Ricerca e sviluppo – Una lettera da Harvard su Leonardo agli Erzelli

Un lettore da Harvard ci scrive in risposta alla nota di OLI (n. 81) relativa alla cittadella della tecnologia in progetto agli Erzelli.
Scusi, io studio a Cambridge, MA, USA, dove per un monolocale pago 1000 dollari, ma pur di studiare ad Harvard le assicuro che li pago volentieri. Eppure sono genovese, braccino corto stando agli stereotipi.


D’altro canto prima ho studiato a Milano dove i prezzi erano doppi o giù di lì, rispetto a Genova, ma anche lì i prezzi erano un problema ma non il maggiore. Per il giovane di Stanford, come per tanti amici che hanno preso la via dell’estero (di me ho già detto troppo) il costo delle case non è proprio il problema centrale (anche perché un buon ricercatore é ben pagato), se i prezzi sono di mercato. Il problema più grosso per un ricercatore, specie se giovane e desideroso di fare la ricerca pura che si fa per lo più in università, sarà piuttosto che dovrà impelagarsi nella struttura universitaria pubblica dove una parte enorme delle sue energie sarà distolta dalla ricerca e indirizzata verso, come possiamo dire, la non tanto nobile esigenza di curare l’orto delle rela zioni accademiche (in gergo è molto volgare, lei capisce…). Detto questo, concordo che potranno esserci anche dei problemi di innalzamento dei prezzi per chi vive nei pressi e non è ricercatore, certamente un problema per alcuni, ma talvolta anche un vantaggio (se abitassi nei pressi per esempio non mi spiacerebbe che rinnovassero la zona e la mia casa acquisterebbe certamente valore). Ma questo è un altro problema. Se Leonardo fallirà sarà perché li dentro ci andranno le cariatidi della facoltà di ingegneria tra le quali certo ci sarà qualche buon ricercatore, ma la cui maggioranza ha da tempo esaurito la spinta e la vitalità necessarie per produrre buona ricerca. E il giovane ricercatore non verrà da oltreoceano per servire il barone di turno, magari con lo stipendio bassino dell’università. E così pure le imprese, non so che vantaggio avranno dallo stare appresso ad una università in fin di vita quale quella di casa nostra. Se, vado di fantasia, ci mettessero una filiale del MIT nelle torri di Leonardo, il progetto avrebbe successo sicurissimo, con o senza prezzi doppi e tripli!
Cordiali saluti
(Giovanni Ursino)
Sono completamente d’accordo con lei. Studiare, fare ricerca sul serio è talmente gratificante per chi ama lo studio e la ricerca che molti sacrifici non sembrano tali. Nella mia nota, mi riferivo tuttavia ad altro tipo di iniziative che molti giovani vorrebbe intraprendere: quelle imprenditoriali. Il progetto Leonardo agli Erzelli è presentato, tra altre cose, come un modo per favorire lo sviluppo di nuove imprese nel settore del hi-tech. Incubatrici di imprese, facilitazioni varie, finanziamenti, ecc. La parola magica è “sinergie”. Dietro il progetto ci sono imprese di un certo spessore (prima di tutte l’Esaote), lo spostamento della Facoltà di Ingegneria, quello dell’IIT (che ancor prima di partire, già ha cambiato varie sedi) e grandi interessi immobiliari. Questi ultimi sono inevitabili e sono un bene finché sono funzionali al progetto. Se invece, nel complesso, favoriscono prevalentemente l’innalzamento speculativo delle rendite e la diffusione di un’edilizia purame nte residenziale in chiave anche esclusiva (collina, verde, mare) è lecito chiedersi dove va a finire l’essenza stessa del progetto Leonardo.
Trovo comunque il suo commento più che pertinente. E’ giusto continuare a richiamare l’attenzione sui problemi che i giovani devono affrontare per studiare e lavorare adeguatamente. La “fuga dei cervelli” dall’Italia è un vecchio fenomeno che sta assumendo negli ultimi anni una dimensione sempre più allarmante.
(o.i.)