Scarichi/1 – Anche raccogliere la pipì può diventare reato

Seguo Paola Pierantoni, che ha sottolineato un particolare accanimento del quotidiano, genovese per definizione, su una questione che appare francamente sostenuta solo da un’interpretazione poco scientifica e molto fiscale di una classificazione dei rifiuti, redatta in modo funzionale solo per chi deve reprimere un reato.


In pratica: al repressore – la dico alla sempliciotta – che non sa se certi prodotti possono essere o meno introdotti in fogna, è stata insegnata la norma secondo cui se il refluo di una lavorazione viene scaricato dal macchinario direttamente in fogna con livelli di diluizione prestabiliti, bene. Se invece viene conservato anche per poco in un contenitore, un fustino o qualcosa di simile (nelle aberrazioni interpretative: anche la vaschetta del lavabo!), e lo sposti da qui a lì per versarlo in fogna, ciò è reato.
La norma ha dell’assurdo.
Per lo stesso identico refluo, che viene scaricato da un’apparecchiatura per l’esame delle urine o del sangue, convogliato direttamente nel sifone del lavandino, in teoria non v’è nulla da dire, proprio come nulla v’è da dire se uno fa la pipì nella stessa fognatura attraverso il water del bagno affianco. Ma se il macchinario è posto a qualche metro della “braga del cesso” e per comodità si mette un bidoncino a raccogliere quei reflui e si scaricano nel citato cesso una, due volte al giorno, ciò è reato: il refluo non è più un refluo, ma diventa un rifiuto. E come tale andrà smaltito attraverso impianti specializzati. Per ben più di 2 lire al chilo, vi assicuro; con un impatto ambientale che, a naso, è ben maggiore; con sempre maggiori finanziamenti alle ecomafie, che dalle norme più severe traggono i maggiori vantaggi.
Mi pare strano che, al Secolo, chi ha condotto la campagna non avesse un riferimento, un amico cui chiedere lumi; e come non si siano sentiti ridicoli a citare un eventuale pericolo di diffusione del virus dell’AIDS (notoriamente tanto fragile, che basta l’aria per farlo morire) attraverso i… disinfettanti impiegati!!!.
Non so se è stato più maldestro Paolo Elio Capra, direttore sanitario dell’ospedale, a giustificarsi, o il suo DG, che arriva a dire che citerà Servizi Italia per danni. Quali? Però, se il Secolo voleva sottolineare che Sanmartino è preda delle coop, meglio sarebbe affermare che Genova è preda di Bologna. O di Milano.
Basta capire a quale “altitudine” della collina ci riferiamo.
(Domenico Canevari)