“End of the line for the godfather”, “Capolinea per il padrino” titolava l’Indipendent commentando la sconfitta di Silvio Berlusconi alle elezioni politiche del 2006. “BASTA! Time to sack Mr. Berlusconi”, “BASTA! E’ tempo di licenziare il signor Berlusconi”, titolava l’Economist pochi giorni prima. In questi titoli feroci si disvela la ragione della differenza abissale del voto espresso dagli italiani che vivono in patria e da quelli che vivono all’estero.
Autore: Redazione
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Ritorno al futuro – Se la “rosa” Vincenzi fa rima con vincenti
Sembrava che tutto scorresse tranquillo. Qualche misera quota rosa, la chiusura della vicenda elettorale, ed un prevedibile ridimensionamento del confronto politico all’interno delle segreterie dei partiti costretti, ma non troppo – e comunque non ora – ad inventarsi qualche plausibile nomination per le primarie del candidato sindaco. Con calma. Più avanti. Dopo aver parlato.
Sembrava che il genere femminile fosse scomparso. -
Mostra/1 – I quadri e gli uomini di tempi moderni
Sembrava quasi un’ultima cena la presentazione alla stampa della mostra “Tempo Moderno” il 13 aprile a Palazzo Ducale. Al centro Burlando, affiancato ai lati da Borzani, Castellano, Repetto, in uno sfumare lento su Giacobbe, CGIL, e altri, sino a De Biasi, dirigente dell’Ilva. Un’ultima cena dove il pane spezzato è la mostra, offerta ai presenti con sintesi veloci a seconda di chi, costretto a prendere la parola, due cose le deve pur dire su ciò che verrà mostrato.
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Mostra/2 – La metà del lavoro fuori del Ducale
Non si può proprio dire che Mario Margini, parlando a nome del sindaco, abbia colto nel segno quando lo scorso 13 Aprile, nel corso della presentazione della mostra “Tempo Moderno”, parlando a nome del Sindaco di Genova ha detto che le opere esposte rappresentano il lavoro al di fuori di ogni ideologia.
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Abbiamo sottovalutato come esempio di sottocultura politica l’elogio dell’illegalità, il linguaggio grossolano e finto-colto, i gesti scurrili, le volgarità studiate a tavolino o dal sen fuggite, la ripetizione ossessiva di concetti semplici, banali e triviali, l’assenza pressoché totale di autoironia, di senso critico e di consapevolezza della complessità dei problemi. Abbiamo persino pensato che la televisione – il carattere infimo degli spettacoli d’intrattenimento, addirittura più che l’informazione politica – non avrebbe influito sul nostro carattere, non l’avrebbe corrotto. Abbiamo pensato che le leggi ad personam servissero a togliere lui e i suoi da guai momentanei e che, passato il momento, saremmo tornati alla normalità. Abbiamo pensato tutto questo e ora, ricapitolando gli anni passati, dobbiamo riconoscere che abbiamo sbagliato. Non è sottocultura; è un’altra cultura. Non è la difesa nelle difficoltà, è un sistema che, come tutti i sistemi, a spira a normalizzarsi. Non è democrazia ma è demagogia, un regime insidioso che si nasconde sotto apparenze ingannevoli. Il popolo che si vuole che sia non è quello che sceglie, che decide, che discute, che approva o disapprova, promuove o boccia i suoi rappresentanti. È invece il popolo non che agisce ma che reagisce, non si esprime da sé ma è «sondato».
(Gustavo Zagrebelsky, Micromega, 31 marzo 2006) -
10 Aprile – Voltare pagina ma in avanti
I corrispondenti delle più importanti testate straniere (El País, Die Welt, Le Monde, The Independent ma non solo) hanno scritto, prima del risultato delle elezioni italiane, che – in caso di vittoria – il centro sinistra avrà bisogno di almeno un anno e mezzo per correggere le principali mostruosità legislative del governo passato. Ma che ce ne vorrà sicuramente di più per cominciare ad affrontare la massa di problemi irrisolti o lasciati a macerare e che richiedono, come aveva osservato Prodi all’inizio della campagna elettorale, “riforme radicali”. Tra queste, e più importante di tutte, quella di una informazione libera, sottratta al controllo dei partiti, dei cartelli elettorali, dei monopolisti.
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10 Aprile – La giustizia sociale tema ripudiato
Abbiamo appena assistito al più grande scontro mai avvenuto in Italia tra due popoli, tra due culture: quello delle piazze reali, della stampa, di internet, da un lato; quello della televisione dall’altra. Sono due culture diverse e in molti casi opposte. Prodi è stato votato come politico reale, che deve rispondere di ciò che afferma; Berlusconi è stato votato come il personaggio di una fiction, di cui si premia l’interpretazione.
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10 Aprile – Il ritorno della ragione dopo la grande paura
Per il momento è solo paura. Sentimento sottile che oscilla tra panico e incertezza. Lo si avverte un po’ in tutti. In quelli che si sono impegnati di più in questi cinque anni folli ed in quelli che hanno mostrato indifferenza per la politica, mai stata cosa loro perché luogo immutabile nel quale le regole dei giochi le fanno altri. Sono livelli di paura diversi. Di chi ha saltato il fosso e si è schierato e di chi ha atteso.
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10 Aprile – La crisi dei media vista da fuori
Le consegna due schede elettorali e non è il presidente del seggio; le dice ad alta voce per chi deve votare ed è il Presidente del Consiglio dei Ministri. I numerosi presenti, tra cui anche giornalisti, ridono. Tra i rappresentanti di lista, solo uno ha il buon senso di rimproverarlo. Sui giornali si parlerà di una semplice gaffe. Un piccolo episodio, ma anche un dettaglio significativo del baratro che da molti anni si è aperto in questo paese. Un episodio che non possiamo relegare al passato perché ‘a nuttata non è passata ancora.
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Regione – Confessioni e voti di trasparenza
Ha fatto scalpore l’intervista rilasciata dal presidente della Regione a Repubblica (5 aprile 2006, “Porto Comune e poltrone”). Ho deciso di parlare – ha detto Burlando – dopo aver osservato la consegna di un anno di silenzio che, con gli assessori della sua giunta, si era prefissato. E’ arrivato il momento, annuncia, che “cambieremo musica e anche sistema di comunicazione”. E, proprio per rendere più comprensibile il suo linguaggio ai giovani, sta leggendo il libro cult di Moccia “Ho voglia di te”.