Progetti – Ma interessa per davvero un comune trasparente?

Repubblica-il Lavoro nulla ha pubblicato sull’incontro con Giulietto Chiesa di venerdì 13 ottobre al dopolavoro ferroviario. Peccato. Perché nel dibattito è stato lanciato il “Manifesto per un’amministrazione trasparente e partecipata” che propone ad elettori, partiti e candidati locali un metodo nuovo per gestire la cosa pubblica(www.genovapartecipata.it). Si parte dal presupposto che il cittadino debba essere interpellato su decisioni che lo riguardano: candidature, trasporti, progetti urbanistici, gestione dei rifiuti e molto altro. La proposta suggerisce un’informazione trasparente su gare d’appalto, consulenze, relativo finanziamento, con un taglio ai costi della politica e l’adozione del bilancio partecipativo. Il manifesto evidenzia nero su bianco quello che Repubblica-Il Lavoro ha denunciato in tanti anni di inchieste. Il Secolo XIX ha pubblicato la notizia dell’incontro nella rubrica Primo Piano. E le cento persone presenti in sala sembravano chiedersi perché tanta fatica ad aver spazio sul quotidiano locale di centro sinistra.


Qualcosa non quadra. Pensavano i cento. Non solo rispetto a Repubblica-Il Lavoro che, a detta di Pelizzetti “si è ha trasformato nel Nuovo Cittadino… parla solo di preti!”, ma rispetto al totale “asservimento del sistema cartaceo”.
Al dopolavoro ferroviario i cento si chiedevano cosa fosse stato del movimento per la pace, dei girotondi, della rappresentanza, delle primarie aperte a tutti e si interrogavano su partito democratico, vuoto a sinistra, vuoto da riempire, candidature sparse. Giulietto Chiesa ha spiegato che non sono soli. In tutta Italia nascono comitati, ed esiste “un bacino di quattro cinque milioni di persone che si aspettano qualcosa di nuovo. Chiesa ha parlato delle guerre future – “io sono pacifista perché voglio sopravvivere” – e della necessità, per le prossime elezioni, di non scegliere più una coalizione solo per paura dell’altra. “In questi anni tutti cercavamo una maniglia, siamo stati costretti a votare per loro sapendo che non ci rappresentavano. Noi dobbiamo creare una maniglia.”
E ancora: “sono vent’anni che manca un partito politico capace di un’analisi”. Sparita la formazione, adesso per Chiesa è necessario “ricostruire un linguaggio uguale per tutti per essere in grado di capirsi, collocarsi, darsi delle spiegazioni”. Dato per scontato che il Partito Democratico sarà una coalizione di centro, con enormi difficoltà di collocazione a Bruxelles, il parlamentare propone un progetto unitario di respiro europeo che parta dall’Italia. Tre anni di tempo per “organizzare una rete fuori dalle strutture dei partiti”. I gruppi di riferimento di questa offerta politica saranno coloro “che tutto hanno da perdere” che in una società frammentata “non stanno più tutti insieme, e devono essere scovati, studiati!”. Bisognerà formare i quadri, ripristinare le regole della società, avere un’agenda dei problemi da approfondire mettere insieme “una fondazione che produca know how per noi”.
Molti interventi. Domande. Ricordi. Berlinguer, Gramsci. Le letture che i giovani – sempre pochi in questi dibatti – non fanno più.
Il progetto di Chiesa è nitido quando lui lo narra. Ma poco a poco sfuma diventando irreale non appena confrontato con i suoi stessi eccessi e le energie a disposizione. Il manifesto invece è un appello alla coerenza per chi si candida alla poltrona di sindaco. Chissà che a questa virtù non corrisponda una faccia.
(Giulia Parodi)