OLI 300: AMBIENTE – Alcune chicche del Decreto Sviluppo

L’Ucina, Unione nazionale cantieri navali ed affini con sede a Genova, ha spiegato che, fra le misure varate dalla “frustata “ epocale del Decreto Sviluppo, assume un particolare rilievo la destinazione al diporto delle aree inutilizzate dei bacini portuali esistenti perché “consentirà di ricavare 40.000 posti barca nel rispetto dell’ambiente e 10.000 nuovi posti di lavoro nei servizi”.

Ancora l’associazione plaude all’eliminazione della licenza edilizia per i pontili galleggianti, “una inutile duplicazione [!] della concessione demaniale, che fino a oggi ha privato l’erario dei corrispondenti oneri demaniali”.
Un bel pontile non si negherà più a nessuno, ma l’accesso all’arenile è salvo, precisa il ministero.
Giusta la preoccupazione per i livelli occupazionali, davvero sfacciata la dichiarazione sul mancato gettito per un comparto dove si registra da sempre una delle più alte percentuali di evasione fiscale.

In quanto ai porticcioli, solo per citare la Liguria, basta fare un giro lungo la costa…

Perfino la Regione, che ne ha incentivato la costruzione a gogò, dichiarava pochi mesi fa che “era tempo di una pausa”.
Sempre in tema di mare, un evviva anche al “diritto di superficie” di novant’anni su aree demaniali, ovvero chi detiene una concessione balneare se la potrà tenere e nessuno potrà contendergliela: quasi un decreto imperiale per un bene di famiglia, per di più fatto apposta per eludere la normativa europea – che vuole gare d’appalto in libera concorrenza – e studiato per sottrarre quanto appena concesso dal federalismo demaniale. Pure se fa l’occhiolino agli enti locali, visto che il corrispettivo canone sarà

versato loro in parte, calcolandolo sui valori di mercato secondo nuovi studi di settore. Indubbia la necessità di disciplinare, ma sarebbe stato sufficiente ad esempio bandire la gara tenendo in giusto conto l’occupazione e gli investimenti già effettuati. E partire da qui per l’appalto.

Così i gestori esultano per il regalo, a contestare i canoni ci penseranno dopo, come hanno sempre

fatto, non paghi dell’esenzione dallo scontrino fiscale “per attività connesse”. Un giro d’affari stimato in 16 miliardi dall’agenzia delle entrate contro i 2 miliardi dichiarati dai gestori, mentre lo
Stato incassa 108 milioni di euro di canoni: 18 milioni di mq occupati, uno stabilimento ogni 350 metri a 50 centesimi al mese per metro quadro, 900 chilometri di costa sottratta alla libera fruizione, un quarto di costa nazionale (La Stampa, 7/5/2011).
Di mettere ordine c’era effettivamente bisogno in un business per pochi con evasione fiscale al

massimo. Grazie alla direttiva europea i comuni si apprestavano a gestire in via diretta territorio e introiti e a riorganizzare finalmente più spiagge libere.
“E se un comune che volesse realizzare un porticciolo si trova davanti un circolo con sessanta posti barca che si tiene per un secolo?” si domanda non senza ragione dal suo punto di vista l’assessore al bilancio della Regione (Il Secolo XIX, 6/5/2011). Ancora.
Il provvedimento servirà ottimisticamente anche a scovare i furbi monelli, prevedendo

l’emersione dei “chioschi-fantasma” e il conseguente accatastamento-legalizzazione delle

edificazioni non censite sulle spiagge, come la milionata di case-fantasma insegna. Pare infatti nebbia fitta e ricorsi probabili per l’Agenzia delle entrate, scaduti ora i termini per le case suddette: incombe ad esempio un regio decreto (652/’39) che prevede la dichiarazione di abitabilità entro 30 giorni rilasciata dal Comune per emettere la rendita catastale. Ma se il Comune non ha certificato l’immobile che cosa può dichiarare e quindi tassare? (Il Sole 24ore, 4/5/2011). Potenza della normativa.
Non dalle associazioni ambientaliste con il loro appello al Presidente della Repubblica a non firmare, ma da più parti si sottolinea che nessun vincolo urbanistico o paesaggistico viene

rimosso, che si dovrà valutare con attenzione se ci sia libertà assoluta ad edificare con il silenzio-

assenso esteso quasi a tutto e così il sacco delle spiagge, se ci sarà, dovrà contare sulla complicità
di comuni, regioni, agenzie del demanio. E non tranquillizza certo che a costituire il diritto di superficie debba intervenire un atto degli enti sopracitati. Resta il fatto che per la prima volta s’introduce un regime di natura privatistica nel regime demaniale che è di natura pubblicistica. In barba all’articolo 9 della Costituzione e ad ogni altro diritto dei cittadini su beni pubblici.
(Bianca Vergati)