OLI 267: POLITICA – Lo sbarco dei ragazzi che pensano al domani
Mirella ha gli occhi chiari che ti guardano dritto, pare una giovane signora capitata lì per caso se non fosse per quel trolley che si trascina con nonchalance in piazza. Ma allora fa parte dello sbarco! Intorno giovani ballano e lei guarda con tenerezza. Insegna alla scuola italiana da ventiquattr’ anni a Barcellona e l’indomani ha scuola, ma è contenta e dice che non dobbiamo essere noi a ringraziare lei, ma il contrario. Si chiacchiera e si ascoltano ringraziamenti vari: a proposito dov’erano le istituzioni, a parte il saluto della sindaco al momento dell’arrivo? Ma queste sono domande che ci facciamo noi di Genova in silenzio, chiedendoci come mai fra i tanti manifesti che annunciano un’estate folle di eventi, non si siano trovati i fondi per un manifesto di benvenuto ai tanti giovani e non arrivati fin qui per farsi sentire. Per far vedere che ci sono anche loro, pur se l’Italia si è dimenticata dei suoi ragazzi, dei suoi figli emigrati non solo per diletto: meno male che c’è facebook.
Poi irrompe una voce dolente. Ricorda le vittime di stato, l’appuntamento del 20 luglio: Heidi Giuliani, una mamma che non si rassegna, che vuol ricordare il suo Carlo.
Ci si guarda, c’è un sesto senso tra chi insegna, tra chi sta con il futuro, senza volerlo rubare. E malinconicamente ci si sforza di vedere un futuro per tutti quei ragazzi che sono arrivati, sciamando allegramente all’Acquasola e mangiando con voracità, si sono raccontati delle associazioni, dei gruppi all’estero, che si tengono in contatto, preoccupati del Paese che non c’è, sopito e assorto nel presente. Manca il lavoro per giovani, figli, padri, ma c’è chi sta bene comunque. Lo sguardo è ridente però. Beata gioventù, pensaci almeno tu al tuo domani, noi forse non ne siamo più capaci. E i balli riprendono mentre l’insegnante italiana dice ciao e grazie, sparendo tra la folla.
(Bianca Vergati)