Salute. Il fumo annebbia l’informazione

Le prime cinque pagine dedicate interamente alla legge sul fumo, non sono poche, specie per un giornale di opinione, non solo di informazione, a carattere nazionale, qual è la Repubblica (vedi l’edizione di lunedì 10 gennaio). Si tratta di un rilievo vicino a quello attribuito allo tsunami (una catastrofe con 150.000 vittime).


E pur considerando che lo spazio dedicato dalla stampa a un evento non è semplicemente proporzionale alle sue ricadute sul piano umano, risultano di problematica lettura e comprensione le ragioni per cui il discusso provvedimento governativo ha sommerso per giorni e giorni quotidiani e tg.
Tra le tante possibili spiegazioni la più semplice, forse la più elementare, considera la scelta di tipo editoriale, legata all’altissimo numero dei fumatori, quindi suggerita da un interesse diffusionale a rappresentare la causa del grande pubblico colpito pesantemente dal divieto. A questa motivazione, diciamo di mercato, si devono aggiungere i mutamenti imposti nello stile di vita di un intero paese, fenomeno certo non trascurabile da parte di giornali attenti ai fenomeni di costume. Ad alcuni osservatori non sarà sfuggita però la sensibile differenza tra i toni allarmati di molti servizi di stampa o tv e le risposte pacate, talune soddisfatte, altre ironiche o divertite, degli intervistati in merito alle restrizioni.
Ne emerge un quadro di una società reale abbastanza diversa da quella che si vuole interpretare. Ma davvero crediamo che certe regole fondamentali di civile convivenza –un tempo dette di buona creanza– come quella di non fumare a tavola (a casa o al ristorante) siano del tutto dimenticate o rifiutate? Sarà pur vero che c’è una caduta di stile, di gusto, generalizzata, ma un incentivo non secondario, al deterioramento, viene proprio da quella minoranza danarosa e volgare che domina la vetrina mediatica con le sue beceraggini.
Resta ancora un’ipotesi, maliziosa: quella che la massiccia campagna d’informazione sul fumo, orchestrata o meno, sia servita “oggettivamente” a far passare in secondo piano altre misure punitive ben più dolorose imposte dal ministro della salute, Sirchia, a carico della popolazione anziana. Prima fra queste (come raccontiamo in altra parte della newsletter) l’esclusione da molti farmaci gratuiti di coloro che hanno compiuto i 70 anni. Che in Italia non sono tanto meno dei tabagisti. Ma non ce ne siamo accorti o quasi. Effetti delle armi di “distrazione” di massa.
(Camillo Arcuri)