretta, non scusate, ostentate dal piccolo schermo dinnanzi alla scrivania con la scaletta in mano. Parole pensate, misurate, collocate responsabilmente in un contesto. Parole scritte in grassetto, corsivo, stampatello. Parole su fogli ciclostilati in proprio, pagine di giornale, parenti del piombo, dal formato maneggevole. Parole cliccabili, linkabili, inviabili alla tua email a partire dalla homepage di un sito.


Chi le usa non è obbligato a pensare. Chi le riceve può farle scivolare scrollando le spalle, sorvolarle con indifferenza oppure comprenderle nell’intimità del proprio essere. Da lì dentro nascono condivisione, partecipazione, orgoglio, rifiuto della propria natura, accettazione dell’alterità propria e altrui. E chi le legge?
Una strana coincidenza il 2 aprile scorso. Alla mattina in un ufficio anagrafe del comune di Genova l’occhio di un cittadino cade sopra un poster giallo, affisso in bacheca, con delle indicazioni colorate, a richiamare tre culture etniche diverse e pubblicizzare i servizi anagrafici per gli immigrati. Comunicativo, vivace e utile, attaccato sopra una serie di poster identici, ma in lingue diverse. Lo sguardo corre lungo le sue righe velocemente e si ferma di colpo su una marcata sottolineatura alla voce “rientro nel proprio paese”. Il cittadino prova a sfidare il minaccioso “cosa vuole?” che si leva di là dallo sportello. Fa notare, tra una carta d’identità e una richiesta di residenza, il poster scarabocchiato, chiedendo che venga rimosso. Trasalimento funzionario. Convenendo sul cattivo gusto del tratteggio, domanda al cittadino se avesse colto il colpevole in flagrante. Strappa il poster dalle puntine, lo riguarda stupefatto con i colleghi, lo passa di mano in mano. La neb bia è fitta. Al di là dello sportello non avevano proprio notato.
La sera dello stesso giorno leggendo la Repubblica assisto ad un eccezionale episodio di sdoppiamento della notizia. Ad una nota di distanza il quotidiano titola Muratore salva bimbo e ragazzo dalle fiamme e Magrebino salva due persone dalle fiamme. I due estratti, che convivono in prima pagina, nascondono alle spalle lo stesso articolo, proveniente dall’edizione locale di Padova. Su Il Mattino si racconta il bel gesto di un giovane muratore che aveva tratto in salvo un bambino ed un vicino adolescente da un palazzo ne quale si stava sprigionando un incendio. Probabilmente uno dei due titoli era una bozza inavvertitamente pubblicata. Una disattenzione che rivela non solo la positiva attenzione data alle parole con cui si racconta, ma anche la lunga strada ancora da percorrere perché le nostre parole non includano solo nella compassionevole maniera del libro Cuore.
http://mattinopadova.gelocal.it/dettaglio/muratore-salva-bimbo-e-studente-da-incendio/1907777
(Maria Alisia Poggio)