Petrolio e politica – Il padre dimenticato di tutti gli scandali

Petrolio e politica: il padre di tutti gli scandali (Editori Riuniti, euro 18,00) è la storia dimenticata della “crisi energetica” del 1973. Quell’inverno l’Italia è al freddo e al gelo e va in bicicletta. “Gli ospedali, le scuole, gli uffici pubblici e privati, le abitazioni di mezza Italia sono privi di riscaldamento. Un inverno durissimo. Dopo la guerra del Kippur i paesi arabi produttori di petrolio… avevano decretato l’embargo. I petrolieri fanno sapere che i loro depositi sono quasi vuoti”. In realtà, erano pieni. Si trattava di un imbroglio architettato dai petrolieri in collusione con una parte della classe politica di allora per aumentare artificiosamente il prezzo dei derivati. Ovviamente, a danno di tutti gli italiani.


A più di trent’anni di distanza, Mario Almerighi, ricostruisce il primo grande scandalo della storia repubblicana., ma il libro ha un preciso e inquietante sapore di attualità. Le prime indagini svolte da Almerighi con Carlo Brusco e Adriano Sansa, allora tutti pretori a Genova (i “pretori d’assalto”!), le perquisizioni degli uffici della Garrone Spa e dell’abitazione privata del proprietario, Riccardo Garrone, rivelarono una gigantesca rete di corruzione in cui rimase impigliato anche il Parlamento italiano. I petrolieri scrivevano le leggi che li favorivano e le compravano con una parte degli enormi vantaggi in questo modo introitati.
Tutto questo era emerso solo dagli “atti urgenti” perché, per competenza, la questione doveva essere trasmessa alla procura di Roma, ma siccome nella rete erano anche coinvolti ministri del governo, gli atti dovevano essere prima vagliati dalla Commissioni inquirente per i procedimenti di accusa nei confronto dei ministri della Camera.
Dopo più di quattro anni (1979), la Commissione inquirente delibera a maggioranza (quella dei partiti della coalizione governativa coinvolti, Dc, Psi, Psdi) e con motivazioni a dir poco speciose di “non doversi a procedere”. Archiviata la posizione dei ministri e negata la richiesta di procedere nei confronti dei parlamentari, il processo approda al famoso porto delle nebbie, all’ufficio istruzione di Gallucci che, dopo altri quattro anni, assolve gli imputati “perché il fatto non sussiste” (1982).
La vicenda non produsse risultati apprezzabili sul piano penale, ma “quel processo ebbe una grande incidenza nella magistratura sul piano culturale. …si diffuse nella magistratura una sempre più grande presa di coscienza del valore dell’indipendenza, del dovere di accertare le illegalità anche laddove ciò non era gradito al potere politico”.
Si passò dai “pretori d’assalto” (un’espressione dispregiativa coniata da Montanelli per indicare magistrati “in preda a smanie di protagonismo derivanti dal desiderio di superare frustrazioni personali”) ai PM d’assalto, a Mani pulite. Avversati dal potere politico a cui risultava insopportabile una Costituzione che sancisce che i giudici sono soggetti solo alla legge, si provò prima a modificare la Costituzione per poi passare alle modifiche o alla formulazione di nuove leggi. Dall’abrogazione dei reati di falso in bilancio e di illecito finanziamento ai partiti alla riforma dell’ordinamento giudiziario con il ritorno alla strutturazione gerarchica dell’ufficio della Procura. Attualmente, in Parlamento, sull’intera questione, si cerca ancora a qualsiasi costo un accordo con l’opposizione.
(Oscar Itzcovich)