Grifo d’oro. Scottano le verità di don Balletto

Dove sta la cultura di una città? Nella qualità delle sue biblioteche, nella forza delle sue Camere del lavoro, nei circoli d’ogni tipo dove i cittadini scelgono di vivere momenti comuni, in un sistema di trasporti efficiente, in una stampa locale non prezzolata, nella trasparenza degli atti con cui è amministrata… Ma più di tutto la cultura d’una città sta nelle voci – poche, purtroppo – che sanno dire quello che i cittadini spesso non osano esprimere perché temono di dire cose “politicamente scorrette” o perché avviliti dal senso dell’inutilità che viene dal proporre osservazioni personali.


A Genova, una delle voci più importanti della città, appartiene ad un religioso, don Antonio Balletto. Così importante che l’Amministrazione comunale gli ha dato il suo massimo riconoscimento, il “grifo d’oro”. Un omaggio al suo impegno civile e alla sua libertà di pensiero condiviso da molti al punto che il giorno della consegna tanti andati ad applaudirlo non sono riusciti a entrare nella sala dove veniva premiato.
Don Balletto vive profondamente la sua città, conosce molte persone sia importanti (del mondo degli affari e della politica) sia comuni (se comuni possono essere chiamate le tante persone che con scelta personale e silenziosa aiutano se stessi e il prossimo ad affrontare un quotidiano sempre più difficile).
Sabato 14 maggio scorso “La Repubblica- il Lavoro” ha pubblicato – titolo a tutta pagina “Don Balletto suona le campane” – alcune sue osservazioni su cui sia i politici sia gli industriali e i banchieri della città erano chiamati in causa. Non è possibile “sostituire lo sviluppo con delle rappresentazioni dove la realtà resta lontana” ha detto. Dietro le facciate restaurate e l’enfasi per gli “eventi” non c’è nulla o quasi. La gente vuole cose vere; “c’è bisogno di lavoro”. “Le fondazioni bancarie devono mettere in moto progetti che siano un motore di sviluppo e non tappabuchi”. La mancanza di lavoro, i nuovi poveri hanno fatto esplodere la macchina istituzionale, la sua logica efficientistica. “Quando la società è lisa, si strappa e in molti cadono di sotto”, diventano poveri, “rifiuti” che si aggiungono a quelli che “con le barche e dal mare arrivano da altri mondi altri… rifiuti che non sappiamo come accogliere, come riconoscere”.
Al giornalista che gli faceva notare come la sua visione fosse quasi apocalittica, Balletto ha risposto con un sorriso. Per prima cosa impariamo “a fare progetti e non rappresentazioni”, ha detto. E, per cominciare, partiamo dalla realtà com’è oggi e non da quella che immaginiamo (che, ha precisato, sembra “una visione sociale del 1890”!). “Siamo e saremo una società meticciata, con una emergenza di sanità, con nuove malattie, con il problema del corpo da curare, con tanti anziani. Da lì dobbiamo partire”.
Il giorno dopo sullo stesso giornale Carlo Castellano ha detto che gli industriali e lui in particolare fanno già la loro parte per produrre occasioni di lavoro. Il 17 maggio anche il sindaco ha risposto pubblicamente a Balletto dicendo che i suoi “motivi di insoddisfazione” sono ragionevoli e che l’Amministrazione si sentiva impegnata a risolverli. Per ora è tutto. Il grifo è d’oro; come il silenzio.
(Manlio Calegari)