Operai in cronaca: uno
Sabato 19 giugno Il Lavoro titolava “Lavoro, il nero che avanza: 100 mila fantasmi all’opera. In Liguria record di irregolari”. Vi ricordate del crollo nel cantiere Galata dove è morto Albert Kolgjegja, operaio albanese di 30 anni?
Potete stare tranquilli. La tabella di marcia del Museo del mare – lo dice Il Lavoro dello stesso 19 giugno – “a parte i due mesi di fermo dei lavori per il sequestro giudiziario è stata rispettata e il programma di apertura non subirà modifiche”.
Dell’inchiesta sul crollo non si sa ancora niente. In compenso è stato accertato, come i suoi compagni di lavoro avevano detto dall’inizio, che Albert era “in nero”. E, come si può leggere in uno studio presentato dalla CGIL locale, quelli che lavorano in nero (secondo
l’INPS almeno l’11% degli immigrati) sono esposti a condizioni di lavoro più rischiose. Agli immigrati regolari però le cose non vanno molto meglio. Il loro rischio di infortunio – si legge ancora nello studio – è decisamente più alto della media. Una tragica conferma è
giunta a neppure una settimana di distanza. Venerdì 25 giugno, in porto, l’operaio peruviano José Luis Barbetton è rimasto schiacciato sotto un blocco di cemento di 4 tonnellate. Maciullato il bacino, spezzata la spina dorsale ha impiegato ancora 3 ore per morire. A poche
centinaia di metri dal luogo della sua morte uno dei tanti convegni del 2004: “Genova porto di mare: storie di arrivi e partenze”. José era arrivato da 2 anni e mezzo; era in regola ma dopo che è morto i suoi compagni si sono accorti di non sapere neppure dove abitasse. Poi hanno trovato la stanza che lui divideva con altri: un letto e una scatola di cartone con le sue cose.
In Liguria è il settimo morto in 6 mesi.
(Manlio Calegari)