Categoria: Bianca Vergati

  • OLI 313: CITTA’ – Signore in rosso

    Disegno di Guido Rosato

    Candidatasi a sindaco di Genova, Roberta Pinotti è ormai ospite fissa a Porta a Porta. Siede spesso alla destra di Bruno Vespa che sembra quasi se la coccoli perché, come afferma lei stessa “amo la verità e quel che c’è da dire anche sulla sinistra lo dico”. Nel bene e nel male.
    “Per questo l’apprezziamo e la invitiamo” blandisce pronto il mellifluo Neo più famoso del teleschermo.
    La senatrice parla di politica, etica e B., qualunque sia il tema senza furia, dice con tatto:
    “Noi siamo diversi però e nel caso Penati accerterà la magistratura, intanto lui si è dimesso e il Pd lo ha sospeso”. Mentre il dito birichino del presentatore le fa segno come a darle della monella.
    Che consolazione per chi guarda e ascolta, un rodimento che Penati fosse dell’entourage Bersani. Come la Roberta un tempo, un’ex passata ora con Franceschini, divenuta presidente commissione Difesa per la Camera nel governo Prodi: mai vista ai convegni e agli incontri della Grande Industria del settore, c’era quasi sempre il languido saltafossi senatore Di Gregorio.
    E dunque che competenze ci offre l’ennesima Prof.? Essere under 60, di buona presenza, non sbagliare i congiuntivi e che altro chissà, certamente nel partito da quasi vent’anni, ma non è una colpa per carità.

    Magari quelli del Pd non potevano chiedersi da subito se il sondaggio andava fatto non soltanto sulla Marta ma anche per altri?
    Così se a destra si fa a gara a tirare giù più candidati- birilli possibili, a sinistra corre il teatrino delle primarie, del comitato istituito ad hoc e i genovesi di fronte all’Italia che frana sono contenti di sapere che Pinotti farà la gara podistica nei vicoli.
    La sera ci inquieta non poco in tv la bionda Roberta dall’abito rosso fiamma e manichine a fronzoli neri, ci tormenta quel film “sotto il vestito niente”, pur se comunicazione e immagine sono importanti: B. ha fatto scuola fin troppo.
    Ci conforta un’altra signora anche lei ultimamente in rosso, la presidente del Pd Rosy Bindi, che dichiara sul Mattino di domenica 24 settembre: “Lo strumento delle primarie resta valido, bisogna rinnovare la classe dirigente senza fare tabula rasa, svolta su Napoli, siamo lontani dalla città…”.
    Parole sante, anche per Genova, dove ci sono facce nuove, ma sono ancora troppo poche e magari spedite lontano.
    A quando un cavaliere o una dama che ci porti la buona novella.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 312: MONDO – Saluti da Cipro

    Il varco di frontiera per Nicosia Nord a Cipro pare, a prima vista, come tanti altri, con il solito sciame di turisti e gente qualunque. Devi presentare il passaporto però – non vale la carta d’identità con cui giri in tutta l’Europa – compilare un attestato e fare una nuova assicurazione per l’auto: non accettano quelle greche. Le poche guardie sud-cipriote si limitano a guardare sulla copertina dei documenti se sei europeo, dall’altra parte registrano su computer i tuoi dati, timbrano un visto di entrata e uscita, mentre alcuni militari armati affiancano gli addetti.
    Finalmente ecco la città vecchia, parte turca: un incanto di viuzze assolate, dove nella poca ombra ci si assiepa e si cammina, tra profumi di spezie e kebab, negozietti e ristoranti in strade pulite, persino il carrettino delle piante ha due sacchetti diversi per la spazzatura.
    Evidente il contrasto con il quartiere greco più sciatto e sporco, si vuole forse sottolineare una differente gestione della città, le guide turche segnalano come esempio di residenziale sociale un piccolo agglomerato di casette bianche, file ordinate con le piantine ai davanzali, piacevoli a vedersi. Spostandosi, s’intravedono però misere abitazioni, i bambini scavalcano la recinzione della scuola nella ricreazione e filano via scalzi su biciclette cigolanti.
    Desolazione e povertà regnano da ambo le parti, anche se ci sono quartieri e auto di lusso.

    Spingendosi ai margini del centro storico trovi cartelli di “recupero aree” sotto l’egida della comunità internazionale, ma tanti sono i cantieri abbandonati, come quello del ripristino della chiesa armena, a cura di uno studio italiano, con fine lavori entro quest’anno, che è soltanto un cumulo di macerie e qualche intervento approssimato.
    Sono oasi di pace e di fresco le moschee, visitando quelle che un tempo erano cattedrali, pensi agli affreschi nascosti dall’intonaco bianco.
    La litania del muezzin risuona al Nord e colpisce lo sfacelo delle chiese non trasformate in moschea con i giardini invasi da erbacce, carcasse di automobili e spazzatura: la chiesa di S. Giorgio dei Latini a Famagosta è crollata e i suoi affreschi vecchi di secoli a cielo aperto sono segnati dai graffiti.
    L’arte sembra non abiti più qui, al di là del contendere politico e del sentire religioso.
    Ci si è fermati all’epoca ellenica o romana o alle fortezze riconquistate ai crociati o ai turchi. E trovi lattine, bottigliette e sacchetti di plastica anche nelle zone archeologiche più preziose di tutta Cipro.

    Nella parte turca spiccano i monumenti al soldato, sventolano ovunque bandiere con la mezzaluna, quella rossa turca e quella bianca della Repubblica Turca di Cipro Nord, che non fa parte dell’Unione europea come il Sud, dove gira l’euro. Ci sono molte postazioni militari e mentre visiti un castello, vedi chilometri di filo spinato e senti spari di esercitazioni: soldati appostati nella notte, vicino alle case crollate, i segni delle cannonate ancora sui muri, lungo la linea di confine che separa le due comunità, intanto nella parte greca sfrecciano le camionette dell’Onu, ma molte sono le aree militari abbandonate.
    Sottilmente si disprezza l’altra parte, non potendo scoraggiare il turista che porta lavoro e denaro, dimenticando millenni di storia comune.
    Fingono di non capire se chiedi per sbaglio una birra o una specialità greca. Ma succede anche viceversa.
    – Orribili le strade della parte turca, si può fare una scappata e via – ti consigliano.
    – Non sanno neppure cucinare e il vino poi…-
    E tu pensi invece ai meravigliosi mosaici, alle spiagge dorate, dove nidificano ancora le tartarughe, al mare trasparente, alla fortuna di avere ancora un ambiente incontaminato, che stanno tappezzando con migliaia di costruzioni sulla riva: ci sta purtroppo, il turismo è economia.
    Forse si potrebbe fare meglio insieme, rispettando terra e persone, ma poi qualcuno ti racconta con gli occhi cupi della casa perduta al di là e capisci che la strada della riconciliazione è lontana.

    (Bianca Vergati)

  • OLI 310: CITTA’ – Il Puc e l’urbanistica di mezza estate

    Sconti di fine stagione alla commissione urbanistica del comune, dove arriva tutto o quasi e non si decide niente, fra pretestuose polemiche che si concludono spesso al grido di “aula”, ovvero decisione in consiglio quando la sinistra voterà come da maggioranza e l’opposizione contro, in un tedioso dejà vu: qui il voto conterà e non si filosofeggia. E poi le ferie incalzano.
    In nome di parole abusate come riqualificazione e preoccupazione per il lavoro che non c’è, si susseguono infaticabili funzionari con pratiche su aree ex industriali, centri commerciali, residenze, parcheggi.
    Il nuovo Puc incombe e così c’è fretta d’approvare progetti che non rientrerebbero nelle suggestioni dell’agognato piano: per chi è seduto in Sala Rossa una palla di neve, ricordi di bambino.
    Work in progress è stato definito, in realtà un caleidoscopio d’immagini diverse ogni volta, con modifiche al documento iniziale; variazioni – si ribadisce – “rigorosamente suggerite dal territorio”, cioè dai nove Municipi che altrettanto rigorosamente consulteranno i cittadini dopo l’approvazione in consiglio comunale, in virtù di una partecipata partecipazione, peraltro non di legge, ma sempre annunciata.
    Forse visitando la mostra sul Puc alla Loggia di piazza Banchi la gente saprà se vicino a casa passerà una nuova strada o ci saranno altri palazzi.
    Intanto si esamina quello che nel Puc non c’è, ma conta.
    Così all’ex Verrina di Prà per combattere il degrado – contro cui protestano a gran voce circa 120 cittadini – si faranno un grattacielo vista mare di 25 piani in cambio di un asilo per 50 alunni (due classi), un centro commerciale con tetto a verde piantumato: il campetto da tennis, peccato, non ce l’ha fatta, non sarà regolamentare e poi chi gioca a tennis ormai.
    Le aree ferroviarie di Trasta, Fegino e Mura Zingari ospiteranno residenze, uffici, alberghi con modifiche di destinazione d’uso da subito, poichè gentilmente Ferrovie concederanno nuovi binari e fermate per metropolitana di superficie con trattative in atto dal 2000 circa.
    Nel frattempo Esaote per andare agli Erzelli avrà garantito per la sede che dismetterà un indice di edificabilità di 2 per mq, mentre all’Expò di Milano si concede lo 0,57: si spera garantisca davvero l’occupazione, con il Municipio che parla di trenta milioni di oneri di urbanizzazione per il suo quartierino, ma non si occupa di come arriveranno in collina lavoratori, studenti di ingegneria e abitanti. Per un ascensore o una nuova fermata di treno s’interpellerà Roma, per ora strada allargata e una nuova fermata di treno bus ad hoc, investendo ecologicamente su gomma.
    Agli incontri sul Puc si alterna pure l’architetto del Lido, che presenta la sua fresca fatica, il progetto dell’ospedale Galliera, per il quale la Regione darà un terzo di 180 milioni di euro, un altro terzo lo si ricaverà dalle dismissioni di immobili e l’ultimo terzo da un mutuo che si ripagherà con i risparmi logistici e quelli energetici. Si propone infatti una centrale di cogenerazione, che probabilmente avrà la potenza di quella in porto, visti i risparmi… Bocche cucite per il residenziale della curia, zero soldi per l’ospedale a Ponente con sede fantasma.

    Circa la mobilità suggerimenti di Puc alla grande, con la tramvia in Val Bisagno, il cui costo è di 15 milioni a chilometro, due nuovi ponti e via il vecchio di Sant’Agata. Per ora ci sono soltanto 14 milioni, che serviranno per questioni idrogeologiche, ma ci si sta attrezzando. Per le autorimesse grandi progetti per dove farle, vedi lo stadio Carlini, vagheggiando la dismissione di quella della Foce, con Boccadasse ancora in “pre scavi”.
    E i parcheggi dove li mettiamo? Popolazione invecchiata ma agguerrita pare, dato il numero di box proposti in tutta la città, tante pantere grige al volante o collezionisti di auto i nostri concittadini.

    Si può scegliere: dai cinque piani di via Dino Col, in faccia al matitone, a stretto contatto con la galleria del treno e palazzi sovrastanti, ai box del muraglione del convento vincolato, nei pressi degli Emiliani a Nervi, passando per Quarto Castagna con riqualificazione di ex fabbrica (Till Fisher): case e box, e che importa se si massacrano ciottoli di creuza in contesto millenario.
    Centomila euro a box in vicoli stretti a levante o a Castelletto, in via Preve. Indovina chi investe.
    Come dice il vice sindaco: “Ci hanno messo i loro soldini, i costruttori, bisogna aiutarli se non vendono…” Perciò non prezzi più bassi per i cittadini, ma una bella variante perchè diventino pertinenziali i box a dieci chilometri da casa per pagare meno tasse. Danno erariale? Fuffe. A settembre i particolari sulle delibere passate a ferragosto.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 301: AMBIENTE – Tutti al mare?

    IL CIRCOLO NUOVA ECOLOGIA DI LEGAMBIENTE GENOVA ORGANIZZA PER DOMENICA 29 MAGGIO PRESSO LA SPIAGGIA PUBBLICA DI SAN GIULIANO L’INIZIATIVA SPIAGGE PULITE (ANCHE DAL CEMENTO).
    Nel corso della manifestazione si terrà un corteo che percorrerà tutto il bagnasciuga verso ovest con la ferma intenzione di eliminare tutti i muri di cemento che impediscono la libera fruizione delle spiagge ai genovesi.

    Ricordiamo che Legambiente e tutte le associazioni ambientaliste e dei consumatori sono fermamente contrarie ad DL che riguarda il demanio costiero italiano e in particolare chiedono di:
    – fermare le previsioni del DL Sviluppo che riguardano il demanio costiero italiano.
    – stabilire l’obbligo delle gare per tutte le concessioni balneari, con un tempo massimo delle concessioni di 6 anni.
    – garantire che almeno il 50% delle spiagge in ogni Comune sia lasciato per la libera fruizione dei cittadini (a Genova siamo al 40% se contiamo gli scogli e le spiagge vicine ai depuratori e al porto).
    – tutelare le coste italiane da qualsiasi nuovo intervento edilizio.

    Il paesaggio costiero rappresenta un patrimonio inestimabile che appartiene a tutti gli italiani. Le spiagge e le coste devono essere accessibili e fruibili da tutti i cittadini e non possono essere cedute ai privati in cambio di pochi euro allo Stato o alle amministrazioni locali. Se fino ad oggi alcuni imprenditori balneari hanno guadagnato somme enormi pagando al Demanio cifre irrisorie, con il Dl Sviluppo approvato dal Governo, le spiagge verrebbero concesse per molti anni senza alcuna gara o controllo. Attraverso il diritto di superficie, inoltre, si potranno aggirare le normative di tutela legalizzando persino costruzioni abusive e aprendo le porte a nuove edificazioni nella fascia dei 300 metri dalla battigia. Tutto ciò senza che i Ministeri dei Beni culturali e dell’Ambiente siano in alcun modo coinvolti nelle autorizzazioni, perché a gestire il tutto sarebbe l’Agenzia del Demanio, con Regione e Comune che si spartirebbero gli introiti. La Commissione europea è già intervenuta per chiedere che le concessioni demaniali agli operatori balneari siano affidate con gare pubbliche e trasparenti e tempi limitati, in modo da garantire sia gli imprenditori onesti sia il diritto dei cittadini a poter fruire delle spiagge e degli scogli.

    (a cura di Bianca Vergati)

  • OLI 300: AMBIENTE – Alcune chicche del Decreto Sviluppo

    L’Ucina, Unione nazionale cantieri navali ed affini con sede a Genova, ha spiegato che, fra le misure varate dalla “frustata “ epocale del Decreto Sviluppo, assume un particolare rilievo la destinazione al diporto delle aree inutilizzate dei bacini portuali esistenti perché “consentirà di ricavare 40.000 posti barca nel rispetto dell’ambiente e 10.000 nuovi posti di lavoro nei servizi”.

    Ancora l’associazione plaude all’eliminazione della licenza edilizia per i pontili galleggianti, “una inutile duplicazione [!] della concessione demaniale, che fino a oggi ha privato l’erario dei corrispondenti oneri demaniali”.
    Un bel pontile non si negherà più a nessuno, ma l’accesso all’arenile è salvo, precisa il ministero.
    Giusta la preoccupazione per i livelli occupazionali, davvero sfacciata la dichiarazione sul mancato gettito per un comparto dove si registra da sempre una delle più alte percentuali di evasione fiscale.

    In quanto ai porticcioli, solo per citare la Liguria, basta fare un giro lungo la costa…

    Perfino la Regione, che ne ha incentivato la costruzione a gogò, dichiarava pochi mesi fa che “era tempo di una pausa”.
    Sempre in tema di mare, un evviva anche al “diritto di superficie” di novant’anni su aree demaniali, ovvero chi detiene una concessione balneare se la potrà tenere e nessuno potrà contendergliela: quasi un decreto imperiale per un bene di famiglia, per di più fatto apposta per eludere la normativa europea – che vuole gare d’appalto in libera concorrenza – e studiato per sottrarre quanto appena concesso dal federalismo demaniale. Pure se fa l’occhiolino agli enti locali, visto che il corrispettivo canone sarà

    versato loro in parte, calcolandolo sui valori di mercato secondo nuovi studi di settore. Indubbia la necessità di disciplinare, ma sarebbe stato sufficiente ad esempio bandire la gara tenendo in giusto conto l’occupazione e gli investimenti già effettuati. E partire da qui per l’appalto.

    Così i gestori esultano per il regalo, a contestare i canoni ci penseranno dopo, come hanno sempre

    fatto, non paghi dell’esenzione dallo scontrino fiscale “per attività connesse”. Un giro d’affari stimato in 16 miliardi dall’agenzia delle entrate contro i 2 miliardi dichiarati dai gestori, mentre lo
    Stato incassa 108 milioni di euro di canoni: 18 milioni di mq occupati, uno stabilimento ogni 350 metri a 50 centesimi al mese per metro quadro, 900 chilometri di costa sottratta alla libera fruizione, un quarto di costa nazionale (La Stampa, 7/5/2011).
    Di mettere ordine c’era effettivamente bisogno in un business per pochi con evasione fiscale al

    massimo. Grazie alla direttiva europea i comuni si apprestavano a gestire in via diretta territorio e introiti e a riorganizzare finalmente più spiagge libere.
    “E se un comune che volesse realizzare un porticciolo si trova davanti un circolo con sessanta posti barca che si tiene per un secolo?” si domanda non senza ragione dal suo punto di vista l’assessore al bilancio della Regione (Il Secolo XIX, 6/5/2011). Ancora.
    Il provvedimento servirà ottimisticamente anche a scovare i furbi monelli, prevedendo

    l’emersione dei “chioschi-fantasma” e il conseguente accatastamento-legalizzazione delle

    edificazioni non censite sulle spiagge, come la milionata di case-fantasma insegna. Pare infatti nebbia fitta e ricorsi probabili per l’Agenzia delle entrate, scaduti ora i termini per le case suddette: incombe ad esempio un regio decreto (652/’39) che prevede la dichiarazione di abitabilità entro 30 giorni rilasciata dal Comune per emettere la rendita catastale. Ma se il Comune non ha certificato l’immobile che cosa può dichiarare e quindi tassare? (Il Sole 24ore, 4/5/2011). Potenza della normativa.
    Non dalle associazioni ambientaliste con il loro appello al Presidente della Repubblica a non firmare, ma da più parti si sottolinea che nessun vincolo urbanistico o paesaggistico viene

    rimosso, che si dovrà valutare con attenzione se ci sia libertà assoluta ad edificare con il silenzio-

    assenso esteso quasi a tutto e così il sacco delle spiagge, se ci sarà, dovrà contare sulla complicità
    di comuni, regioni, agenzie del demanio. E non tranquillizza certo che a costituire il diritto di superficie debba intervenire un atto degli enti sopracitati. Resta il fatto che per la prima volta s’introduce un regime di natura privatistica nel regime demaniale che è di natura pubblicistica. In barba all’articolo 9 della Costituzione e ad ogni altro diritto dei cittadini su beni pubblici.
    (Bianca Vergati)
  • OLI 299: CITTA’ – L’ospedale che non c’è

    Impazza in questi giorni la querelle fra istituzioni per l’ospedale del ponente che non è stato inserito nel futuro Puc dall’amministrazione comunale genovese perché “Il progetto non esiste”.
    In realtà uno c’era ma è tramontato.
    “Ma se i soldi ci saranno, anche subito si può fare” dichiara la sindaco sul Mercantile del 3 maggio.
    La Regione ribatte che “per ora i soldi non ci sono, ma la scelta è già stata fatta ed è l’area delle ex acciaierie di Cornigliano, dietro la restaurata Villa Bombrini” (Il Secolo XIX 1 maggio 2011).
    Una proposta forse poco gradita al Comune, che aveva presentato ben quattro altre opzioni, passando dall’area di Campi, appetita dal patron della Sampdoria per lo stadio, alla Calcinara di Sestri Ponente, dove vi sono gli attuali insediamenti delle aziende high tech come Esaote, che si dovrebbero spostare agli Erzelli, fino alla Carmagnani Superba di Multedo.
    Ancora prima si era ipotizzato dalla giunta regionale ora all’opposizione l’ex area Mira Lanza: il progetto cancellato è costato 500 mila euro di danni.
    Una disputa dunque su un ospedale che si costruirebbe in aree ancora da smantellare con industrie da trasferire: il tutto senza finanziamenti, che sono stati dirottati sul Galliera, benemerito della Curia per cui si è avuto un iter ultrarapido, già si parla di gare d’appalto lavori per un polo sanitario-gioiello, residenze, commerciale e parcheggi annessi.
    I quattrini per il futuro ospedale del ponente si troveranno con la vendita di altri tre ospedali del ponente medesimo, Villa Scassi, a Sampierdarena, il Padre Antero a Sestri e il Gallino a Pontedecimo. Un bel rigiro,avvilimento a parte dei cittadini ponentini.
    Ospedali grandi, piccoli, vecchi o no, probabilmente non tutti servono, infatti si sono dismesse un po’ di specialità, non senza ragione, visti i doppioni di reparti e di primari. E poi siamo diminuiti di popolazione e invecchiati, perchè farne un altro? Forse per uno più moderno…
    Magari una risposta sta nel nuovo Puc che prevede per l’ospedale S.Martino “una riorganizzazione funzionale e dell’assetto insediativo”: oltre al sanitario e l’università, parrebbe che 60mila metri quadrati di superficie agibile nei pressi di viale Benedetto xv, dove hanno sede i padiglioni universitari, siano destinati “alla riconversione agli usi urbani consentiti”. Lo stesso dicasi per l’area del Maragliano, altri 19 mila metri quadrati.
    Una riqualificazione dalle “funzioni complementari ammesse di residenza, strutture ricettive alberghiere, ..uffici, servizi e parcheggi privati”.
    Non pare che nuovi ospedali servano soprattutto per le esigenze sanitarie dei cittadini.
    Intanto si è compiuto l’ultimo trasloco di vecchi pazienti dell’ex ospedale psichiatrico di Quarto, che faceva parte della cartolarizzazione per ripianare il buco della sanità e anche per quest’area c’è già nel Puc un’altra bell’ipotesi di trasformazione.
    Insomma si stanno riprogettando i luoghi di cura e a onor del vero gli sprechi sono stati tanti, cosi cittadini devono essere grati, si sta pensando a loro, spazio al nuovo e alla tecnologia.
    Ce lo spiegherà meglio il nuovo consulente assunto per “le attività preordinate all’adozione del progetto: mille euro al giorno per 50 giorni” titolava il Giornale il 28 aprile 2011 ,unico a dare la notizia.
    Mentre si progetta il pubblico (sulla carta s’intende), il privato già si è attrezzato: ristrutturazioni alla grande in Albaro, dove un polo sanitario privato sta costruendo una palazzotto con una decina di nuove sale operatorie.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 298: VITTORIO ARRIGONI – Morire senza un perché

    Il 15 aprile nella casella mail arriva un appello dall’Associazione per la pace, che invitava a firmare per la liberazione di Vittorio Arrigoni, il giovane pacifista che viveva a Gaza, rapito il giorno 14 e apparso su youtube bendato e pestato. Troppo tardi.
    Troppo tardi per firmare, troppo tardi perchè Vik era già morto, ucciso ancor prima che scadesse l’ultimatum dei suoi rapitori.
    “Restiamo umani” era il suo blog, commoventi i suoi scritti: Stay Human, a conclusione di ogni intervento su http://guerrillaradio.iobloggo.com/
    Folgorato dal barbaro embargo che Israele imponeva agli abitanti della Striscia, Vittorio viveva ormai a Gaza da tre anni, scortava nel mare i pescherecci, sfidava il blocco navale. Era palestinese persino nel passaporto concessogli da quella terra, dove la cecità dello Stato israeliano è paragonabile a quella dei Paesi fratelli di quel popolo, che a parole ma non con i fatti lo aiutano.
    Finte democrazie arabe; in realtà in quasi tutta l’Africa e dintorni, sia pure con eccezioni, il potere è oggi dei militari, ed erano fino a ieri in vigore regimi autoritari fondati sulla forza, come in Egitto con una “democrazia socialista” presidenziale, eletta a suffragio universale da decenni. (Corriere della Sera, Giovanni Sartori, 15/4)
    Non si può certo dimenticare come vivono i palestinesi nelle altre terre arabe, confinati da decenni in quartieri ghetto e campi profughi. Un popolo scomodo: non sono tanti quelli riusciti ad affrancarsi da una sorte segnata.
    L’Onu, l’ Europa, il pontefice esprimono condoglianze per la morte di Vik, che non risultano pervenute dalla Lega Araba, mentre in Egitto per Vittorio funerali di stato, dopo le tante manifestazioni di solidarietà da parte dei palestinesi per l’amico, che condivideva le loro difficoltà.
    L’ultimo scritto di Vik è del 13 aprile, per comunicare la morte di quattro palestinesi nel crollo di uno dei tunnel della sopravvivenza, che servivano a far passare viveri e ogni bene di prima necessità ai palestinesi. Nel suo racconto per PeaceReporter riassume i bombardamenti, le violenze, le uccisioni, un bollettino di guerra atroce e infinito: tanta pietà per i bimbi palestinesi, ma nessun accenno ai bambini israeliani trucidati da un palestinese in Cisgiordania il 12 marzo insieme ai loro genitori.
    Non giovano alla causa della pace le parole della madre: “Israele non l’ha voluto da vivo. Non avrà il mio Vik da morto”, ribadendo il suo desiderio di far passare dal valico di Rafah, dalla parte egiziana, la salma del figlio e non da Israele.
    Così la risposta all’appello dello scrittore israeliano Etgar Keret comparso sul Corriere della Sera il 17 aprile: “La madre ci ripensi. La nostra Terra merita speranza..Così quest’ultimo viaggio diventa simbolo dell’odio”. Purchè restiamo tutti umani.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 297: SOCIETA’ – Chi c’è in piazza oggi?

    http://www.ilnostrotempoeadesso.it corre in Rete e su Facebook, così giovani e precari si sono dati appuntamento in tutta Italia sabato 9 aprile 2011 per invocare un’attenzione che non c’è, o è soltanto di facciata.
    Quattro milioni i precari secondo Cgia (Associazione artigiani e piccole imprese di Mestre), quasi un terzo i ragazzi disoccupati: dati detti e ridetti, ormai vuoti slogan, mentre settantamila sono gli italiani under 40 partiti l’anno scorso per l’esetro, dice l’Istat.
    Anche il cardinale interviene per invocare che “il lavoro precario sia una fase transitoria”.

    Pisa – Foto Alisia Poggio

    A Firenze 300 ragazzi hanno preso a calci un simbolico muro, quello della precarietà; a Roma si è occupata una sede dell’Inps e aperto uno sportello, serve un altro welfare, mentre alcune nonne avevano fatto un sit in al grido “Che fine farà mio nipote quando non ci sarò più?” (La Repubblica – Roma, 31 marzo).
    E’ un grido di dolore che attraversa l’Europa, come titola il 5 aprile El Pais “la Juventud sin futuro”: in Grecia, Portogallo, Spagna, Italia, Inghilterra, dove si aumenteranno pesantemente le tasse universitarie. “la movilización es indispensable. El mundo árabe nos demuestra que la victoria es posible”, dicono i ragazzi di Madrid. L’esempio non conforta, per ora.
    In Italia per fortuna, il nostro premier dedica particolare attenzione ai giovani, una bella prova al Campus Mentis per la premiazione dell’eccellenza universitaria, in cui sfoggia barzellette da caserma, fra risatine e gelo dei ragazzi dallo sguardo fermo: che cosa penseranno?
    Al diavolo tutti, me ne vado da qui.
    http://www.vivoaltrove.it è il blog dove si raccolgono le testimonianze e i link di italiani, tanti, che vivono all’estero: Claudia Cucchiarato, una ragazza di Treviso che vive e lavora come giornalista free lance da cinque anni a Barcellona, ne ha raccolto le voci nel libro “Vivo altrove”, da cui è nato il sito.
    Sono il 29,2% i giovani della popolazione italiana, al di là del Mediterraneo sono il 50% e si dice che i nostri giovani siano schizzinosi per alcuni lavori, è infatti aumentato il lavoro per gli immigrati. Ma che lavoro è? Manuale, intellettuale, specializzato o no, di certo è un lavoro che spesso non tutela i diritti del presente e del futuro.
    Tanti cortei colorati, occhi frementi, voci vibranti, immagini flash in tv e soltanto alcune migliaia alle manifestazioni in tutta Italia.

    4 aprile 2011, malinconia a S. Lorenzo – Foto Paola Pierantoni

    A Genova, tra musiche di tamburi assordanti, in piazza S.Lorenzo erano srotolati sulla scalinata gli striscioni del Gaslini, dell’IST, dei precari scuola Liguria e il rosa di Se non ora quando, ma i giovani erano davvero pochi.
    Presente il segretario quarantenne del Pd, immancabile sigaro.
    Ci si chiede come mai così in pochi, magari la bella giornata, piace più il mare della piazza: forse non si sarà mobilitato abbastanza e poi è una città di vecchi.
    – E’ il comitato organizzatore che ha voluto una manifestazione apartitica …
    E allora?
    – Ma i “giovani democratici” hanno aderito ugualmente.
    Meno male, però paiono presenti più i genitori dei giovani democratici e comunque non è una buona ragione per non messaggiare, per non attivare gli iscritti, i simpatizzanti via mail, visto il tema.
    Chiuso appassionatamente l’argomento e sorriso sornione.
    A pensar male… non volete che ci si metta il cappello? Allora pedalare.
    Nessuno ricorda più il fiasco dell’emendamento Tabacci presentato a fine novembre, che proponeva di destinare per quest’anno i fondi dei partiti agli stipendi dei ricercatori (Corriere della Sera del 1 dicembre 2010). A votare compatti contro 25 deputati di futuro e libertà, udc, mpa, insieme a pdl, lega e pd, mentre 20 si sono astenuti: giammai un euro dei “loro” ai precari.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 296: CITTA’ – Nuovo Puc, se il Parlamento docet

    Mercoledi 30 marzo, terzo incontro sul nuovo Piano Urbanistico di Genova.
    Non c’è la campanella ma servirebbe tanto. La sala rossa del consiglio comunale sembra un’aula scolastica, pochi al loro posto, tanti in piedi, gruppetti a chiacchierare. Invano il giovane presidente apre i lavori, i più indisciplinati non demordono, specie i senior. Comincia così la seduta della commissione urbanistica sul Puc, i timori si rilevano fondati, anche oggi si segue un rituale già visto per le proteste dell’opposizione, che si tramutano in liti aperte, attacchi personali, intimazioni a chi presiede. Durano quasi un’ora le intemperanze e alcuni della maggioranza sgattaiolano furtivi, hanno già fatto presenza.
    Il motivo del contendere è l’indisponibilità di materiale “cartaceo”, ovvero il documento del Puc è soltanto su dischetto e più consiglieri asseriscono di saper usare poco il computer.
    Al massimo la posta si borbotta e poi al grido di “non ci si può permettere! Ma qui ci prendono per … ” si sottolinea che il regolamento espressamente prescrive che va fornita documentazione comprensibile.
    “Il Puc non è ancora quello definitivo e quindi inutile stamparlo” si ribatte in un vociare fastidioso.
    Ecco infine la sindaco, trafelata, che spiega essere appena arrivata da Milano per la presentazione ufficiale di Euroflora, che si terrà a Genova e quindi altri buuh, contiamo meno di Busalla.
    Un po’ d’ordine, siamo qui per lavorare, si devono ultimare le spiegazioni: frettolose e schizofreniche, soprattutto per chi non ha nemmeno visionato il dischetto.
    L’oggetto del contendere è invero “corpulento” : centinaia di pagine di scritto e tavole a colori.
    A stamparlo per gli addetti (consiglio comunale, nove municipi, associazioni, Confindustria, ordini architetti e altri ancora) si presume un costo di migliaia di euro per cui: i volenterosi lo studino a computer, mentre l’unica corposa copia cartacea è consultabile presso l’ufficio di presidenza.
    A quel punto ci si chiede perchè non fare un bel corsetto di uso minimo del web o se invece non sia questo un modo per non proseguire i lavori, pur riconoscendo che un po’ di ragione chi protesta la possiede. Cartine, tabulati , obiettivi, sistemi, insomma un “tomo” così puntuale e preciso, davvero impegnativo per chi non è del mestiere.
    Confusione voluta, mania di grandezza, eccesso di precisione?
    Il Puc è comunque ambizioso con sfaccettature accattivanti come l’idea dell’acqua che accomuna i sistemi territoriali, in cui viene suddivisa Genova e dintorni, non più l’abitato del mare soltanto, ma lo spazio di collina e le sue vallate
    Certamente il “piano” risulta positivo per l’inserimento a livello europeo della città-porto e quindi giusto considerare infrastrutture, corridoi di mobilità nel contesto globale, insieme all’aspetto demografico, pur se quello socioeconomico appare sotto traccia. Si devono però fare i conti con l’Europa e anche con Autorità portuale, ente Fiera, Autostrade e insieme agli obiettivi, il verde, il piano energetico, l’aspetto geomorfologico, il costruito, gli spazi vuoti, i servizi,le aree dismesse o produttive….e se si va al succo del discorso, cioè che cosa ne sarà di un’area, ci si perde.
    Troppa frammentazione, non sembra un piano fatto per i cittadini. Sarà autentica, eppure sfugge, la proclamata reale attenzione per il territorio, sarà campo di caccia per dispute leguleie.
    Ad esempio l’ex ospedale di Quarto è inserito sia negli “obiettivi” come “parco tecnologico-scientifico” (“meraviglia, pensi, forse faranno un campus, visto che l’università dismette per far cassa …), sia nei “sistemi di trasformazione di aree”, e qui se ne parla come “insediamento residenziale integrato con un polo per atti direzionali e ad alto contenuto tecnologico del levante”. Ma non si sta già facendo il polo degli Erzelli a ponente? Forse un’ipotesi per Abb o Ericsson, o una vaghezza?
    “Una città che guarda al futuro con il nuovo Piano Urbanistico Comunale e la candidatura europea a Smart City, un progetto per migliorare la qualità della vita dei genovesi attraverso uno sviluppo economico rispettoso dell’ambiente” secondo Richard Burdett, l’archistar londinese, artefice del Piano, “perchè Genova ha tre qualità fondamentali: compattezza territoriale, al di là delle ovvie difficoltà di trasporto, una felice posizione geografica verso sud che può consentire di sfruttare al meglio l’energia solare e forte connessione tra il tessuto economico e sociale”. Sic, speriamo bene alla prossima seduta e non solo.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 295: UNIVERSITA’ – Auguri Mohamed

    In controtendenza con il resto d’Italia l’Università di Genova aumenta gli iscritti del 5% ma la Facoltà di Ingegneria dimagrisce per effetto della riforma Gelmini, pur aumentando del 10% le matricole.
    Diminuiscono non gli alunni ma i professori, ne mancano oltre sessanta fra pensionati non più sostituiti e mancate assunzioni: chissà se la sentenza del tribunale di Genova farà testo ora che il Ministero della P.I. è stato condannato a risarcire i precari poiché di fatto “Sussiste un fabbisogno certo e non episodico della prestazione”, visto che i docenti anno dopo anno vengono riconfermati nell’incarico (Il Sole 24 Ore, 26 marzo).
    Anche i corsi si riducono, alcuni rischiavano di sparire, non raggiungendo il quorum dei cento iscritti, come elettronica ad esempio, e così sono stati accorpati. Si darà maggior spazio alla tecnologia dell’informazione insieme all’elettronica: forse non sarà studiato il caso Mediaset con meno spettatori e sempre più pubblicità. Si istituisce una laurea in yacht design a La Spezia, di cui ne esiste soltanto un altro esempio a Southampton, forse perché sono aumentati i ricchi vogliosi di mega-imbarcazioni, pur essendo in crisi il mondo, cantieri compresi.
    Già funzionano corsi in inglese a Savona per l’energia, e a Genova per la robotica.
    Insomma una proposta culturale nuova per internazionalizzare l’offerta e attrarre studenti dall’estero perché è proprio all’estero che i nostri laureati piacciono e anche le nostre lauree.
    Auguri ragazzi, intanto facciamo il tifo per Mohamed Z., cittadino marocchino, che si laureava in questi giorni nella triennale di Ingegneria Meccanica. Non era partito bene cinque anni fa e al primo corso aveva copiato un compito di disegno, mettendo nei guai un altro studente: compagni e professore però avevano capito e lui, che masticava un franco-italiano stentato, è arrivato al traguardo. Chissà se continuerà gli studi, se rimarrà in Italia, magari tornerà al suo paese e cercherà di essere parte attiva di quel mondo, che ha tanto bisogno di tutto. Ma c’è un futuro là per chi ha fatto tanti sacrifici per studiare?
    Ci consolerebbe sapere che dall’Occidente potessero arrivare nel Nord Africa in tumulto, giovani preparati per aiutare il proprio paese, nuovi cittadini che sappiano far progredire queste giovani società.
    La colpa più grande dell’Europa è quella di non aver aiutato le sue ex colonie a formare nuove classi dirigenti, a rafforzare il tessuto sociale, la cultura del diritto e delle tecnologie: comodo il rais di turno.
    Faticosamente istruzione e cultura si sono fatti strada e con la Rete si è fatta la rivoluzione.
    Troppe le diseguaglianze, la povertà e l’anelito di democrazia.
    Certo viene alla mente il ricordo di un altro Mohamed, disoccupato, ambulante occasionale per sopravvivere, datosi fuoco in Algeria perché la polizia aveva distrutto il suo carretto di merci. Mohamed Bouaziz era laureato in economia.
    (Bianca Vergati)