Categoria: Comune

  • OLI 379: COMUNE – Amt, una delibera a puntate

    Questa è la storia di una delibera a puntate, che ha messo in croce la giunta del Comune di Genova per più di un mese, una pratica relativa all’ultimo piano tariffario del trasporto pubblico locale.
    I fatti: martedì 19 aprile 2013 la giunta ha portato in consiglio una proposta di delibera con il nuovo piano per “salvare l’integrazione tariffaria bus/treno”. La delibera comportava un aumento a 360° di tutti gli abbonamenti e dei biglietti, compresi gli ascensori, riportando quello integrato bus più treno al valore più alto d’Italia, 1,60 euro per 100 minuti, tempo, che tra l’altro, molti reputano eccessivo per il singolo spostamento, ma insufficiente per essere usato come ritorno. Dopo una battaglia combattuta all’ultimo emendamento nella quale le forze di opposizione hanno chiesto di rivedere il listino salvando il vecchio valore degli abbonamenti per cercare di fidelizzare i clienti, con un rifiuto pressoché totale della maggioranza, alla fine, a sorpresa, è passato un emendamento del Movimento 5 Stelle per la creazione di un biglietto non integrato al vecchio costo di 1,50 euro. Lo scopo era quello di ottenere una salvaguardia dagli aumenti almeno per chi il treno non lo prende, aumenti secondo molti consiglieri ingiustificati  al solo scopo, dichiarato dall’assessore, di salvaguardare l’integrazione tariffaria, ma che in realtà nascondevano un aumento di introiti generalizzato “salva-azienda”. La giunta ha vacillato insieme alla maggioranza di fronte a questo inatteso risultato, sono partite le verifiche di maggioranza, le conferenze capigruppo, dove si è studiato da subito come riportare la situazione a quanto la giunta, insieme alla maggioranza, aveva previsto. Al rientro in aula, già si parlava di una nuova delibera correttiva, per la quale occorreva trovare una motivazione.
    La storia continua nei giorni successivi con l’applicazione parziale della delibera, con l’aumento di tutti gli abbonamenti, ad eccezione di quello integrato, fermo a 1,50 euro. Al successivo consiglio comunale viene fatto subito notare il problema di avere disatteso la delibera, in conferenza capigruppo l’assessore spiega che il cambio di struttura tariffaria ha creato un problema di gestione con la tipografia. Una scusa poco credibile, che si svela dopo più di un mese con l’arrivo della delibera correttiva tanto sospettata. Un altro scontro, un’altra puntata.
    (Stefano De Pietro – foto da internet)

  • OLI 377: COMUNE – Una smart city poco partecipata

    Una ricerca di Ambrosetti del 2012 sul livello di conoscenza dei progetti smart city in Italia riporta un dato sconfortante: il 78% degli intervistati risponde di non sapere di cosa si tratti. Questo nonostante che siano già da tempo partiti molti progetti, Genova se ne è aggiudicati tre, un vanto per le amministrazioni, una pioggia di soldi europei pronti a calare su alcune aziende genovesi. Ma come funziona oggi un progetto smart? Mentre la definizione del concetto di “città intelligente” proposto dall’unione europea e dall’Anci stessa parla di utilità per la cittadinanza, scelta attraverso un percorso partecipato dove i cittadini stessi possano indicare le proprie idee, il risultato che la politica cittadina ha disegnato è quello di una struttura tecno-oligarchica, dove le aziende propongono progetti ad una associazione della quale fanno parte insieme al comune e il processo decisionale si svolge all’insaputa dei diretti interessati, i cattadini, che si vedranno quindi volare sopra la testa le risorse economiche destinate ad alimentare un mercato dello smart ben distante da loro.
    La cosa drammatica è che la presunta correttezza di questa impostazione viene ribadita dalla giunta attuale, che disporrà al massimo un aumento, o meglio l’inizio, di una fase di informazione ai cittadini che nulla ha a che fare con la partecipazione. Questa confusione di significati è già stata dimostrata in altri campi dell’amministrazione comunale, ad esempio nella progettazione urbanistica: gli abitanti sono ascoltati dall’amministrazione che poi alla fine fa comunque ciò che vuole.
    Ritornando a smart, non a caso su una mozione in Consiglio comunale che riguarda una richiesta di modifica dello statuto dell’Associazione Genova smart city non viene a rispondere il Sindaco – che si era riservato la delega dell’argomento – ma il suo assessore allo sviluppo economico: non stiamo parlando di qualcuno che usa i soldi per realizzare una progettazione partecipata, in definitiva stiamo parlando solo di soldi da dare alle imprese. Quindi lo schema organizzativo genovese resterà lo stesso della giunta Vincenzi, con un po’ di lavoro di maquillage sul sito e qualche riunione in più in commissione comunale, in quanto, come ribadisce la giunta nella risposta alla richiesta di inserire la cittadinanza nello statuto dell’associazione smart city genovese, l’interlocutore della giunta non sono i cittadini ma il consiglio comunale che li rappresenta. Altro che smart! Altro che open source, altro che partecipazione attiva. La partecipazione si risolve, ancora una volta, in una delega al buio che i cittadini hanno pochi secondi per approvare all’interno della cabina elettorale, che avrà un valore quinquennale prima di sentirne di nuovo parlare, nella prossima campagna elettorale, come promessa mai mantenuta di cambiamento di impostazione sociale.
    (Stefano De Pietro – immagine da internet)

  • OLI 373 – CITTA’: L’ultimo stadio e il patron della Samp

    “Perché, vede, noi abbiamo una tradizione in città, noi rappresentiamo qualcosa che quelli del Genoa non hanno, non c’è la cultura, non potremmo fare uno stadio con il Genoa, il nostro è un brand da difendere… per restare in serie A”  sottolinea il figlio di Edoardo, durante  il buffet offerto ai Consiglieri dopo la Commissione-fiume, in cui è stato presentato il progetto Stadio in Fiera.

    Comprensibile l’incompatibilità con la squadra rivale di sempre, non si capisce però la storia della serie A, non è che la Sampdoria brilli: e comprare qualche giocatore in più? direbbero i tifosi, anche loro presenti tra il pubblico di Sala Rossa, pazzi per uno stadio tutto Samp come per il Manchester, l’Arsenal, la Juve.
    Il progetto è interessante, non si evidenziano però operazioni finanziarie da capogiro, come per  il nuovo impianto dell’Arsenal: emessi persino dei bond per 250 milioni sterline, occupati 24 ettari di una fabbrica dismessa, edificati migliaia di appartamenti, bar, ristoranti al posto del leggendario stadio Highbury di Londra.
    Sono altri numeri, milioni di sterline e giri di sceicchi.
    E perché noi no? Il gruppo Union Calcio Sampdoria accarezza l’idea, è un fatto che con gli stadi nuovi i grandi club europei stanno guadagnando parecchio, pure la Juventus, con un aumento di quasi il 12 per cento di abbonamenti e del 30 per cento di ricavi. Nessuna intenzione speculativa, sottolineano.
     L’iniziativa nasce su input del disegno di legge per gli stadi, presentato ma non approvato che, con  generose agevolazioni, cercava di risolvere l’annoso problema dell’impiantistica di proprietà pubblica: anche a Genova abbiamo un problemino, perché Genoa e Samp fanno a gara a chi paga per ultimo l’affitto di Marassi; spesso interviene la Carige.
    L’Union Club Sampdoria nella sua brochure di presentazione, distribuita ai Consiglieri comunali, elenca sette buoni motivi per fare lo Stadio in Fiera e li citiamo in ordine: miglioramento della sicurezza contro la violenza negli stadi, qualificazione dell’impianto come polo sociale e culturale, diminuzione dei costi per la collettività con la riduzione di spese di manutenzione, nuove opportunità occupazionali, riqualificazione urbana, ambientale e territoriale, diversificazione delle forme di ricavo della Società, maggiore competitività dello sport italiano.
    Alcuni si commentano da sé, su altri si potrebbe discutere. Su tutti però il tema del lavoro: un migliaio di edili impegnati, mentre, ad opera finita, i lavoratori saranno tra le 15 e le 30 unità. Cifre da sballo.
    Per contro la Società potrebbe avere “un riequilibrio delle voci del conto economico e, in ragione della titolarità dell’impianto, la conseguente patrimonializzazione”: bel colpo, si tratta delle aree più pregiate di Genova, in riva al mare e in centro città, valutate sui venti milioni di euro dalla presidente di Fiera Armella, che intanto vuole mandare a casa 31 su 54 lavoratori e un indotto di quasi cinquecento piccole imprese.

    E’ sulla crisi di Fiera che conta la Sampdoria, sui conti che non tornano per il Comune, principale azionista?
    Sorvolando pure sull’impatto paesaggistico di uno stadio piéd dans l’eau da trentamila posti e mille parcheggi, ci si chiede perché farlo proprio lì. Di certo fa gola anche l’eventuale saldo dell’ex palazzo Nira-Ansaldo e qualche immobile del Comune nei dintorni. In cambio si avrà un modesto palazzetto dello Sport per altre discipline, alto circa trenta metri, al posto della ariosa tensostruttura; un po’ di centro commerciale che non guasta mai. E sperando nei nuovi accessi di ponente, che si otterrebbero tirando giù 500 metri di fine sopraelevata per arrivare direttamente in Fiera (costo un milione al metro, fonte Autostrade), trentamila persone si riverserebbero nell’arco di poche ore in un luogo già intasato.
     Ma l’interesse pubblico qual è?
    Il disastro è che non s’intravede proprio una visione di potenzialità economico-lavorative per la città, ma soltanto un progetto dall’utilizzo alterno, rivolto essenzialmente ai tifosi e non per attrarre turismo, forse la nostra ultima speranza. 
    (Bianca Vergati – immagine da internet)
  • OLI 372: COMUNE – Conoscete l’Aspl?

    Il logo della Aspl di Genova

    E’ uno di quegli acronimi che fa annodare la lingua: aessepielle, ossia l’Autorità per i servizi pubblici di Genova, un organismo in seno alla macchina comunale, ma indipendente, che vigila e controlla sull’applicazione corretta delle norme nei servizi pubblici.
    Il nome un po’ altisonante racchiude in realtà una struttura operativa molto esigua, che lentamente cerca di farsi vedere dai cittadini con scarsissimi risultati, anche tra le file comunali stesse. Al punto che il Movimento 5 Stelle propone in Consiglio comunale la realizzazione di un registro pubblico delle lamentele, che non passa per un soffio, senza che nessuno – né della giunta, né degli uffici, né degli altri gruppi politici  – abbia fatto notare che sul sito dell’Aspl tale cosa esiste già. Quindi, alla fine, che fa l’Aspl?

    La pagina del registro della segnalazioni

    Nella settimana prepasquale arriva la commissione consiliare per la relazione annuale sull’attività dell’Aspl, con l’intervento del Prof. Benedetti e del Prof. Cuocolo, oltre al risultato di un anno di lavoro, anche una serie di problemi riscontrati tra mancanza di personale e lo scarso interesse del Comune nello sviluppo del servizio. Al punto che dopo alcuni anni di tentativi per avere una pagina istituzionale sul sito comune.genova.it che avesse una visibilità sufficiente, decidono di registrarsi un loro dominio (asplgenova.it) e di iniziare su quel nuovo sito il contatto con i cittadini e le altre parti della macchina comunale. Si lamentano anche della mancanza d’interesse del Comune nel pubblicizzarne l’esistenza, a differenza di alcune partecipate molto attive, e si dichiarano disponibilissimi ad una collaborazione con chiunque intenda valorizzarne i servizi.
    Tra le proposte che sarebbe interessante mettere sul tavolo di una collaborazione, sicuramente un cambio di nome: “Autorità” è una parola che certamente non favorisce nel cittadino l’idea di qualcosa di suo, a disposizione per segnalazioni e proposte. “Servizio di controllo” certamente sarebbe più adatto, facendo sentire le persone partecipi di un’attività utile e quanto mai necessaria.
    Davvero iniziale il registro delle segnalazioni (vedi immagine), però realizzato in modo semplice da usare e rispondente a quel minimo di trasparenza che scarseggia altrove. Resta da verificare quanto la presenza dell’Autorità possa influire sui veri processi decisionali del comune e delle sue controllate. Ad esempio, potrebbe essere di grande utilità far confluire tutte le segnalazioni su questo sito, per poi distribuirle ai vari organi di controllo specifici, in modo che l’Aspl possa sempre avere il polso della situazione, invece che attendere che un cittadino stufo dei silenzi “dell’altra parte”, alla fine scopra l’esistenza dell’Autorità e cominci ad usarla.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 372: COMUNE – Marco Doria e il giardiniere

    Ha continuato a postare su youtube, con una certa regolarità, la rubrica “La settimana del sindaco”.
    Pare un po’ il diario di bordo del comandate Kirk di Star Trek.
    Nei suoi video parla di infrastrutture, collegamenti ferroviari con l’entroterra, cantieri da concludere.
    Ricorda la necessità di maggiori risorse, sia pubbliche che private. Richiama l’impegno per una politica alta. Borzoli e la soluzione del transito dei mezzi pesanti sono uno dei problemi che Doria vuole affrontare.
    Il sindaco parla anche dei dieci saggi nominati da Napolitano criticando, tra le altre cose, la mancanza di presenze femminili nel gruppo.
    Doria ha a cuore la tutela del territorio, il risanamento idrogeologico, la lotta alla diseguaglianza, il lavoro. Chiede al Movimento Cinque Stelle di farsi promotore, insieme alla sinistra italiana, della volontà di cambiamento, che significa assunzione di responsabilità.
    In tutti i suoi interventi su youtube c’è una riflessione su quello che manca e su quello che si dovrà fare. Marco Doria trova spazio anche per parlare del difficilissimo bilancio 2013 del Comune di Genova – che deve essere fatto entro il 30 giugno – e dei tagli brutali delle risorse dei comuni fatte dai governi Monti e Berlusconi; ricorda al cittadino che la tutela dei servizi pubblici essenziali e delle fasce deboli della popolazione devono essere le priorità.
    Richiama il senso di responsabilità in cui “tutti, tutti” devono fare la loro parte.
    C’è bisogno, dice, di un governo e di una maggioranza che mettano in condizione i comuni di avere qualche risorsa in più per fare dei bilanci civili.
    Tutte parole sacrosante. Ma perché Doria appare così distante e solo? E cosa ne è stato della ricchezza di energie che l’avevano sostenuto in campagna elettorale? Cosa succede ai consiglieri comunali eletti nella sua lista? Cosa ne è della spinta arancione?
    Un punto nave con chi l’ha sostenuto in campagna elettorale e con chi l’ha votato oggi è necessario. Doria si metta in ascolto, come aveva fatto in campagna elettorale, di comitati e cittadini, uscendo da un consiglio comunale che pare solo un bollettino di guerra. Trovi uno spazio per incontrare le persone e faccia manutenzione alla sua idea di città. Anche sul tetto di Palazzo Albini, nei giorni scorsi, è apparso un giardiniere. Marco Doria faccia come lui.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 370: COMUNE – Benvenuti in sala Rossa!

    Prendi una norma di legge di ottobre 2012, condiscila con un lungo periodo di tempo per ottemperare, aggiungici una giunta poco produttiva che si sveglia appena in tempo per non finire con lo scioglimento del consiglio comunale e lo spaghetto è pronto: si tratta del costituendo regolamento per il controllo delle aziende controllate e partecipate del comune.

    La proposta di Regolamento sui controlli delle società partecipate viene consegnato all’attenzione dei consiglieri comunali venerdì 8 marzo alle ore 10 circa, per essere discusso nelle Commissioni Affari Istituzionali e Sviluppo Economico il giovedì successivo. Durante la seduta, alcuni gruppi consiliari si “ribellano” alla volontà del Presidente del consiglio comunale di voler già licenziare la delibera per il successivo consiglio di martedì 19, si addiviene alla soluzione di discuterne ancora in commissione lunedì 18. Durante questa seconda seduta, si decide di annullare il consiglio comunale del giorno successivo per effettuare una terza seduta di commissione, fotocopia delle precedenti, nella quale, alla fine, si decide di portare in aula una versione già parzialmente emendata dalla giunta, consegnata la mattina stessa, che accoglie alcune osservazioni ma che, sostanzialmente, lascia i contenuti del regolamento invariati. Gli emendamenti proposti il lunedì pomeriggio da alcuni gruppi sono però relativi alla versione originale della delibera, mentre nel frattempo la stessa ha già effettuato, come detto, alcune variazioni al testo, frutto del lavoro della prima e della seconda seduta. Quindi, alla fine, tutto da rifare, ci si mette d’accordo che venerdì 22 marzo la giunta produrrà una delibera variata, per consentire ai consiglieri, nel weekend, di preparare altre osservazioni per il successivo consiglio del martedì: in un martedì non qualunque, che aveva già all’ordine del giorno il biglietto integrato di Amt, prima della sua morte il 1 aprile. Sarà stato un pesce …
    Il parere di alcuni tecnici sui contenuti del regolamento: un nulla di fatto, una elencazione di obblighi già esistenti, un documento senza contenuti veri. Ed una norma sulla mobilità del personale delle partecipate che in questo regolamento non si inquadra, come fosse un comma di un milleproroghe di fine anno.
    Per raccontarne uno solo dei tanti, il punto sulla trasparenza richiama una pagina web che dovrebbe contenere l’elenco delle aziende partecipate dalle partecipate, indicando se negli ultimi tre anni hanno raggiunto il pareggio di bilancio. Stop, null’altro. Eppure la giunta ne aveva di carne al fuoco da mostare: il POA (Piano Operativo Aziendale) ad esempio, i bilanci, i documenti relativi ai controlli. Quei controlli che, si intuisce dalla norma nazionale, avrebbero dovuto partire adesso, a marzo, e che invece saranno procrastinati a ottobre 2013. 
    Tutto complesso e disordinato: benvenuti in Sala Rossa!
    (Stefano De Pietro – foto da internet)
  • OLI 368: LIGURIA – Derivati, le regole della politica e quelle dei cittadini

    Foto da internet

    La minaccia “derivati” ha fatto sentire i suoi effetti – dal passato – anche sul Comune di Genova. La miccia è stata accesa da Il Giornale, che ne ha ricavato un’inchiesta pubblicata a partire dall’8 febbraio con l’articolo d’esordio “Il Monte dei Paschi anche a Palazzo Tursi: 118 milioni di derivati” (8/2/2013). Lo si ricorda per i lettori inesperti di ingegneria finanziaria: il derivato è uno strumento, un contratto, un accordo il quale lega il suo valore a quello di un’attività. Nel caso dei derivati acquistati dal Comune di Genova, ci si basa sull’oscillazione dei tassi di interesse dei mutui. Ritornando al caso di Genova, Il Giornale ha sollecitato l’intervento dell’assessore al Bilancio Miceli che ha dichiarato “Si tratta di due contratti, il primo stipulato nel 2002 con Unicredit per un valore di 7.272.000 euro, il secondo stipulato con Bnl nel 2001 per 13.066.882 euro con scadenza 2020” (“Derivati, la Corte vuol fare i conti col Comune”, Il Giornale 9/2/13). Sull’onda dell’inchiesta, la Lega ha proposto un’interrogazione comunale, non ammessa per ora a discussione (Il Giornale 13/2/2013). Il modo di riportare le notizie segue l’orientamento ideologico della testata, tanto che Il Giornale in un primo momento minimizza il fatto che i derivati risalgano alla giunta Pericu, rimarcando le responsabilità a riguardo dell’attuale amministrazione, mentre in altri articoli gioca sul fatto che i derivati non siano stati annullati immediatamente dal Comune, ma – contemporaneamente – una sentenza del Tar Toscana solleva questioni che sono d’ostacolo alla possibilità per le P.A. di liberarsene (“Swap impossibili da annullare”, Il Sole 24 Ore 23/2/2013). Il Secolo XIX si occupa della questione e riporta la dichiarazione di Miceli, secondo cui “si tratta, come si è detto, di due contratti senza rischi occulti o non prevedibili, che hanno sole finalità di tutela da forti oscillazioni dei tassi, per cui si valuta che in questo momento non sia conveniente rescindere questi contratti per il pagamento delle penali” (Il Secolo XIX 1/3/2013). Rimane invece silenziosa sull’argomento la Repubblica – Lavoro. L’alone di mistero che sembra comunque continuare a circondare la faccenda (a quanto ammontano le penali che impediscono di rescindere da un contratto in cui il comune, comunque, è in perdita?) riporta alla mente vicende di simili derive e simili misteri: i derivati non sono una novità per la Liguria: nel 2011 la giunta Vincenzi aveva chiuso un contratto con BNP Paribas, che costava 24 milioni di euro soltanto di interessi e che era stato siglato poco prima del suo insediamento, ancora sotto la giunta Pericu. Nel 2007 invece era stata la Regione a finire nei pasticci: un ex impiegato della banca giapponese Nomura a Londra aveva denunciato enormi ricavi ottenuti da un prestito della Regione Liguria nel 2006, (Il Secolo XIX, 6 aprile 2007, vedi anche OLI 160). Anche in quel caso, l’accordo era circondato dal massimo segreto e riserbo: il governatore Burlando dichiarava di dover seguire le “regole”. Ma non si riferiva a quelle che tutelano il diritto dei cittadini di sapere e di pretendere trasparenza, bensì a quelle contenute nei contratti ed imposte dalle banche. Ritornando al presente, al momento il sito del comune non riporta alcuna indicazione riguardo alla stipula dei contratti derivati: la trasparenza rimane uno dei punti più dolenti delle iniziative finanziarie ad alto e medio rischio intraprese dalle pubbliche amministrazioni.
    (Eleana Marullo – foto da internet)

  • OLI 365: CITTA’ – Il miracolo di Vico Papa

    Vico Del Papa si trova nella zona della Maddalena.

    Il miracolo si manifesta con particolare evidenza ai passanti alla sera, attraverso una fila di vetrine illuminate che improvvisamente interrompono l’oscurità dei vicoli.
    Che sia giorno o che sia sera, comunque, chi guardi attraverso i vetri vedrà persone che ballano, oppure cantano, parlano tra loro con parole o gesti, come i giovani sordi di ‘Mani in movimento’, fanno yoga, ginnastica, suonano, oppure recitano, giocano con bambini piccolissimi, guardano insieme dei video, fotografano, discutono, ascoltano, si scambiano libri, oppure imparano a comunicare tra loro nell’oscurità.

    Il gruppo “Mani in movimento”

    Le attività che si svolgono all’interno spaziano su territori molto articolati, espressione di una produzione culturale diffusa di cui sono produttrici e attrici una quantità di associazioni, gruppi, insiemi di persone.
    Scorrendo il calendario che definisce gli orari di occupazione degli spazi se ne contano a decine. In alcuni casi sono appuntamenti di confronto e discussione episodici, o almeno non sistematici, in altri invece si tratta di attività permanenti che si svolgono per tutto l’anno, settimana dopo settimana.

    Il gruppo “Le vie del Canto”

    Come è avvenuto? Che storia c’è dietro? E dove stava, prima, tutta la gente che si avvicenda ora i questi spazi?
    Inaugurato meno di un anno fa, il 24 aprile 2012, questo spazio ha preso materialmente vita a partire dallo scorso settembre. Il nome che lo identifica è: “Laboratorio Sociale di Vico Papa” (lo trovate su Facebook ), concepito e realizzato nell’ambito del “Progetto Integrato Territoriale” della Maddalena promosso dal Comune di Genova e finanziato dalla Regione Liguria con i fondi del POR (Programma Operativo Regionale) 2007 / 2013, Asse 3 / sviluppo urbano. Soggetto attuatore RiGenova Srl, società partecipata dal Comune.
    Lo scopo, si legge nel dépliant del Comune che nel 2009 fissava caratteristiche e tempistiche del progetto, è “dare valore alle energie esistenti nel quartiere che non hanno luoghi e modi di esprimersi; sostenere le forme aggregative presenti, attrarne di nuove, favorendo l’integrazione col quartiere; rompere l’isolamento dell’area … favorire lo scambio di esperienze e punti di vista dei residenti; aggregare attorno al laboratorio un soggetto culturale collettivo in grado di leggere i bisogni del territorio ed interloquire col sistema decisionale”.

    Le frasi di questo dépliant hanno alle spalle un lavoro collettivo, un’esperienza già compiuta, quella del laboratorio sociale “50 rosso” della Maddalena, e si sente.
    Negli anni di attuazione del progetto, dalla identificazione dei locali alla loro ristrutturazione, sono intercorsi continui rapporti con le realtà culturali e associative che si candidavano ad utilizzare questi spazi.
    Sostenere la produzione culturale diffusa, farla uscire dal sottosuolo dove la spaventosa mancanza di spazi di questa città la relega da anni, metterla in comunicazione con la città, è un progetto politico. Aggiungo: un progetto politico di sinistra.
    Paola Borelli, entusiasta ed appassionata responsabile della gestione di Vico Papa, mi dice che è in cantiere una realtà analoga in Via Pre.
    Bisogna andare oltre, estendere questi spazi in tutti i quartieri. La vita culturale di Genova non può esaurirsi a Palazzo Ducale.
    (Paola Pierantoni –  Foto dell’autrice)

  • OLI 364: COMUNE – Un registro che non piace alla sinistra

    Sono passati tre anni da quando su Oli 249 abbiamo parlato del Pubblico registro delle lamentele instaurato con un decreto legge in Portogallo nel lontano 2005. A Genova, nel Consiglio comunale del 29 gennaio 2013, una soluzione simile è stata prospettata dal gruppo del M5Stelle, ed ha ottenuto un insperato successo che non ha però portato alla sua adozione, per un solo voto.

    L’occasione per la proposta è stata l’approvazione da parte del Consiglio comunale di un nuovo regolamento per i controlli dell’attività amministrativa del Comune e delle sue aziende partecipate, voluto dal Sindaco e dalla Giunta anche per ottemperare sul fotofinish al solito obbligo di legge. Con un emendamento inserito nell’articolo riguardante, in un qualche modo, le metodologie di lavoro, il M5Stelle ha proposto la creazione di un registro digitale pubblico, dove potessero essere inserite le proposte e le segnalazioni dei cittadini nei confronti del lavoro degli uffici pubblici. Il Registro, liberamente consultabile, avrebbe dovuto entrare a far parte del sistema di qualità certificata del Comune, per trasformare le segnalazioni di possibili non conformità, con l’obbligo quindi di correzione da parte dell’ufficio interessato.
    Oggi il Comune usa il classico sistema della segnalazione fatta in modo privato, per cui non esiste la possibilità per il cittadini di vedere l’insieme delle segnalazioni. Il registro proposto avrebbe risolto questa mancanza, e avrebbe costituito un forte impulso alla trasparenza dell’amministrazione.
    L’emendamento ha ottenuto 18 voti favorevoli e 19 contrari. Peccato per due assenti che con la loro presenza avrebbero potuto cambiare il risultato e dotare Genova di un valido strumento di interlocuzione democratica con il Comune, facile da usare, online e significativo.
    Si osserva un silenzio della stampa locale su questo fatto, interessata invece al gravissimo problema delle pietre “filosofali” di Via Garibaldi, a detta di alcuni non numerate prima di essere rimosse. Riportiamo per completezza di informazione l’Ordine del giorno del Consiglio comunale citato. Da notare l’adozione della procedura d’urgenza, che viene normalmente utilizzata tutte le settimane, anche per consentire di far votare le delibere di Giunta del giovedi in Consiglio già il martedi successivo. Stay tuned!
    (Stefano De Pietro)
  • OLI 358: COMUNE – Se ognuno guarda il suo cortile

    Nel Piano Triennale dei Lavori Pubblici il Comune di Genova ha dato priorità agli interventi per il dissesto idrogeologico e al riordino di edifici scolatici, scelta la prima, su cui hanno brontolato i Municipi.
    Che cosa potranno dire gli “eletti”agli elettori se non gli rimetteranno a posto strade, aiuole e marciapiedi? Preoccupazione legittima e necessità evidente in tutta la città, ma fra mettere in discussione il Piano e la sicurezza dei cittadini ce ne corre, tanta acqua appunto, purtroppo. Altri malumori si evidenzieranno sicuramente in Consiglio Comunale, dove si prevedono le più disparate istanze per il territorio e ognuno avrà nel cuore, se non a cuore, il proprio elettorato. Nel Levante però una contraddizione spiacevole, infatti è stato proposto il tombinamento di Rio Penego, in via Shelley, ineludibile eredità di Coop bianche ansiose di tirar su sei palazzine nell’ultimo verde di collina quasi tutta costruita.

    Intanto per circa 20 edifici scolastici, che aspettavano da sei anni di poter mettere in ordine aule, refettori, laboratori, impianti idrici, si sono stanziati due milioni e seicentomila euro e quasi un milione per le norme antisismiche.
    Provvedimenti dovuti ci mancherebbe e le risorse (esigue) comandano. Un impegno di spesa importante, scivolato sulle ultime pagine dei media: dove vanno i nostri bambini a scuola interessa soltanto ai genitori e agli insegnanti che ci lavorano.
    Eppure ben altre sorti hanno subito le scuole nel passato.
    Proprio in questi giorni è stato presentato il progetto di residenze nell’ex scuola elementare Collodi di Sturla, collocata vicino ad un complesso di palazzi popolari, citato nei libri di architettura per il contesto di verde, spazi per giochi, tranquilli vialetti, sogno di edilizia pubblica finito presto per l’accerchiamento intorno del cemento, dalle stradine ingombre di auto modellate, in uno stretto “rebigo” di sensi unici, macchine ai lati, che per uscire da lì si passa in rassegna un piccolo mondo.

    Sul complesso di cui sopra si affaccia la scuola elementare, situata in un pezzo di un vecchio parco, smembrato poco a poco per fare posto a tanti palazzi; era rimasto giusto un lotto di verde e lì si era costruito l’edificio scolastico, cui si accedeva anche da una creuza. Bella scuola, luminosa, un bel giardino, durata poco, giudicata inutile per riduzione di alunni, dismessa e lasciata degradare. Mentre poco più in su nel quartiere di S.Martino scuole elementare e media stentano a contenere gli alunni e poco più in giù nel quartiere di Sturla il liceo King sarà costretto a distribuire i suoi alunni su tre plessi per mancanza di spazi e gli verrà negata la scuola Collodi.
    Poi l’Amministrazione mette in vendita il sito: un milione e quattrocentomila la base d’asta, che si conclude a tre milioni di euro per quattromila metri quadrati di residenze e un centinaio di box. Contro il piano di edificazione ricorrono alcuni cittadini e ottengono lo stop del Tar. Ora il via ad un progetto ridimensionato.
    Addio scuola Collodi. Unica nota positiva: come oneri di urbanizzazione“orti urbani” da affidare ai cittadini nel pezzo di verde, una scarpata, che avanza al committente. E nei dintorni un’altra scuola di cinque piani giace inutilizzata, vi abitano soltanto i vigili urbani al pianterreno.
    (Bianca Vergati – foto dell’autrice)