Martedì 1° maggio Francesco Grondona – segretario Fiom – ha inviato un appello su Repubblica-Lavoro in cui invita all’unità tutti i lavoratori. Ci piace e ci rassicura. Perché è il segno che siamo in democrazia e la libertà di pensiero è salva.
“Una vecchia canzone operaia”, scrive, “definiva il primo maggio come il giorno di chi crede nel futuro con lotta e coraggio. Questo deve essere il senso che ancora oggi deve avere il primo maggio”. Dopo questo incipit passa all’analisi, davvero desolante, del lavoro dipendente “relegato ai margini della società stessa, dimenticato ed oscurato da una politica spettacolo, che francamente offre uno spettacolo schizofrenico della politica” ricordando che “la lotta per la difesa dei lavoratori è più attuale che mai”. Cita la mancanza di sicurezza, le buste paga più basse d’Europa, gli infortuni, la richiesta continua di flessibilità e la precarietà, indicando quelle sacche che subiscono tutto questo come la nuova linfa dalla quale il sindacato trarrà energia. Infine, con un approccio alla difesa della pace e alla lotta contro le guerre capitaliste, chiude con la parola d’ordine “lavoratori di tutto il mondo unitevi”, “divisi i lavoratori sono un numero, uniti sono una forza”.
Autore: Redazione
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1° Maggio Fiom – Gli slogan sull’unità e la realtà Ilva
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1° Maggio in Tv – I tempi della cronaca e quelli della storia
A quella cronaca quotidiana che cerca, giorno dopo giorno, di portare il suo mattone alla costruzione di una versione possibilmente veritiera delle più oscure vicende nostrane, viene spesso rimproverata una sorta di impazienza, di volersi sostituire alla storia, cui solo spetta col tempo, decantati i fatti e sbollite le passioni, dire una parola certa, definitiva. Resta da capire però che cosa succede quando il percorso si inverte e sono gli storici, sulla base di dati documentali, a scoperchiare segreti dell’antistato, rimasti per decenni sepolti, inaccessibili. In questo caso come mai l’informazione stenta a recepirli, quasi preferisse lasciarli chiusi nei libri, dove, com’è noto, pochi vanno a leggere? -
Dopo il 25 Aprile – Pertini: liberi fischi in libera piazza
E’ passata qualche settimana ma la domanda resta attuale: il 25 aprile può ancora insegnare qualcosa? Noi anziani crediamo di sì. Se non altro il giusto approccio con i giovani contestatori da parte di chi la resistenza l’ha fatta ed ha sofferto la deportazione.
Significativi, a questo proposito, tre articoli nella cronaca locale del 27 aprile di Repubblica. “Il grande vecchio baciò i ragazzi – c’è ancora bisogno di antifascismo”, che riepiloga l’approccio dell’avvocato Ricci con alcuni giovani contestatori. Il trafiletto “La polemica” che riporta ulteriori valutazioni di Cofferati: “Scelta organizzata non goliardia”. Infine la rubrica “L’opinione”, che contiene la valutazione di Zara: “In quei fischi l’ignoranza della nostra storia”. -
Censura all’Università – Ergo sum disturbatore, quindi blasfemo
Scriviamo dalla redazione di Ergo Sum, mensile recentemente attaccato dall’edizione genovese de “Il Giornale”, i cui articoli hanno portato alla decisione di Università e Provincia di interrompere i finanziamenti per il nostro periodico a causa di contenuti “blasfemi”. Accusati di non corrispondere al progetto da noi proposto, la nostra difesa verrà dai lettori, da coloro che possono verificare TUTTO il lavoro da noi svolto da due anni a questa parte. Invitiamo pertanto a consultare il nostro spazio su http://www.work-out.org/ergosum/ e il sito http://www.beriocafe.it al fine di permettere ad ognuno di farsi un’opinione sulla questione scaricando il nostro periodico in pdf. La nostra battaglia per la libertà d’espressione è appena iniziata. Ringraziamo tutti coloro che ci stanno sostenendo per difendere l’articolo 21 della costituzione italiana: “tutti hanno diritt o di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.”
La redazione di Ergo sum -
Cartoline – Da dove si comincia con la legalità
Gran bella città Berlino. Assolutamente vivibile. Servizi funzionanti, verde. Salari e stipendi mediamente più alti dei nostri e costo della vita inferiore, in particolare per gli affitti e il mangiare. Trovi appartamenti a trecento euro al mese. In un asilo nido il costo è di circa settanta euro al mese, ma se in famiglia c’è un solo reddito o se i figli sono più di uno è gratuito. E infatti in giro vedi un sacco di bambini, senza bisogno delle prediche sulla famiglia di Ruini e della Binetti. In compenso non hanno i Cimoli e i Tronchetti “dell’infelicità”, tanto meno quello di Arcore. Poveretti, saranno tristi! Soprattutto i giovani! Perciò l’amministrazione mette a loro disposizione centri di aggregazione, di svago e di socializzazione. Da noi si chiamano sociali e per averli bisogna occuparli, anzi okkuparli. Questione di latitudine. O forse no.
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Cartoline – Quant’è bella sicurezza che si fugge tuttavia
Nei giorni scorsi mi hanno invitato a un dibattito sulla sicurezza. A Milano, la città della Mestizia. Sì, non mi riesce di associare il nome gioioso del sindaco attuale ai luoghi che quel tipo di amministrazione ha contribuito a rendere poco vivibili. Non ci riesco, se non altro per solidarietà con quegli scooteristi che si sono fatti male scivolando sulla cera depositata lungo le strade del centro cittadino dai manifestanti con cero, convocati per l’appunto dalla Moratti proprio sul tema della sicurezza. Un bell’esempio di faccia tosta, dal momento che la destra amministra Milano dalla notte dei tempi (prima la Lega, poi l’Albertini in costume da bagno, poi, da ultima, la Mestizia).
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Caso Telecom – Corre anche la libertà sul filo del telefono
A differenza della famosa frase del cardinal Siri, “homo sine pecunia est imago mortis”, l’homo politicus è vivo indipendentemente dalle sue condizioni economiche. Nonostante tutto, sopravvive una specie socio-umana con bisogni materiali misurati, che non soffre per la mancanza di yacht, ville al mare e nemmeno del suv, ma è esigente al massimo invece sul piano dei principi, dei diritti di civiltà, di uguaglianza. Viene il dubbio che questa categoria di persone (maggioranza, minoranza?) sia poco considerata, visti gli sviluppi del caso Telecom.
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Quale Liguria/1 – Dal sacrificio della costa, affari, non lavoro
Sole 24 Ore, 31 marzo 2007. “Casa e Case. Abitare Comprare Vivere Investire nel mattone. Diporto e mattone. Porti turistici, un tesoro per le marine”. Cifre alla mano: la realizzazioni di porti turistici ha “giovato allo sviluppo della zona e alle quotazioni delle case circostanti”. Uno studio recente ha dimostrato che nel giro di una anno – tra 2005 e 2006 – l’incremento è stato del 15%. Tra i casi citati anche alcuni dell’Imperiese. Compare anche una scheda dalla quale risulta che, in fatto di posti barca, la Liguria è in Italia seconda sola alla Sardegna.
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Quale Liguria/2 – Il partito del cemento mai così trasversale
Certo di tutto si può discutere però questa sembra proprio la Liguria che piace a Berneschi: seconde case per le regioni del Nord, porti turistici e autostrade. La stessa Liguria di Scajola che infatti ha messo a capo della Camera di Commercio della sua Imperia tale Beatrice Cozzi, “giovane imprenditrice”, rampantissima e impegnata nei porticcioli di Ventimiglia, Bordighera e altri luoghi miliardari. C’era la sua apologia su Liguria Business Journal di dicembre 2005.
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Riflessioni – Il diritto alla mediocrità spetta anche alle donne
Le donne si muovono. Fanno cose, vedono gente, si candidano, studiano liste, lavorano e ritagliano quadretti patchwork – la loro giornata è davvero una coperta di patchwork – per andare a seminari dove si parla di loro “da donna a donna” in una corsa veloce dalla professione alla casa, dai figli alla spesa, dalla spesa al compagno. No. Non sono le donne di cui dovrebbe interessarsi la politica – loro molto più stremate delle prime non hanno né tempo, né orari per dibattiti e quant’altro, stanno alla prima tacca della piramide di Maslow – ma sono quelle che a Genova la politica la annusano, la ascoltano, ne percepiscono vuoti e pieni, investendo energie, tempo, relazioni. Eleganti, sportive, aperte o timide si possono incontrare ai seminari rivolti al pubblico di corsi specifici. Sorridono franche alle amiche, talvolta parlano tra loro anche durante l’intervento di un relatore, alcune sprigionano la femminilità del terzo millennio con accessori incl usi – tacchi, borse, vestiti – che donano loro il valore aggiunto, la marcia in più, quel “intelligente e bella” rivendicato oggi con ostinazione. Non sono fotocopie l’una dell’altra – le astanti-attrici di questi seminari – ma certo hanno un fluido che le accomuna, come un sigillo di setta a metà strada tra il voltarsi indietro: “il passato di mia madre negli anni settanta è la mia più preziosa eredità” e il contestualizzare: “dobbiamo riconoscere il presente: oggi non è più come allora. Ci dobbiamo smarcare da certe logiche femministe.”