Amarcord – La Cgil com’era cent’anni fa

Il 1° ottobre la CGIL ha celebrato a Milano il centenario dalla sua nascita, decisa allora, in quella stessa città, da 700 delegati in rappresentanza di oltre 80 camere del lavoro e di circa 200.000 aderenti. L’evento, almeno sulla stampa cittadina, passa quasi senza menzione. Io lo vivo accorgendomi che ciò che si svolge intorno a me non riesce ad accendermi.


Il filmato introduttivo di Calopresti riduce il percorso storico della cgil all’elenco dei suoi segretari generali, sullo sfondo di manifestanti in marcia: massimi dirigenti e popolo indifferenziato, come nei peggiori libri di storia. La prolusione storica di Adolfo Pepe scorre piatta, e non lascia traccia nella mia (ormai indebolita) memoria. Passa tra retorica e vuoto anche il discorso del segretario della Camera del Lavoro di Milano. Solo Susanna Camusso, nel limitatissimo spazio a sua disposizione, testimonia la contraddizione irrisolta tra donne, lavoro e organizzazione. Finisce che molt i applausi li prende Letizia Moratti che rende merito, senza equilibrismi, alla storia del più grande sindacato italiano, al contributo che la CGIL ha dato alla democrazia, alla lotta al terrorismo, alla giustizia sociale.
Per fortuna Epifani, concludendo, riesce a rendere il senso di quello che è stato, e a collegarlo con ciò che viviamo oggi e trasmette finalmente alla platea pensieri ed emozioni. Avviene così che io sia colta da un sentimento di disagio quando uno degli oratori dice che l’assemblea dei tremila che affollano il Teatro degli Arcimboldi è percorsa dalla stessa forza e dalla stessa emozione che cento anni prima aveva segnato l’assemblea di costituzione della CGIL. Questa affermazione mi giunge come una retorica priva di verità.
L’assemblea del 1906 era formata da persone che erano al centro del mondo del lavoro di allora, erano i diretti protagonisti delle tensioni, valori, ingiustizie, contraddizioni e speranze di quell’epoca storica. I diretti protagonisti di oggi (giovani professionisti precari, precari privi di professionalità, immigrati regolari e non, internauti, studenti in viaggio nelle università europee) erano invece se non del tutto fuori, certo assolutamente minoritari nella sala della celebrazione, affollata semmai di persone che tentano, spesso seriamente, e a volte con risultati concreti, di occuparsi di loro, ma che non sono loro.
Nessuna colpa specifica per questo, il 1906 è un atto di nascita, il 2006 è solo un momento di una organizzazione matura che porta inevitabilmente il peso della parte di se stessa (struttura organizzativa e persone) che si è formata in un mondo distante anni luce dall’oggi.
Ma l’emozione non è e non può essere la stessa.
(Paola Pierantoni)