Franco Croce. Maestro non solo di letteratura

La prima lezione di Letteratura italiana che ascoltai interamente nel novembre del 1988 fu quella di Franco Croce Bermondi. Il corso monografico prevedeva un approfondimento sugli Ossi montaliani e alcuni canti della Divina Commedia, il seminario riguardava il romanzo tra ‘600 e ‘700.


Ma la prima lezione Franco Croce decise di dedicarla a noi, agli studenti del primo anno, e ci spiegò tortuosamente (perché tortuoso è oggi come allora il regolamento universitario) quali fossero i nostri diritti e i nostri doveri, in che modo avremmo dovuto e potuto compilare i sempre tormentati piani di studio. Ci vollero diverse ore, anche perché per uno strano fenomeno intellettuale, Croce riusciva a collegare apparentemente piani diversi: la politica, la democrazia e la letteratura.
Non lo mollai più.
L’Università degli Studi di Genova a quei tempi era visivamente in decadenza. Si leggeva tra le righe un’intensissima (?) vita universitaria dei decenni precedenti attraverso gli slogan, le scritte sui muri e gli studenti fuori corso. Un clichè di studente e di professore riecheggiante gli anni ‘ruggenti’ non risultava ai miei occhi credibile e disertai volutamente tutti quegli istituti in cui si respirava un’aria ‘di una sinistra’ che all’epoca mi apparteneva poco, ma che comunque risultava a me, ragazza cresciuta negli asfittici anni ’80, priva di credibilità. Le lezioni di Franco Croce e l’Istituto che presiedeva allora spiccavano per rigore e autenticità in un clima universitario decisamente arido e avulso dalla contemporaneità. Era il metodo e le parole che Croce usava che bucavano la distanza tra generazioni tanto lontane. Anche il dialetto genovese, l’inglese e il suo ottimo francese lo aiutavano a rovesciare la prospettiva e chi lo accusava di essere ‘troppo aristocratico’ per ovvie ragioni biografiche non poteva che apparire ipocrita e ignorante alla luce delle sue interminabili e fulminanti lezioni. Ma il gesto più estremo – oggi la chiamerei performance – che avrebbe chiuso la bocca a qualsiasi estremista post sessantottino si realizzava quando ci faceva tenere una piccola lezione di metodo poetico, lasciandoci voce in capitolo e con tutta umiltà e dignità si sedeva dall’altra parte della cattedra.
Pensare, scrivere e parlare di letteratura o di politica negli anni ’80 era come essere marziani. Grazie alle lezioni di letteratura, di democrazia e di politica di Franco Croce Bermondi mi sono sentita meno marziana.
(Giuliana Bottino)