La morte di Monica – Se la Coop siamo noi, no ai subappalti

Il giorno del funerale di Monica Di Mari, lunedì scorso, l’Ipercoop di Carasco è rimasta chiusa dalle 11.30 alle 12.30 in segno di lutto. Forse a seguito della protesta dei dipendenti, che riuniti in assemblea hanno espresso tutto il loro rammarico per l’eccessiva sollecitudine con la quale l’Ipercoop di Carasco ha ripreso la sua normale attività commerciale (Il Giornale, 27/10/06). Nei giorni scorsi i tre sindacati di categoria avevano proclamato un giorno di sciopero: “le numerose denunce fatte sulla tenuta minima dei livelli di sicurezza nel settore sono state a tutt’oggi disattese”.


La Sg ha il subappalto dalla Coopservice, a sua volta titolare dell’appalto concesso dall’Ipercoop di Carasco. Chiariamo: il supermercato affida a una ditta specializzata, la Coopservice, i compiti di sorveglianza, pagando una certa somma. La Coopservice a sua volta passa una parte del lavoro alla Sg. La quale assolve l’incarico con proprio personale, “soci lavoratori”. Anche Monica era “socio lavoratore” della Sg. Tutti i giornali sembrano concordare sul fatto che la paga di Monica era di poco superiore ai 600 euro al mese. Diventa così chiaro il motivo di tutti questi passaggi.
E’ la Coop, quella che fa gli spot in tv: “La Coop sei tu!”. Quella di cui anch’io ho in tasca la tessera, che trasuda di orgoglio, e di punti esclamativi nelle pubblicità, per i suoi corner dedicati al commercio equo e solidale.
Monica non lavorava per la Coop, ma vegliava sulla sua sicurezza. Così la Coop è del tutto innocente, non c’entra. Per lei, Monica e i suoi 600 euro mensili di stipendio neppure esistevano. Monica viveva da sola, con i suoi gatti. Come si vive con 600 euro al mese? Ultimamente le erano sorti dei dubbi sul suo lavoro. Ma, sebbene iscritta alla Cgil, si era rivolta alla Uil. Un fatto puramente casuale?
Non si può fare a meno di riandare col pensiero all’albanese morto nel crollo del Galata, Museo del Mare. Anche lui al lavoro con un subappalto, lavoro in nero in un cantiere che lavorava per il Comune di Genova.
Intanto la Regione ha detto sì a nuovi ipermercati. Guccinelli: “A Genova gli spazi ci sono” (Repubblica-Lavoro del 17 ottobre 2006).
La società è stanca, distratta, sfiancata dalla sua miseria opulenta, disorientata dalla mite ferocia dei suoi padroni. Senza bussola, senza uno schema che le consenta di ordinare i fatti e dar loro un senso. Il ricordo di Monica sembra affidato, oltre che a suo padre, ai tifosi del Genoa. Ma moltissimi altri vivono la sua condizione. Sono tra noi. Impareremo a vederli?
(Pino Cosentino)