Ambiente – Nella corsa al cemento la Liguria batte tutti

I detrattori delle statistiche citano quelle dei polli, per cui se uno ne sbafa due e l’altro nessuno, risulta che i nostri soggetti ne hanno mangiato uno a testa; ma è anche vero che spesso i dati numerici aiutano a stabilire punti fermi su materie fin troppo manipolate. E’ il caso delle ricorrenti polemiche sulla cementificazione della Liguria, fenomeno chiamato anche “rapallizzazione”, finché i difensori del buon nome della riviera sono riusciti a eliminare, non le costruzioni abusive, ma quel termine dal vocabolario.


L’allarme è squillato nuovamente, di fronte al piano dei porticcioli turistici, ovvero l’ennesima colata di cemento che minaccia la costa da Ventimiglia al Golfo dei poeti.
Esagerazioni? Nevrosi ambientaliste? Conservatorismo tipico di una società anziana attaccata al passato e nemica del nuovo che avanza? Ogni interpretazione è possibile sul piano dialettico; ma a livello statistico le cose stanno un po’ diversamente: salta fuori, tanto per dire, che negli ultimi sette anni (1998-2005) nella nostra regione la crescita degli investimenti in costruzioni è stata del 55,7%, cinque volte quella del Pil regionale (+11,6%); insomma un boom edilizio superiore al doppio di quello nazionale che vede gli investimenti nel mattone cresciuti nello stesso periodo del 22,5%, rispetto a un Pil al + 9% (dati Ance, costruttori edili, riportati dal Sole-24 Ore del 30 settembre 2006).
Varrebbe la pena di riflettere a fondo sul significato di queste eloquenti statistiche, a partire dalla stessa realtà territoriale della Liguria, una sottile striscia sul mare, già fin troppo costruita, dove non sono più tollerabili interventi massicci, così come pretende la mai sazia speculazione. Ma il dato più preoccupante è ancora un altro e riguarda non tanto la sbrecciata linea difensiva dell’ambiente, quanto la scarsa capacità imprenditoriale presente in questa regione, dove le sole iniziative economiche in grado di produrre risultati sembrano quelle a spese del territorio, quindi a danno della comunità, della sua qualità di vita.
(Camillo Arcuri)