Sanità/3. Avvocati e ingegneri invece di paramedici

Da esperto qual è, Galeno ricapitola infine il quadro storico della situazione in quattro punti.
1) Nell’arco di neppure un decennio si è bruciato un patrimonio formativo gigantesco (forse fin esagerato), cumulato nel dopo Donat Cattin. Chi era Donat Cattin? Uno dei migliori ministri della sanità (…e non era medico!), al quale va riconosciuto il merito di aver saputo affrontare il problema della carenza di infermieri, da un lato fissando un rapporto di sicurezza – diremmo oggi – tra infermieri presenti e numero dei letti (per valori inferiori a quelli prefissati, si dovevano chiudere letti); dall’altro autorizzando forme di incentivazione (borse di studio) per gli allievi infermieri. E le vocazioni improvvisamente si sprecarono.


2) Il primo stipendio di un infermiere, anche se il lavoro è sicuramente pesante (turni sì, ma alla fine sono sempre 36 ore/sett), è di tutto riguardo. Con un po’ di libera professione o qualche “gettone”, facile per un neo assunto arrivare vicino a 1.500€/mese. Come o più di un giovane ingegnere; quasi come un medico con 10 anni di laurea e specializzazione. Ma allora, cosa manca perché questo lavoro sia più attraente? Forse un diverso assetto della carriera, oggi ancora abbastanza appiattita.
3) Perché questo crollo d’interesse dei giovani per la neo-laurea infermieristica, mentre si picchiano per fare i fisioterapisti o i tecnici di radiologia? Su 250 posti/anno disponibili presso l’Ateneo genovese, se ne coprono sì e no 150, che diventano ancor meno alla fine del triennio per “selezione naturale” (perché di selezione culturale, a giudicare dai risultati…). Per gli altri corsi di laurea occorre superare un’affollata selezione. Sono i turni che spaventano? Perché quando i corsi erano tenuti dagli ospedali e dalle vituperate “suore”, la “borsetta” di studio di Donat Cattin ottenne affluenze record nonostante selezioni severe?
4) E l’Ospedale, l’ASL o la RSA, cosa può fare, se i 120/130 infermieri/anno che l’università sforna annualmente non coprono neppure il 25% del turn-over?
Per ora si è supplito “acquistando” prestazioni libero-professionali dagli infermieri. Ergo: dopo le tipiche 36 ore settimana, un infermiere fa un turno di lavoro (notturno, pomeridiano, una seduta operatoria o altro) pagato con una cifra oraria pari a stipendio più tasse (avete presente gli incentivi di Berlusca per non mandare in pensione i vecchietti?). Ma mentre fino a due anni fa bisognava regolamentare l’accesso ai pochi “gettoni”, oggi non si riescono più a coprire i molti necessari e disponibili. E quando manca un infermiere per malattia, di fatto bisogna coprirne uno e mezzo, tanti sono i “gettoni” che contestualmente non possono essere coperti.
A breve si vedrà di sostituire con figure para-infermieristiche alcuni turni (tipo un OSS al posto di un infermiere ogni due o tre).
Da qui a due/tre anni, se non si porrà rimedio, dovremo iniziare a chiudere ospedali o reparti d’ospedale.
Suggerimenti, rimedi? Galeno risponde con una provocazione (ma non tanto). Mandare a casa i 63 (diconsi sessantatre!!) avvocati appena assunti dalla ASL; disimpegnare i denari previsti per assumere 9 (diconsi nove!) ingegneri nell’ASL, che non si sa cosa dovrebbero fare (ce ne sono già sette; prima di Biasotti/Grasso uno forse era poco, ma con 16 si costruisce il ponte sullo stretto); sciogliere una trentina di fantasiose consulenze “centenarie” (parliamo di migliaia di €/anno) ed altri contratti di fantomatiche responsabilità (tutte le ASL, gli Ospedali, gli IRCSS possono contribuire a bizzeffe), sciogliere il CBA (informarsi a che cosa serve, oggi) e si ricaveranno non meno di 500.000 €/mese con cui poter pagare da subito borse da 750 €/mese ai residenti liguri dei tre anni del corso.
(a cura di Manlio Calegari)