Caso Zara – Se in Liguria regnano mattone e finanza

Ci sono voluti due mesi e mezzo per capire per quali ragioni lo stato maggiore dell’Unione ha deciso di non candidare Stefano Zara nelle sue liste e, a elezioni vinte, a non utilizzarlo nell’ambito del governo. Eppure le dichiarazioni rilasciate a suo tempo dai vari Burlando, Fassino, Rutelli, e dallo stesso Prodi suonavano tutte allo stesso modo: “Zara è una risorsa, una risorsa, una risorsa…”. Invece lo hanno messo fuori; prima e dopo.


Zara? No grazie. E lui, zitto. Fino al 18 maggio scorso (Repubblica, 19 maggio 2006) quando a proposito della scarsa rappresentanza ligure nel governo, ha detto, col solito tono garbato, che la Liguria ha una classe dirigente politica che conta poco. E al momento della formazione di un governo nazionale se ne possono accorgere tutti.
Apriti o cielo. Ma come si permette di dire certe cose, lui, un escluso? Vuol forse dire che gli attuali dirigenti e parlamentari regionali sono delle scartine? Non di questo si tratta, ha spiegato tranquillamente Zara, ma del fatto che complice una scellerata legge elettorale “i partiti hanno utilizzato ogni più deteriore meccanismo per, come si dice, farsi i fatti loro a dispetto dei cittadini. Il legame di appartenenza e fedeltà prima al partito e poi al clan ha fatto premio su ogni altro criterio” (Repubblica, 21 maggio 2006). E’ stato uno “scivolamento qualitativo” (eufemismo usato da Zara) che ha segnato anche la formazione del governo ma sul quale sarebbe stolto tacere e non riflettere. Chi (in primis Burlando, 19 maggio, ma non solo lui), di fronte a questi fatti, ha detto che tutto va bene, che presto si cambierà la legge elettorale, che nascerà il partito democratico, che si faranno primarie a gogò ecc., sbaglia. E sbaglia ancor di più se pensa di risolvere i problemi regionali avvalorando le logiche spartitorie in corso a livello nazionale e locale.
Forse conclude Zara, in Liguria “l’accentramento di poteri trasversale e intercategoriale” sta diventando soffocante, con conseguenze negative non solo sul ricambio della classe dirigente ma anche dello sviluppo e dell’innovazione. E tanto per far capire quello di cui parla, Zara fa l’esempio della Carige, potenza finanziaria i cui profitti – che riscuotono entusiasmo bipartisan – vengono tutti dal mattone, dalle autostrade e dalla finanza”. “E’ questa la via al nuovo”? chiede Zara. E conclude. Possibile che non se ne possa parlare senza scadere nella rissa da cortile, o addivenire a roba tipo lo scandaloso “patto antiratelle”? Lui, Zara, al silenzio non ci sta. E loro, gli altri, che se ne erano accorti da subito, hanno preferito toglierselo dai piedi. Fila?
(Manlio Calegari)