Inail e Inps. Ma chi ci guadagna a vendere le sedi?

Qualche tempo fa, durante un corso organizzato dall’INAIL di Genova, un docente si presentò all’aula con queste parole: “Buongiorno a tutti. Sono X.Y. e il mio lavoro consiste da anni nel mantenere in condizioni di efficienza e sicurezza questo edificio, sede dell’INAIL, che il governo si sta apprestando a svendere. Così non solo non avremo più un bene di riserva, ma dovremo pagare un affitto mensile ai nuovi proprietari”


Contro la svendita delle sedi di proprietà degli enti previdenziali (INPS ed INAIL) i rappresentanti sindacali nei Consigli di Indirizzo e Vigilanza avevano presentato un ricorso al TAR del Lazio che lo ha respinto su tutta la linea. Conoscere le motivazioni del rigetto è illuminante.
Alla obiezione che la legge vigente non permette la vendita delle sedi degli enti previdenziali, il TAR ha risposto che tale vendita è stata resa legittima da una norma emanata dal governo successivamente alla operazione di alienazione. Per riuscire a far assumere a questa norma un valore retroattivo il TAR ha trovato la strada di attribuirle il carattere di “interpretazione autentica” della pre-esistente norma di legge. Perfetto.
Alla obiezione che la valutazione degli immobili da vendere sia stata “risibile”, il Tar ha risposto che è stato rispettato il vincolo di affidare la stima ad esperti indipendenti scelti dalla società di gestione del fondo stesso, nella specie alla REAG Real Estate Advisor Groupe.
Peccato però che si sia poi innescato un incredibile processo a cascata: la REAG infatti ha a sua volta affidato la valutazione alla società specializzata IPI S.p.A. (che ha impiegato all’uopo 150 persone), facendone proprie le risultanze. Il tutto è stato sottoposto ad un parere di congruità da pare della Agenzia del Territorio ed una apposita Commissione centrale ha infine verificato le valutazioni effettuate localmente ed ha confermato la congruità delle valutazioni della REAG (già valutazioni IPI) con le proprie stime.
All’obiezione che tutta l’operazione non offre alcuna convenienza economica per gli enti previdenziali, che si troveranno a pagare un affitto per locali già di loro proprietà, senza inoltre potersi nemmeno avvalere della liquidità, vincolata in un fondo in tesoreria che si vedrà riconoscere interessi inferiori a quelli di mercato, il Tar evidenzia che, dopotutto, si tratterà di canoni agevolati e che “occorre osservare come l’operazione di dismissione degli immobili non si sostanzia in una sottrazione dei beni immobili, quanto piuttosto in una trasformazione degli stessi, che, per le modalità poste in essere, non è tale da incidere sulla corretta attività connessa alle finalità degli enti stessi.
Infine, il TAR usa l’argomento “fine di mondo”, affermando che “l’operazione di dismissione e le sue modalità di attuazione costituiscono atti di natura politica ed in quanto tali sono insindacabili dal giudice amministrativo”; quindi “Sotto tale profilo non appare censurabile né l’aspetto relativo alla dedotta erroneità del calcolo relativo al risparmio sul debito pubblico, né quello relativo all’ammontare del costo della manutenzione straordinaria ovvero ancora al danno da svalutazione delle risorse”
L’argomento è inconfutabile. Spese processuali? Compensate.
Paola Pierantoni