Scarichi/2 – Le regole si cambiano, ma non si evadono

Non posso esimermi da alcune considerazioni, non solo etiche, ma anche formali, in merito alla questione degli scarichi del San Martino. Premetto da un lato la mia scarsa competenza specifica in fatto di scarichi di materie organiche nelle acque reflue, e dall’altro che è ben lungi da me l’immagine “alla Widman” di un bacello che nottetempo si apre sul fondale inquinato dagli scarichi ospedalieri, facendone fuoriuscire una sostanza aliena che modifica geneticamente tutti i muggini del golfo.


Quindi, d’accordo: se deve esserci allarme, deve essere giustificato da quanto tecnicamente e scientificamente accertato, deve essere emanato da esperti che siano in grado di prevedere e commisurare il rischio, prima che si manifesti, che siano in grado di elaborare strategie, che abbiano un mandato pubblico riconosciuto, autorità, il potere di comminare sanzioni, e che facciano, che ci facciano, rispettare le regole.
Ma l’ARPAL è appunto uno di questi soggetti. Tali regole, se sono emanate sotto qualsiasi forma da Governi, Ministeri, Enti, da coloro i quali insomma abbiano da noi avuto democraticamente il mandato a promulgarle, non possono che essere considerate condivise e condivisibili. Quali che siano, quale che sia il loro costo. Che piacciano o meno, che siano determinate da appartenenze politiche compatibili o meno con le nostre. Anche se non vi è dubbio che la maggior parte delle regole sia frutto di grandi mediazioni, da cui spesso derivano strani paradossi, ad esempio quello delle “soglie” di rischio (rumore, concentrazione di una sostanza, intensità di una radiazione elettromagnetica, altezza dalla quale cadendo ci si fa male … ): al di sopra, pericolo riconosciuto e divieti, ma subito al di sotto, via libera.
Certo ci possono essere regole irragionevoli e burocratiche: ma allora la strada è modificarle, non evaderle a soggetto.
(Aris Capra)