Informazione – Non è mai finita la guerra alla pubblica decenza

Il precetto della famosa decenza quotidiana, estrema sintesi di ligusticità prima ancora che della poetica montaliana, aiuta a capire la distanza siderale che separa il sentire dei comuni cittadini da tanti cosiddetti personaggi della scena pubblica. Prendiamo quel giornalista Farina che molti ricordano per le sue comparsate alle tribunette televisive, dove veniva chiamato soltanto come vicedirettore di “Libero”, quindi fiancheggiatore del cavaliere, privo com’era di qualsiasi altro titolo, salvo quello di abbaiare contro il pericolo della sinistra. Dall’inchiesta in corso sul Sismi per l’ennesima volta deviato, viene fuori in tutta evidenza che lavorava per due padroni (o uno solo?): il suo giornale e i servizi segreti illegali.


Era andato addirittura a intervistare il magistrato che conduce le indagini sull’iman rapito dalla Cia e dai servizievoli 007 italiani, tenendo in tasca la nota delle domande preparate dagli spioni; insomma non cercava notizi e da raccontare ai suoi lettori (invero pochini), ma da riferire alle centrali occulte. E per questo indecente servizio, equivalente al tradimento dei principi base della professione giornalistica, intascava i suoi trenta denari in euro.
Una volta saputo quale Farina nascondeva il sacco, il nostro campione ha confessato e ha dato la sua bella versione giustificatoria: è in corso la quarta guerra mondiale contro Islam e terroristi (non ve ne siete accorti?) e io sono un giornalista arruolato, “embedded” o come si dice; insomma, non ho alcun motivo per pentirmi di ciò che ho fatto. Convinto dalle sue motivazioni ideologiche lo stesso direttore Feltri, che a caldo lo voleva licenziare, ci ha ripensato e lo ha richiamato come un figliol prodigo, confortato dal sentimento solidale di redazione e proprietà del giornale che “in spregio a ogni falso moralismo” ha assolto in toto il collega-spia, con la formula che non ha ucciso, né derubato alcuno e soprattutto non è comunista. E’ questo che conta. Come del resto aveva insegnato l’antesignano Ferrara, con la sua vantata collaborazione ai servizi segreti americani in funzione anticomunista, prima di passare in servizio permanente effettivo con la stessa “mission” a Mediaset.
Feltri che all’eleganza ci tiene (salvo cadute di stile come la partecipazione al linciaggio di Biagi, una volta caduto in disgrazia) ha solo mosso un appunto al suo Farina: poteva dirmelo prima, gli avrei evitato di fare una cavolata; leggi: l’ha fatto a mia insaputa; io non ne sapevo niente. E’ la stessa posizione assunta dal pubblico moralizzatore Fini, quando ha scoperto, ohibò, il sistema di porcate per così dire istituzionalizzato dal suo portavoce Sottile imponendo il passaggio obbligato dal letto suo e degli amici, come accesso in Rai per veline, vallette e ragazze pom pom. Lui era all’oscuro, poverino, di ciò che il suo portavoce, ossia il più stretto e intimo collaboratore di un politico, combinava. Allo stesso modo Feltri ignorava la doppia attività del suo vice. Bisogna comprenderli. Non possono mica dire: mi avvalgo della facoltà di non rispondere .
(Camillo Arcuri)