La sicurezza a Busalla sulla ruota del Lotto

Tutti concordano che a Busalla, giovedì 1° settembre, la tragedia non c’è stata grazie al vento. Che, appunto, fortunamente non c’era.


“Ma se una raffica avesse sospinto la spaventosa nube della prima mezz’ora verso il paese, o qualche altro centro abitato della zona, decine, centinaia di persone sarebbero rimaste intossicate” (Marco Preve, la Repubblica, 3 settembre 2005). La lunga serie di incidenti che hanno segnato le attività dell’Iplom si arricchisce dunque di un altro inquietante elemento che ripropone una verità nota da sempre ai cittadini di Busalla e della vallata: mantenere la raffineria in quella posizione è sì assicurarsi un lavoro, ma è anche giocarsi in qualche modo la vita.
Infatti, le attività dell’Iplom, sorta a Busalla nel 1943, sono state una continua fonte di problemi per la sicurezza e per l’ambiente, una minaccia continua. La produzione di oli combustibili a basso contenuto di zolfo, una buona cosa per ridurre l’inquinamento, implica necessariamente la manipolazione e lo stoccaggio dello stesso zolfo e dei suoi derivati, come l’idrogeno solforato assai pericolosi per la salute e per l’ambiente. Non a caso l’Iplom è stata classificata ufficialmente come industria a rischio di incidente rilevante. Un dossier compilato dal Comitato Salute Pubblica Busalla per il solo periodo 1979-1999 enumera 15 incidenti gravi, quasi sempre per la fuoriuscita di zolfo, compreso un incidente analogo a quello dei giorni scorsi, una catastrofe anche allora sfiorata: una esplosione nella raffineria il 31 agosto 1991, seguita da un incendio che avrebbe potuto raggiungere qualche serbatoio (http://busalpub.tripod.com).
A poco è valsa l’opera di cosmesi che l’Iplom ha messo in atto, soprattutto dagli anni ’90 in poi. Sponsorizzazioni sportive (calcio, pallavolo, regate), alle scuole, corsi all’università e naturalmente una capillare campagna promozionale. Che deve avere prodotto i suoi effetti se, nel 1999, la Giunta Regionale (maggioranza di sinistra) con una delibera (2 agosto) decide di prorogarle la concessione fino al 2013 anche perché, è ovvio, bisogna salvaguardare i posti di lavoro.
Ora, per alcuni, la parola d’ordine sembra essere rassicurare. Già prima dell’incidente, l’Arpal (Agenzia regionale per l’ambiente) aveva consegnato uno studio, “risultato di anni di lavoro, che disegna un quadro favorevole all’impatto ambientale e alla sicurezza della raffineria”. Ma il presidente della comunità montana alta valle Scrivia, Marco Bagnasco, osserva che “si tratta di un fotografia parziale della situazione, non solo alla luce di quanto è accaduto, ma anche perché mancano indagini essenziali come l’impatto sulla salute dei cittadini” (Lodovico Prati, Il Secolo XIX, 9 settembre).
E Mauro Pastorino, sindaco di Busalla, espressione di una lista civica sostenuta in parte dal centrosinistra e in parte dal centrodestra, dichiara che bisogna evitare il panico. Disegna una strategia in due fasi. La prima per attrezzare Busalla “in un mese e mezzo, due al massimo, con una serie di altoparlanti, vicini all’attività a rischio”, per dare l’allarme evidentemente. La seconda, progettata sul futuro. ”Il 2013, quando scadrà la concessione – afferma – è il punto di arrivo di un processo che ha al centro il numero 63”. E spiega: “Il 63 si fa aspettare per un tot di settimane, ma poi esce. Lo stesso accade in un impianto del genere, a maggior ragione se, come nel nostro caso, tutte le misure di sicurezza ci sono. Allora visto che la statistica dice questo, entro il 2013 la raffineria va spostata lontano”. (Wanda Valli, Repubblica, 7 settembre). Entro il 2013.
(Oscar Itzcovich)