Piano/3. Il futuro della città non più sotto silenzio

Ci sono fatti che provocati per certi fini finiscono per produrne altri, inattesi. Così è sicuramente stato per il progetto Piano di cui Biasotti intendeva fare il coup de theatre della sua prossima campagna elettorale ma che, grazie alle mosse congiunte di Pericu, Repetto e dello stesso Piano è tornato ad essere quello che era nell’intenzione del suo autore: una proposta alla città.


In città, quasi tutti hanno riconosciuto il merito politico di Pericu e Repetto e la bellezza della proposta di Piano. Quasi con emozione ci si è accorti che da anni in città non veniva fatta una discussione seria sul futuro della città. Eppure era necessaria: il Piano regolatore generale da tempo frammentato in una infinità di articolazioni e trattative locali; una graduale perdita della stessa idea dell’unità urbana con relativi comitati per l’autonomia di Nervi, Pegli ecc.; il repentino manifestarsi di una città sconosciuta: una città di anziani e pensionati – 600 mila abitanti di cui il 70% a fine carriera -, la fine delle grandi fabbriche, il lavoro precario e immigrato come condizione di sopravvivenza di economie familiari e ziendali ecc. La proposta di Piano, nata tecnica, ha avuto il merito tutto politico di far esplodere un silenzio di anni; silenzio pericoloso perché terreno di coltura delle lobby affaristiche. Parliamo di futuro ha detto Piano alla città. E ne ha parlato nell’unico modo possibile: mettendoci dentro tutto. Era l’ora.
(Manlio Calegari)