Categoria: Bianca Vergati

  • OLI 279: GASTRONOMIA – Ministro da tartufi

    Murisengo, piccolo borgo in Valcerrina, Casale Monferrato, domenica 14 novembre. Il centro storico è un fiorire di bancarelle di leccornie locali, dal formaggio al vino. Tanti passanti curiosi. Intorno aleggia un certo profumo, non per tutti piacevole: arriva dal palatartufo.
    Agli stand tanti cacciatori-tartufai, dall’aria mite e furba al contempo, che elogiano il loro bottino, offrendo “affari d’oro”. Al limite del paese si forma ad un tratto un grande ingorgo, è l’ora di pranzo e qualcuno comincia a sbuffare, a suonare il clacson, ormai tutte le strade sono bloccate. Un nugolo di volontari della Protezione Civile dirige il traffico.  La Protezione Civile, non la Polizia Municipale. Che cosa è successo? Nessuna catastrofe: il ministro Bondi sta per arrivare, è atteso al ristorante e i volontari si stanno prodigando affinché il Ministro arrivi puntuale a pranzo.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 277: CULTURA – I Beni pubblici e i cittadini

    “Il crollo di Pompei è una vergogna per l’Italia”, così il Presidente della Repubblica . Un dispiacere immenso per coloro che ancora credono nel valore dell’arte, della cultura, del patrimonio del nostro Paese e che stiamo dissipando inesorabilmente.
    Quanti turisti hanno calpestato quei ciottoli, quelle stradine, immergendosi nella Storia, arrivando da ogni parte per vedere quei resti che parlano non soltanto di noi e di quello che siamo stati, ma che parlano al cuore di tutti gli uomini e del loro cammino.
    Da anni si lamenta la fragilità delle nostre vestigia. Per colmo si è in talune circostanze pensato che il territorio che aveva la fortuna di esserne il sito potesse custodirli meglio: ecco nato l’Ente dell’autonomia di Napoli e Pompei ed ecco i risultati. Ora si parla di mancanza di risorse, pure il Ministro pigola di zero fondi per la cultura, benchè si fosse provveduto ad ingaggiare addirittura un grande manager per riorganizzare i Beni culturali. E se il giovane sindaco che ribadiva tempo fa “gli Uffizi sono in primo luogo di Firenze” poteva avere le sue ragioni, visto che il ministero ne rivendicava la gestione, non si può negare una questione fondamentale: gli Uffizi, come Pompei sono un bene di tutti. Quindi tutela e controlli ad oltranza e non solo di competenza locale.
    La Commissione Rodotà provò fra il 2007 e il 2008 a mettere ordine sulla legislazione dei beni pubblici, dispersa in mille rivoli di leggi, leggine e classificazioni formalistiche. Come? Usando la Costituzione, “Poiché il regime giuridico dei beni pubblici costituisce il fondamento economico e culturale più importante per la realizzazione del disegno di società contenuto nella Costituzione stessa” (dal saggio“ Beni pubblici : dal governo democratico dell’economia alla riforma del Codice Civile”a cura di Ugo Mattei, Edoardo Reviglio, Stefano Rodotà). Vi sono perciò “beni comuni” che si sottraggono alla logica proprietaria tanto pubblica quanto privata per metterne al centro la fruizione collettiva. Beni ad appartenenza pubblica necessaria, che appartengono alla stessa essenza di uno Stato Sovrano: tutti fanno sempre parte del patrimonio per così dire “liquido” di tutti noi. Tutti i cittadini italiani sono titolari di beni pubblici, quasi un portafoglio collettivo di proprietà lo si potrebbe definire.
    In luogo di questa concezione, che rispetta Costituzione e interessi collettivi, si è intanto varato iI federalismo demaniale, cioè lo Stato cede agli Enti locali quasi ventimila unità del proprio demanio per un valore “nominale” di tre miliardi di euro: forti, caserme, isole e catene montuose come le Dolomiti, patrimonio Unesco.
    Il trasferimento comporta che una parte di questi beni diventerà immediatamente vendibile. Un’altra porzione resterà al Demanio locale, inalienabile soltanto sulla carta, ma la legge ne prevede comunque una forma strisciante di privatizzazione.
    E già ne abbiamo un classico esempio con la gestione delle spiagge.
    “Alienarli per produrre ricchezza a beneficio della collettività territoriale”, cita la legge, cioè non di tutti gli italiani, nel cui portafoglio collettivo i beni erano prima della legge Calderoli. All’interesse collettivo si è opposto un progetto, che borseggia il portafoglio della cittadinanza tutta e lo ridistribuisce ai governi locali come un salvadanaio di terracotta da fare a pezzi.
    E visto lo stato disastroso delle finanze locali ciò significherà svendere: meglio che lasciarli andare in malora si dirà. Ma se la gestione autonoma significa lo scempio della Valle dei Templi o Pompei auguriamoci che non si proponga un federalismo dei beni culturali.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 276: SOCIETA’ – Ma il sole delle Alpi non riscalda tutti

    Le borse di studio solo ai piemontesi, e per chi arriva da fuori paghino le regioni di appartenenza”, annuncia in un video postato su yotube il governatore del Piemonte Cota.
    “Si deve sostenere i propri giovani”. Aggiunge il presidente leghista. Così il Piemonte, che con la Liguria e altre nove regioni garantiva al 100 % borse di studio agli studenti meritevoli, ribalta vent’anni di legislazione del diritto allo studio. La percentuale degli studenti fuori sede, ovvero italiani o stranieri, è del 35% per il Politecnico e più o meno la stessa quella dell’Università, un record che ha permesso di piazzarsi fra i primi atenei per capacità attrattiva: una fucina di talenti che non sembra importare al governatore (tanto presenzialista Tv, che già qualcuno comincia a chiedersi quando lavori per la sua regione). All’Edisu, l’ente per il diritto allo studio, i 7 milioni per il 2011 a fronte dei precedenti 25, poi ridotti a 17 del 2010, non copriranno probabilmente né borse di studio, né residenze per il futuro. (La Stampa del 24/10/2010)
    Anche se per quest’anno niente allarmismi, la musica dovrà cambiare “. E’ sempre Cota che parla. I tagli del governo sono rasoiate su tutta l’Istruzione. Su La Repubblica del 2/11/2010 si evidenzia il caso con “Addio alle borse di studio, tagliato il 90% dei soldi”, ma il criterio piemontese che si vuole adottare, pare contrario alle linee delle migliori Università nel mondo e le notizie sugli exploit di geniali talenti evidenziano molto spesso studi in un Paese non d’origine.
    Aiutare i ragazzi è una cosa seria, che siano i “propri” o no.
    Molti in Italia vi s’impegnano, volontari o per lavoro e con modesti salari, dagli insegnanti agli operatori sociali, dai centri culturali, a quelli sportivi di periferia, ai gruppi scout, alle comunità. Si aiutano giovani italiani e stranieri a misurarsi con le difficoltà, ad andare avanti nella vita, a sostenere chi vorrebbe farcela a scuola. Laici o credenti, lavorano in tutt’Italia da nord a sud per chi è del Sud o del Nord dello stivale, lanciando oltre lo sguardo, pensando all’arricchimento, alle messi che possono scaturire da giovani germogli, anche diversi tra loro: grazie alla contaminazione l’umanità si è evoluta.
    Poi spetterebbe alle Istituzioni supportare tutto ciò, destinando risorse a queste attività. Finanziando tra l’altro anche le borse di studio.
    Strane concezioni girano nel Governo, dal presidente del Consiglio che aiuta ragazze che hanno bisogno (senza distinzioni di provenienza), a chi vuole giustamente sostenere i propri giovani nello studio e nel lavoro, racchiudendoli però in un nazionalregionalismo posticcio di tutela, quasi un Dop. Impera dunque una cultura di preselezione, che dipende da strambi fattori. Un gioco dell’oca quasi crudele e iniquo: un passo avanti chi ha gambe belle e fianchi morbidi, un passo avanti se si è nati là piuttosto che qua.
    E’ vero lo spazio s’è ristretto ma un posticino piccolo magari c’è per tutti, così aveva imparato e sapeva pure la razza padana, quando dal Nor-Est si andava all’estero per poter mangiare. Dove oggi, secondo il rapporto Caritas sui migranti, calano maggiormente gli occupati stranieri, magari gli iscritti all’Inail, mentre si registra un nero per un’evasione nel Triveneto, che arriva a 7,5 milioni (Sole 24 ore Nord est del 27/ 10/2010). Nel Nord-Ovest un lieve aumento dei lavoratori immigrati, impiegati in mansioni non qualificate, anche se pure a Genova si è dato il via ai rimpatri assistiti: biglietto pagato e 400 euro per gli stranieri che se ne vanno come indennità di prima sistemazione e ulteriore supporto finanziario fino a tremila euro da erogare in patria.
    La crisi colpisce sempre di più, restano i capofamiglia, uomini o donne che siano e capita che bambini e ragazzi debbano tornare nel proprio paese d ‘origine, dopo anni di vita e di scuola in Italia. A Torino e provincia è diminuito il numero di stranieri iscritti a scuola, sarà contento il Governatore, risparmierà sulle borse di studio. Eppure “il sole delle Alpi” non riscalda tutta la razza padana, non tutti sono il nord che si fa trasformare in Padania.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 275: CITTA’ – Box a gogò

    Madame le Parking, così Jean Nouvel, quello del padiglione blu della Fiera, definì l’architetto Teresa Sapey, per il suo garage alla Puerta d’America di Madrid, hotel su 15 livelli, ciascuno dei quali disegnato da architetti di brillio internazionale. Il lavoro più bello e innovativo per un modello urbano sostenibile, parcheggi interrati per far sparire le auto dalle strade ed usare i mezzi pubblici. (Corriere della Sera, 17 ottobre 2010).

    Forse vorrà aspirare a quel titolo la sindaco di Genova, viste le ultime uscite del suo Urban Lab. A Il Secolo XIX (22 ottobre 2010) il numero uno dell’Urbanistica comunale, l’architetto Tomiolo, ha infatti annunciato essere pronto il Comune a modificare le regole per i box pertinenziali, ovvero quelli costruiti su suolo comunale e venduti a prezzo agevolato con bonus vari come per la prima casa – di pertinenza soltanto non più a trecento metri da casa ma nell’ambito di tutto un Municipio. Quindi a distanze anche dieci volte superiori, cioè ci si compra un box a prezzo agevolato a Staglieno, pur abitando a Marassi. Sottocasa insomma, comodo e utile per sgombrare la strada dai veicoli, che era poi la vocazione a cui avrebbe dovuta ambire tutto questo fiorire di costruzione di box. I potenziali clienti acquisterebbero in diritto di superficie per novant’anni i garage ricavati sulle aree pubbliche: una ” forma d’investimento” per i cittadini, bontà loro. E il Comune in prospettiva potrebbe renderli commerciabili senza vincoli, incassando i relativi oneri, viste le vacche magre. Che importa se di fatto la macchina poi la lasci sul portone e ingombri la strada ugualmente.
    Proposta sollecitata da alcune imprese edili in crisi di vendita in certe zone cittadine. Non parliamo di eccesso di offerta – ci si affretta a chiarire, tanto più che i costruttori premono per il via libera a nuovi progetti, in posti di gran pregio però, dove si vende dai centomila euro in su e pazienza se poi resta dell’invenduto.
    Lasciare spazio ai passanti, ai passeggini, alle bici, a chi semplicemente vuol fare quattro passi a piedi, avere diritto al proprio spazio, vivendo in una città “gentile” e rispettosa. Anche a questo servono i parcheggi, che invece paiono diventati le slot machine delle entrate comunali, in questi anni costruiti a migliaia.

    Perché se da un lato sembra che di box ne avanzino, dall’altro pare non si finisca mai di progettarne: 3500 sono in totale i park pertinenziali conteggiati da Il Secolo, mentre altri 1500 potrebbero avere l’avvio con le nuove interpretazioni.

    Il giornale ne cita due anche di Nervi (via Oberdan e via Casotti) per un totale di 150, mentre con il parcheggio delle Streghe, quello dietro la chiesa, via Donato Somma, via Capolungo, più di 700 box sono in costruzione nella zona. Altri 2mila sono previsti in città con il project financing.
    In giro però molti cartelli con su scritto vendesi box, lì come in tutta Genova.
    Ma – per una città più verde – non si doveva scoraggiare l’auto, incentivare il trasporto pubblico? Si permette invece di tirar giù alberi, giardini-parco, case antiche, come villa Margherita a Nervi, per far posto ai parcheggi. Dunque come mai si costruisce, con il rischio di non vendere? Quante auto, barche, case vorrebbero che ci si comprasse? In cambio di verde, territorio e costa spariti per sempre.

    Il fatto è che di quattrini ce ne sono comunque, in mezzo a tanta crisi, magari qualcosa di troppo: lo “scudo” ne ha liberati parecchi. Intanto gli edili minacciano a livello nazionale una pesante protesta, si lavora poco, in realtà non si edifica il necessario.
    Eppure l’allarme lanciato dalla magistratura, persino dalla Confindustria dovrebbe far riflettere: sarebbe giusto indagare fino in fondo su chi sta investendo e con quali soldi si costruisce in Italia e in Liguria, una regione che ha perso migliaia di abitanti. Di certo non se lo stanno chiedendo gli enti locali, troppo occupati a monetizzare per il nostro bene.

    Via Capolungo, scavi.

    Via Capolungo, prima degli scavi.

    (Bianca Vergati)
     
  • OLI 273: LAVORO – Salviamo le Cinque Terre anche da Trenitalia

    Salviamo le 5 Terre anche da Trenitalia. La tempestività con cui le Ferrovie, a ridosso degli scandali, hanno sospeso il servizio di biglietteria, presso i point gestiti direttamente dall’Ente Parco, lungo le stazioncine tanto amate da centinaia di migliaia di turisti, lascia esterefatti. Ora hanno inviato, dicono, una task force, ovvero il loro personale viaggiante che a ciglio dei binari garantirà il servizio di emissione biglietti. Circa un milione di euro di credito vantano le Ferrovie verso l’Ente Parco, quelle Ferrovie che ogni giorno dell’anno fanno impazzire i pendolari.
    Un acuto dispiacere credo abbia pervaso i cittadini per quanto è successo in quella parte di Liguria ormai famosa come Portofino, anzi di più, tra ragazzzi stranieri che arrivano qui apposta e non scendono nella piazzetta dei vip.
    Perchè apre il cuore, suscita speranze, l’allegro e incessante viavai
    di turisti che salgono, scendono per stradine, sentieri, sciamano per i vicoli dei borghi. Sono famiglie con bambini, adulti, gente di ogni età, scuole, ma soprattutto è tanta gioventù. E molti sono stranieri, vengono da ogni parte del mondo, è un tamtam sulla rete, fra Facebook, un passaparola in Erasmus a visitare quel lembo di terra italiana , patrimonio dell’Unesco.
    Funzionava tutto nel Parco, nonostante un sottobosco di innominabili, che ha distrutto una dei vanti della nostra Regione e su cui la magistratura doverosamente accerterà. Perchè intanto FS mette in crisi una gestione davvero accogliente, fatta da 200 ragazzi premurosi ed affabili? Ora da Trenitalia spiegano che è una sospensione temporanea, in attesa che venga saldato il debito, meno di un milione di euro. Proprio le Ferrovie che hanno passivi e disservizi vergognosi e qui hanno un giro di tre milioni di passeggeri.
    Al di là degli scandali, malinconici spettacoli per noi cittadini, stanchi, ammutoliti e preoccupati dal presente e dal futuro, salviamo le 5 Terre. E con loro quei 200 ragazzi che ogni giorno, sabato e domenica sempre, vi lavorano, rispondono gentili, sorridenti ad ogni dubbio del turista. Ora rischiano seriamente di essere lasciati a casa, in una Regione già così martoriata per l’occupazione.
    Saprà intervenire la politica, anche se si sa le risorse sono poche? Sono lavoratori anche loro questi ragazzi, che non hanno ammortizzatori sociali, solo alle spalle famiglie senza più parole e speranza.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 271: CITTA’ – Panorami cittadini aspettando il Salone Nautico

    Fra tre giorni si aprirà il Salone Nautico che, quest’anno, compie 50 anni, ben portati , anche se un po’ in defaillance ultimamente, complice la crisi. Il 2010 però sarà edizione di fasto e in fondo quella confusione, quegli ingorghi , anche se il traffico fa imbufalire, inorgogliscono i genovesi. Che una volta l’anno si sentono importanti, ascoltano stupiti tante lingue e si fanno in quattro per fornire spiegazioni, aiutare i turisti stranieri ad arrivare alla meta.
    Anche la città si mette in ghingheri, si è lavorato pure i festivi per mettere in ordine parte delle aiuole che conducono alla Fiera e così piazzale Kennedy è stato, si fa per dire, ripulito almeno da reti con materasso annesso e motorini con targa abbandonati. Chapeau all’Amministrazione (finalmente!).
    I visitatori, che solitamente parcheggiano verso Boccadasse, ammirano beati, se il tempo è generoso, quella meraviglia di passeggiata che è Corso Italia.
    Peccato che non riescano a mettere piede in riva al mare. Tutto sbarrato da una fila di stabilimenti balneari che chiudono inderogabilmente il 15 settembre e per calpestare la riva del mare bisogna e si consiglia d’arrivare sino al Borgo perché l’altra spiaggia libera, due in tutto su chilometri di percorso, è quella di S.Giuliano, interdetta comunque da una cancellata. Questione di sicurezza, l’ha voluta il Municipio: barboni, drogati, extracomunitari. Ma una volta non si andava in spiaggia ad amoreggiare, a “veder le stelle”? Ricordi lontani, desueti.
    Eppure esiste un’altra spiaggetta libera, è vicino alla Fiera, confina con il grande piazzale, alle spalle di Giacomo, un tempo ristorante di fasto, accanto a malinconiche, scalcinate, giostre per bambini. Verso il mare una casetta prefabbricata, recintata pulciosamente: chi gli avrà dato il permesso di costruirla? Accanto, un po’ arretrato, nascosto da cespugli, un fatiscente fabbricato, concessione demaniale anch’esso, dove qualche pensionato prende il fresco d’estate, puzzolente in questi giorni perché hanno fatto le acciughe sotto sale.

    E poi, voilà la spiaggia! Vecchie barche abbandonate, materassi e reti annesse, sedie rotte, pezzi di giostre, copertoni, cartacce, bottiglie, sacchetti, piatti, bottiglie di plastica: dappertutto spazzatura, un bel biglietto da visita della città. Un’immagine d’inciviltà, di non rispetto per un bene di tutti.
    Un tratto di concessioni demaniali, i cui titolari reclamano più che giustamente l’intervento pubblico, ma non sentono pure loro il dovere di tener pulito intorno senza incolpare i soliti giovani, i soliti drogati, i soliti stranieri?
    Insieme ai volontari di Legambiente sabato mattina, 25 settembre c’erano anche Gemma, una bagnante e Carla, a passeggio, capitata lì per caso: volentieri hanno accettato guanti e sacchetto e hanno raccolto il possibile, accatastando legna e una ventina di sacchi, sotto lo sguardo scettico e incredulo di tanti curiosi nullafacenti. Anche se poi qualcuno ha ringraziato.
    Intanto chissà se l’Amiu è andata almeno a portare via la rete del letto.
    (Bianca Vergati)





  • OLI 270: DIRITTI – Se giocare non a tutti è permesso

    S’indovina il tramonto nello sfavillio tra i rami mossi da una una brezza leggera, ma il sole non arriva nel giardino silenzioso e ombreggiato, mentre voci e risate lontane giungono sommesse: è la Casa-rifugio del Sacro Cuore vicino al Gaslini, estremo riparo per giovani vite e le loro famiglie. Alberi ombrosi e campetto da gioco sono luoghi che le poche e non più giovani suore superstiti hanno riservato ai piccoli malati molto gravi, qui si gioca e si scherza, quando c’è la forza e il coraggio, con un pallone o il barbecue.
    La “casa madre” di Lucca ha però deciso diversamente per questi spazi aperti che spariranno, mentre al loro posto sono previsti una palazzina a tre piani e 37 box. Tutto è nato dal muraglione di cinta sbrecciato da riparare, e poi si sa che parcheggiare per quelle strette vie inerpicate è da sempre complicato: ecco dunque l’offerta imperdibile per l’istituto religioso in tempi di crisi. Dismettere e realizzare. Corre voce a fin di bene, s’intende. Perché a quanto sembra il nuovo edificio resterà con la stessa funzione, ossia accoglienza e suorine, le quali invece sussurrano non esserci tutta questa necessità, a Dio piacendo, perché gli ospiti non sono poi così tanti.
    In Comune nulla trapela, in Municipio neppure è passato il progetto, eppure altre proposte di posti auto nelle vicinanze erano state fatte in passato senza risultato, mentre un’agenzia immobiliare ha già messo in vendita questi box e promette l’inizio lavori al primo settembre. Si aspettano chiarimenti, che saranno senz’altro esaustivi. Intanto, che dire, tempi duri per le vocazioni e il verde per i giochi di ragazzini malati, ormai un lusso per la nostra sanità, i nostri politici e il clero di turno.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 269: POLITICA – Se la Liguria diventa laboratorio

    Missing in patria, l’ex ministro dello Sviluppo economico, mai sostituito, è ricomparso in Parlamento e ad una cena romana Pdl, smagrito e abbronzato. Nessuna dichiarazione sulla bufera che sta attraversando il partito, ma qualcuno insinua che gongoli perché  dopo il suo passaggio di testimone nessuno sembra ora abbia tenuto compatto il partito delle libertà come lui. Altrettanto sta succedendo in Liguria, dove scontri e scandali pare abbiano aperto il vaso di Pandora: a Genova quasi defenestrato il futuro candidato sindaco tra liti e agguati, mentre a Ponente infuriano collusioni mafiose. La disinvoltura del vicecoordinatore che fa spallucce alle dichiarazioni di personaggi equivoci – solo sostegno elettorale, mica soldi – o l’aplomb del sindaco di Bordighera, che pur commissariato non si dimette – per  dovere istituzionale – giovano all’ex ministro. Lui è l’unico che si è dimesso.
    Così ci si chiede se l’incredibile versione della casa compratagli a sua insaputa non fosse l’unica possibile di fronte a un “trappolone” amico, che arrivava da lontano. E se dopo le dimissioni ha pure stoppato la costruzione del campo da calcio in villa, ha comunque trovato il tempo per nominare amici in incarichi qua e là, pur dovendo cedere posti chiave alla Lega nell’azienda genovese che tanto aveva sponsorizzato per il suo programma nucleare, salvo concludere poi con i francesi.
    Così a Ponente non tira una gran aria, forse si aspetta che l’oblio faccia il suo gioco. Intanto quella che pareva la più eccezionale operazione immobiliare sulle coste del Mediterraneo, il porto turistico di Imperia, pare in stand-by. Il potente imprenditore romano, suocero di Pierferdinando, s’è visto poco e ora il Comune di Imperia, socio dell’impresa, denuncia i costi paurosamente aumentati.
    Una maestosa infilata di decine e decine di palme svetta lungo il suggestivo molo artificiale, e barche ondeggiano pigramente nello specchio di mare già racchiuso dalle torri di controllo. I lavori da fare sono però ancora immani per raggiungere i duemila posti barca previsti, il completamento delle banchine, il centro commerciale e abitativo. Qualche gru, pochi camion, alcuni operai che spostano l’immenso smarino di riporto e un annoiato guardiano sorveglia centinaia di metri recintati di spazi deserti.
    All’ufficio vendite dichiarano che i posti-barca sono esauriti, ma se interessa c’è già chi rivende ad un prezzo inferiore a quello d’acquisto per problemi di pagamento e tempi di consegna dilatati, mentre aleggia il timore che i lavori si fermino lì. Gli appartamenti di lusso delle palazzine sono in gran parte venduti (sarà stato lo scudo fiscale?), restano le proposte da alveare, monolocale più terrazzo da 10 mila euro in su.
    Sembra passata una vita dalle feste di San Giovanni degli anni scorsi, con fastosi fuochi d’artificio e la processione per le vie di Oneglia, l’evento clou della città, a cui nessuno mancava, con il bar più chic pieno di gente, in attesa del passaggio dei poteri sacri e profani. Tutti in prima fila a omaggiare imponenti crocifissi, vescovo, sindaco e forse per incontrare lo sguardo del potente ministro. Quest’anno niente ministro e onorevoli per la statua di San Giovannino, poche persone e “il caffè  in” deserto: davvero fedeli autentici.
    Tra la gente comune spicca la preoccupazione dei genitori dei ragazzi della squadra di pallanuoto, che ha fatto faville in campionato: pare si siano ritirati i maggiori sponsor nazionali e siano rimasti soltanto i marchi di olio e pasta imperiesi.
    (Bianca Vergati)

  • Oli 268: INFORMAZIONE – Partire dalla Cina per raccontare Pomigliano

    Shangai, tanti ombrellini colorati aperti, non per la pioggia ma per il sole, come da consuetudine cinese, sono in attesa all’Expò del padiglione made in Italy magari per assaggiare le lasagne a 14 euro. Intanto a migliaia di chilometri di distanza  si consuma l’ennesimo sciopero dell’Asia operaia, questa volta è il comparto tessile: la produttività  secondo l’Oil (Organizzazione internazionale lavoro, Sole 24 ore del 25 giugno) è cresciuta dell’ 8,7% nonostante la crisi e Pechino impone agli investitori stranieri aumenti dei salari fino al 30% per favorire consumi interni e sicurezza sociale.
    Ne dà notizia giovedi 1 luglio il Tg2 delle 20.30. Non accenna però alla protesta dei lavoratori in Cambogia, Malaysia, Indonesia, Vietnam, Pakistan e India. Le rivendicazioni cinesi stanno sconvolgendo l’altra parte del mondo e i governi asiatici ne sono preoccupati perché non riescono a reggere la  competitività cinese, la più alta in assoluto.
    Nessun cenno della Rai ai suicidi che da mesi avvengono nel megastabilimento di Foxconn, primo focolaio della protesta, dal quale escono i componenti elettronici utilizzati da Sony, Samsung, Nokia o Apple. Monaci buddisti, psicologi, spazi di ricreazione e un milione e mezzo di metri quadrati di reti protettive per impedire ai dipendenti di gettarsi da tetti e finestre (Sole 24 ore, 28 maggio): 420 mila operai, che al 90% hanno meno di 25 anni e che passano dalla catena di montaggio, con turni e controlli estenuanti, ai dormitori, vivendo all’interno di un perimetro di 12 chilometri. Il salario di base è di 900 yuan, circa 110 euro e può raddoppiare con gli straordinari; i lavoratori sono giovani emigrati dalle province più interne del Paese: Foxconn resta per le agenzie di rating “fornitore di alta qualità”, così si pensa a stabilimenti vicino alle terre d’origine per evitare “l’alienazione” di cui, secondo i dirigenti, soffrono i ragazzi-operai. Mentre coetanei più ricchi frequentano corsi di perfezionamento per adeguarsi al futuro mondo dorato che li aspetta.
    Volkswagen ha annunciato investimenti senza precedenti in Cina per un valore globale di sei miliardi di euro, con tre milioni di autoveicoli entro il 2014. Honda, pur di continuare a produrre, ha concesso un aumento salariale del 24%. Così Pepsi e le principali aziende di elettronica. Poco prima di questo servizio, al Tg2, il no di Maurizio Landini, leader della Fiom, all’accordo di Pomigliano, con la richiesta alla Fiat di riaprire le trattative.
    Su Affari e Finanza de La Repubblica del 28 giugno si sottolinea che non è più  solo export, ora si cresce anche grazie al made by italians, ovvero con gli investimenti italiani all’estero, che sono di 32 miliardi, contro nove miliardi di dieci anni fa: delocalizzazioni da Stati Uniti a Romania e Paesi dell’Est, ma anche in Cina con quasi 800 imprese e 85 mila addetti. Fiat dice che i sindacati americani hanno capito.
    Forse a Pomigliano bisognava davvero votare tutti sì al referendum: non solo pensando alla sopravvivenza dei 5mila operai, ai 10mila dell’indotto e ad un territorio degradato. Ma soprattutto per vincolare Fiat ad un impegno vero, senza più le vacche grasse degli aiuti di stato che in questi decenni hanno permesso all’azienda torinese di mettere operai in cassa integrazione e distribuire dividendi. Se n’è fatto una questione di principi, sacrosanti. E dato alibi a Fiat e governo: come passeranno l’estate Vincenzo, Giuseppe e le loro famiglie?
    (Bianca Vergati)

  • OLI 267: POLITICA – Lo sbarco dei ragazzi che pensano al domani

    Mirella ha gli occhi chiari che ti guardano dritto, pare una giovane signora capitata lì per caso se non fosse per quel trolley che si trascina con nonchalance in piazza. Ma allora fa parte dello sbarco! Intorno giovani ballano e lei guarda con tenerezza. Insegna alla scuola italiana da ventiquattr’ anni a Barcellona e l’indomani ha scuola, ma è contenta e dice che non dobbiamo essere noi a ringraziare lei, ma il contrario. Si chiacchiera e si ascoltano ringraziamenti vari: a proposito dov’erano le istituzioni, a parte il saluto della sindaco al momento dell’arrivo? Ma queste sono domande che ci facciamo noi di Genova in silenzio, chiedendoci come mai fra i tanti manifesti che annunciano un’estate folle di eventi, non si siano trovati i fondi per un manifesto di benvenuto ai tanti giovani e non arrivati fin qui per farsi sentire. Per far vedere che ci sono anche loro, pur se l’Italia si è dimenticata dei suoi ragazzi, dei suoi figli emigrati non solo per diletto: meno male che c’è facebook.

    Poi irrompe una voce dolente. Ricorda le vittime di stato, l’appuntamento del 20 luglio: Heidi Giuliani, una mamma che non si rassegna, che vuol ricordare il suo Carlo.

    Ci si guarda, c’è un sesto senso tra chi insegna, tra chi sta con il futuro, senza volerlo rubare. E malinconicamente ci si sforza di vedere un futuro per tutti quei ragazzi che sono arrivati, sciamando allegramente all’Acquasola e mangiando con voracità, si sono raccontati delle associazioni, dei gruppi all’estero, che si tengono in contatto, preoccupati del Paese che non c’è, sopito e assorto nel presente. Manca il lavoro per giovani, figli, padri, ma c’è chi sta bene comunque. Lo sguardo è ridente però. Beata gioventù, pensaci almeno tu al tuo domani, noi forse non ne siamo più capaci. E i balli riprendono mentre l’insegnante italiana dice ciao e grazie, sparendo tra la folla.
    (Bianca Vergati)