Categoria: Giovanna Profumo

  • OLI 337: ILVA – L’ Accordo di Programma e La Strada

    L’Accordo di Programma li ha lasciati a piedi.
    E non c’è da stupirsi. Perché l’Accordo di Programma è una bestia vecchia di sette anni, bisognosa di attenzioni. E nell’Accordo è citata una strada.
    Dal 1 marzo il servizio navetta da Villa Durazzo Bombrini di Cornigliano all’accesso est dell’Ilva di Genova è stato sospeso dal gruppo Riva, che spiega come non dovesse essere tenuto a fornirlo.
    In termini di tempo del lavoratore significa un quarto d’ora a piedi – in una strada pericolosa, soggetta a cantiere – più il tempo per raggiungere il proprio reparto dopo aver varcato i tornelli.
    E a subire, tra i molti, sono soprattutto le donne-ragazze a mezzo pubblico impatto zero. Quelle che fanno la spesa “nell’ora”, che acciuffano il treno delle 17.50, che hanno da arrivare a casa.
    L’accordo di programma ha impacchettate anche loro. E lasciate a piedi.
    Perché l’azienda, in base all’Accordo, chiede che AMT metta a disposizione il servizio navetta per i dipendenti Ilva, e che – completata la strada di collegamento tra la viabilità pubblica e il nuovo accesso est dello stabilimento – AMT e Comune di Genova prevedano una linea di trasporto urbano a servizio della portineria Est dello stabilimento.
    E la politica cosa dice in merito all’assenza di mezzi per raggiungere uno dei siti produttivi più importanti della città?
    Cosa si dice di Cornigliano e delle sue aree? Perché in campagna elettorale nessuno ha avuto nulla di significativo da dire sull’Accordo di Programma?
    In un clima di surrealtà si suggerisce la visione del trailer di un classico del cinema italiano: La Strada. Appunto.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 337: PAROLE DEGLI OCCHI – Precisazioni

    Foto di Giovanna Profumo

    Roma, piazza di Santa Maria in Trastevere.
  • OLI 336: GIROTONDI – 16 marzo Genovainpiazza, un amico ricorda

    Cristiano Barattino ha postato su facebook alcune pagine di quotidiano che ricordano la manifestazione del comitato 16 marzoGenovainpiazza. Dieci anni fa.
    Cristiano è un caro amico perché posta i ricordi politici come fossero cartoline ed aiuta chi c’era a non perdere la memoria. Una memoria intima e personale ma al tempo stesso collettiva, nazionale e genovese.
    “Esattamente 10 anni fa” scrive “il primo Girotondo in Liguria… Oggi quella manifestazione promossa dal comitato “16 marzo Genovainpiazza” a molti, forse, dirà poco, ma a pochi, di sicuro, dirà molto…”
    E’ un caro amico perché insieme ai ritagli di giornale restituisce il ricordo di studenti e professori che chiedevano – con le sole bandiere della verità e del rispetto della democrazia – il cambiamento nel paese.
    E’ un caro amico perché, così, restituisce il ricordo di Claudio Costantini che del ‘16 marzo Genovainpiazza‘ è stato una delle anime pensanti e calorose.
    La newsletter Oli è figlia di quel movimento e di quel comitato.
    (Giovanna Profumo)

  • OLI 335: LAVORO – Fiom e loro alla patria

    Settimana enigmistica, trova le differenze.
    Sono passati dieci anni dalla prima manifestazione in difesa dell’articolo 18 e a Roma venerdì 9 marzo c’è lo stesso sole di allora, ma più parole d’ordine. In corteo striscioni colorati, operai e giovani precari, prodotti a basso costo del mercato del lavoro italiano stile nuovo millennio.
    Come nel 2002 l’articolo 18 è, per chi manifesta, un diritto inalienabile e da estendere a chi tutele non ne ha.
    Simili le parole. Diversa la sostanza.
    In sciopero, oggi, unicamente la Fiom, lasciata sola da chi in quella lotta – appena dieci anni fa – aveva fortemente creduto e l’aveva vinta. E’ un fatto che il nuovo governo riesce a proporre riforme che a Berlusconi era concesso di sussurrare appena.
    Al corteo si unisce Vendola, ma è l’unico politico da prima serata. Ci sta il tempo per una breve narrazione ai cronisti e, senza nemmeno raggiungere Piazza San Giovanni, sparisce in una strada laterale.
    La Fiom riempie il viali con i suoi iscritti, li colora di rosso. Insieme a loro immigrati, lavoratori dello spettacolo, parenti delle vittime del disastro ferroviario di Viareggio, studenti e pensionati.
    Solitaria sventola una bandiera del Pd. Chi la tiene ha la fierezza del pensatore libero in partito incerto.
    Settimana enigmistica, trova le differenze: i dieci anni trascorsi che nel disegno non si possono vedere, l’assenza di Cofferati, l’arrivo in Fiat di Marchionne – narrato dalla rabbia dei delegati Fiom – reintegrati proprio grazie all’articolo 18. La riforma delle pensioni, la continua crescita del precariato, un’incapacità costante di presidiare il lavoro da parte dei partiti e di una larga fetta del sindacato, quarantasei tipi di contratti precari diversi. Le dimissioni in bianco fatte firmare alle donne. La necessità di difendere la costituzione nei luoghi di lavoro. L’articolo 8, voluto da Berlusconi, in cui si consente alle aziende di derogare alla legge.
    Trova le similitudini: il concetto, lo stesso di dieci anni fa, che cedendo diritti si crei occupazione. Che la minor tutela per tutti equivalga a minor danno per un maggior numero di lavoratori. Che grazie al sacrificio, quello dei soliti, si faccia il bene della nazione, una nazione che ha scelto di essere competitiva grazie alla bassa retribuzione, in cui non si investe in ricerca.
    Un certo clima diffuso e pressante di oro alla patria.
    O meglio di loro alla patria.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)


  • OLI 333: MOVIMENTO 5 STELLE – Putti, human lab e i coccodrilli

    New Yorl stories – foto dal web

    Grillo sovrasta sulla parete nel piccolo info point del movimento Cinque Stelle di Genova.
    Ricorda lontanamente la mamma di Woody Allen in New York stories che, trasformatasi in nuvola, incombe sul figlio, ossessionandolo dallo sky line della città.
    Venerdì 24 febbraio alla conferenza stampa al punto di incontro del gruppo genovese il portavoce Paolo Putti non stringe più tra le mani un passamontagna, come nel settembre scorso. I mesi di campagna politica hanno forse influito a modificare il copione a beneficio di maggiore concretezza. I sostenitori del movimento ne hanno fatta parecchia di strada anche da quel padre minaccioso che, con una sola dichiarazione, può danneggiare il lavoro di molti.

    Di Grillo non si parla. E nemmeno di grillismo.
    In via dei Giustiniani, arteria sofferente del centro storico di Genova, Paolo Putti presenta lo human lab che vuole essere una “restituzione di umanità a un pensiero politico troppo legato ad una visione di tecnici come era quello di urban lab”. Il candidato parla dell’idea di isolamento trasmessa dalla “chiatta in mezzo al mare” dove “un gruppo di persone decidono le sorti urbanistiche della città”, distanti dal contatto con i cittadini, fisicamente separati anche da un ponte levatoio, “ci mancavano i coccodrilli nell’acqua marina…” commenta Putti. E abbraccia un altro modo di far politica, partendo dal desiderio di imparare, dalla consapevolezza (la stessa che ha animato Marco Doria ndr) di sapere di non sapere.
    Dibattito con le persone, acquisizione di competenze, promozione della comunità, restituzione di cittadinanza, sono le parole chiave di questa fase della campagna politica che vede i promotori del movimento in campo nei quartieri per ascoltare la gente e i loro bisogni. E’ il tempo del territorio, dell’analisi dei problemi che in ogni parte della città hanno dimensioni diverse. E’ anche il riconoscimento del fatto che la politica deve fornire ai cittadini gli strumenti per essere criticata, per dare alle persone un valore alla partecipazione.
    Si giudica con perplessità un Puc “in cui si parla di una città con almeno quarantamila nuove unità e svariate migliaia di nuovi posti di lavoro” e si ricorda la gronda.

    Privo della rete di “accoglienza privilegiata” e della “forza dei partiti” – ha rinunciato a livello nazionale ad un milione e seicentomila euro di rimborsi elettorali – senza una sede fissa e strutture, il Movimento 5 stelle fa quello che può e quello che può è già molto, considerato che una giornalista segnala un possibile 7-8% di preferenze.
    E’ la battaglia di Davide contro Golia, ammette Paolo Putti che va giocata fino in fondo per produrre il cambiamento, o vincendo le elezioni o in consiglio comunale. Di conti elettorali dice di non farne, ma la parola ballottaggio s’insinua come ipotesi non troppo amena.
    E i partiti? Con loro nulla a che fare. Visti dall’info point del Movimento paiono come i coccodrilli evocati da Putti attorno alla chiatta di urban lab.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 332: POLITICA – Il Pd, le donne, gli uomini e la calza

    In rete si trova un messaggio come questo:
    “Ciao ragazze. Sono alle prime armi con il mio calzino. Lavoro con 4 ferri e sono arrivata a fare la parte che copre il tallone, quella che si lavora avanti e indietro. Il mio problema sorge nel fare la congiunzione della parte del dorso del piede con il retro… Premetto che sono autodidatta e sto studiando la costruzione del calzino dai calzini che faceva la mia nonna, ma purtroppo non sono riuscita a farmi insegnare come farli… e “l’inghippo” sta qui: la nonna lavorava tallone e dorso e congiunzione tutto insieme e poi separato faceva la suola e poi cuciva la suola al resto del calzino, mentre ora trovo tutti video che lavorano il calzino tutto intero… e io mi perdo…”
    L’appello è di Serena83. Legittimo immaginare che si tratti di una mamma di ventinove anni perché accanto al testo c’è l’immagine di un bimbo o di una bimba di pochi mesi. Serena è una delle molte donne del paese, alla quale rispondono altre donne, che lavorano a maglia. Persone che trasmettono ricordi e tradizioni insieme alla possibilità di produrre le proprie cose in casa. Da sé. Non sappiamo se lavora o meno, ma non ci stupiremmo se fosse disoccupata o precaria come molte donne della sua età.
    Sui quotidiani si trova un messaggio come questo
    “Cosa farò? Non andrò certo a fare la calza”, la dichiarazione di Marta Vincenzi, rimanda ad un’idea precisa che impedisce alla donna di potere – forte, dinamica, consapevole – di essere felice in casa, di andare in “pensione”, magari a fare la maglia, mansione di nobilissima tradizione che nella calza esprime l’apice della conoscenza.
    “Non andrò certo a fare la calza”, detta da un sindaco nella regione italiana con la maggior percentuale di anziani e con un discreto numero di senza lavoro è una frase che potrebbe essere percepita di disprezzo per chi, pensionato o disoccupato, si ritrova felicemente o infelicemente a casa.
    Ma la calza di Marta solleva un problema non irrilevante nel Pd. Infatti, diversamente da coloro che perdono il posto, anche senza primarie, la sindaco in carica dichiara che adesso si sentirebbe pronta “per un ruolo politico” nel partito e precisa di non avere intenzione “di andare in pensione dalla politica”. Anche se si fatica a comprendere perché Marta Vincenzi voglia rimanere in un luogo in cui così elevato è il tasso di ostilità verso di lei.
    Ma una soluzione per accontentare tutti potrebbe esserci: se Marta facesse la calza nel partito? Magari in compagnia di quei dirigenti maschi che ne hanno polverizzato eredità e tradizioni. E se tutti insieme tornassero a prendersi cura, nel senso più nobile del termine, della memoria della politica di sinistra e di quanto più prezioso custodisce?
    Fare un buon partito non è come creare un calzino nel quale la lavorazione di dorso, tallone e piede stiano tutti insieme in armonia? Fare un buon calzino non vuol dire offrire a chi lo sceglie un oggetto caldo, protettivo, privo di insidie?
    E se la buona, vecchia calza diventasse il nuovo simbolo del Pd?
    Cercasi logo.
    (Giovanna Profumofoto dell’autrice)


  • OLI 332: LIBRI – Bella tutta! Un romanzo leggero per parlare di chili

    Sono sessantotto le diete che Elena Guerrini ha provato, tutte elencate all’inizio del suo libro “Bella tutta! I miei grassi giorni felici” edito da Garzanti, presentato insieme all’autrice da Paola Tavella alla libreria BooksIN di Genova il 15 febbraio.
    Il romanzo è la storia di una bambina sovrappeso che diventando adulta decide di accettarsi così com’è. La ricetta – metafora non è mai stata più giusta – vale per molte situazioni della vita, ma quando si tratta di grasso che cola i detrattori diventano maggioranza e il senso di solitudine atroce. La percezione di inadeguatezza che accompagna Elena dalla prima infanzia riceve solo conferme, prime fra tutte quelle della madre sadica e affamatrice dalla quale l’autrice si salva solo grazie alla sua capacità di resistenza straordinaria e alla voglia di ridere. “Se la mamma ti vede bella hai un capitale di bellezza da preservare… altrimenti…”
    Durante la presentazione in libreria c’è stato spazio – oltre che per le letture di Dario Manera – anche per riflettere sull’immaginario che l’essere grassi evoca nel prossimo: “Nonostante le persone sovrappeso possano essere sane, tutti vogliono farle dimagrire, i grassi sono eterni bambini… Se sei grasso tutti ti guardano nel piatto. C’è uno stigma morale forte che pretende che i grassi siano smidollati e pigri”. Emerge una società permeata di criteri estetici anoressizzanti, in cui mondo della moda, star system e case farmaceutiche dettano le regole.
    “Bella tutta” è ambientato nella maremma dei mitici anni Ottanta – c’è la musica e l’atmosfera di chi quegli anni li ha vissuti – ha ironia e romanticismo ed anche nelle pagine più dolorose la scrittura rimane “leggera” senza essere cinica. Già testo teatrale recitato dall’autrice, potrebbe essere perfetto come film. Magari diretto da Virzì.
    (Giovanna Profumo)


  • OLI 331: PRIMARIE – Sherwood e Marta regina della notte

    Dopo le primarie del 12 febbraio Genova è in preda di una narrazione disneyana.
    Piccoli principi, marchesi, conti, popolano le pagine dei giornali con tanto di congiure, vendette, alleanze. Mai la politica genovese ha offerto un’immagine più fiabesca con la città che sembra Nottigham espugnata dai ribelli della foresta di Sherwood. C’è anche il prete.
    In questa battaglia tra bene e male, la cronaca fedele dei messaggi apparsi su Twitter a firma di Marta Vincenzi, restituisce l’immagine di una donna divorata dalla rabbia la cui acuta capacità di analisi pare polverizzata in uno sciame di voti. Dispiace venire a conoscenza di un lato del carattere che la induce a scrivere “dovevo dargli una mazzata subito, invece di aspettare che si rassegnassero” e che consegna la Sindaco ad un immaginario difficile a morire in cui la donna può essere preda di isteria e quindi deve stare alla larga da ruoli politici.
    Ancor più male fa leggere che Marta Vincenzi si paragona ad Ipazia, equiparando la sua battaglia e il suo sacrificio a quello della nota matematica greca. E stupisce leggere sul Secolo XIX che la Sindaco ha “indossato i panni della femminista dura e pura” proprio lei che aveva dichiarato: “Non cerco a priori la solidarietà femminile nelle battaglie che faccio, perché non sopporto la retorica delle cordate vestite di femminismo. Tranne poi addolorarmi e stupirmi quando le ritrovo schierate nella conservazione”.
    Nell’attesa che la pacatezza prenda il posto della collera ecco un’aria mozartiana per la Sindaco.
    La musica che sa rendere belli tutti i sentimenti della natura umana le sia di conforto.

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    (Giovanna Profumo)