Genova, piazza delle Fontane Marose. Son passate da poco le dieci e mezzo di sera quando si sentono applausi dal fondo. Il folto gruppo che da ore assiste al procedere degli eventi – dal televisore nel gazebo allestito nel pomeriggio sotto le stanze messe a disposizione da don Gallo già per il comitato elettorale delle primarie – si volta e può finalmente rivedere di persona il proprio candidato a sindaco, sino a poco prima nel salone di Palazzo Tursi, conteso dalle reti locali e nazionali, ultima in ordine di tempo La7 con Gad Lerner a dialogare con lui ne L’infedele.
Marco Doria, rilassato e sereno, si concede una lunga chiacchierata attorniato dai suoi sostenitori e collaboratori, più che soddisfatti per come stanno andando le cose, sebbene un po’ delusi per la vittoria al primo turno mancata per un soffio. Parla senza sforzare la voce, pacatamente, com’è il suo stile, e con la sicurezza del vincitore, sia pur differito di un paio di settimane. Ringrazia per il sostegno e la partecipazione, insiste sulla necessità di impegnarsi a fondo nei quattordici giorni che separano dal ballottaggio, soprattutto per recuperare almeno in parte coloro che hanno espresso il loro scontento astenendosi dal voto, con punte mai verificatesi prima (a Genova circa il 44% degli aventi diritto, su una media nazionale intorno al 33%, quando nelle precedenti consultazioni gli astenuti erano stati rispettivamente circa il 37% e il 26%). Tra le varie considerazioni, anche l’esigenza di riuscire a raggiungere e convincere le molteplici componenti di una città tanto complessa e articolata, facendo ciascuno la propria parte.
I giornalisti che stavano stazionando con le loro telecamere, intervistando ogni tanto ora l’uno ora l’altro per le dirette delle loro emittenti private, non appena si accorgono della presenza di Doria si fanno sotto a riprenderlo in video e a catturarne le parole, con un curioso effetto di sovrapposizione e rimescolamento dei livelli e dei modi della comunicazione, tra la sua voce tranquilla che parla a chi gli sta intorno e ritorna amplificata dal televisore rimasto da solo sotto il gazebo, mentre, accanto a lui che continua imperterrito a conversare, i conduttori a turno spiegano ai loro spettatori ciò che accade e intanto tutti i presenti, rivedendosi sullo schermo in lontananza, sentono di essere proiettati attraverso l’etere in mille case, testimoni di uno dei tanti momenti della millenaria storia di Genova.
A un certo punto compare Pierluigi Vinai, unico tra gli sconfitti a raggiungere la sede dell’avversario per complimentarsi con lui.
Alla fine Doria si congeda dai suoi, dicendo divertito che c’è sempre una prima volta nella vita: di lì a poco sarà la sua prima volta a Porta a Porta, ovviamente non seduto nel salotto di Bruno Vespa ma in collegamento dal Municipio, dove si accinge a ritornare.
Quelli che rimangono si rimettono a far capannelli in piazza, o a seguire le dirette televisive, con lo stillicidio dei risultati che giungono col contagocce dalle sezioni in cui lo spoglio è rallentato dall’abnorme numero di voti espressi in modo ambiguo su schede mal congegnate, difficili da gestire, comprendere e compilare, con lo scandalo di quasi undicimila dichiarate nulle (3,92%).
Continua il cardiopalmo: c’è chi spera in improbabili rimonte della percentuale di voti; si tiene d’occhio il piccolo scarto che separa Enrico Musso da Paolo Putti come contendente per il ballottaggio.
Soltanto nel cuore della notte il Viminale comunicherà i dati definitivi, confermando la gara finale tra Doria (48,31%) e Musso (15,00%).
(Ferdinando Bonora, foto di Giovanna Profumo)
Categoria: Marco Doria
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OLI 342: ELEZIONI – Lista Doria, una serata in piazza
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OLI 341: ELEZIONI – Doria, Putti e le affinità elettive
Quando a luglio dell’anno scorso è stata pubblicata su OLI la lettera AAA Cercasi Sindaco era possibile considerarla un appello disperato. Le uniche due risposte al post sostenevano che il profilo del nostro sindaco non avrebbe mai trovato spazio nei partiti, lamentavano il condizionamento di un sistema di potere e la necessità di uno scatto di orgoglio da parte dei cittadini. Lo spazio fisico e mentale della politica sembrava un organigramma aziendale, occupato da monoliti, le cui cariche non venivano mai rinnovate.
Durante l’estate, mentre era in montagna, Marco Doria viene a sapere da sua madre di un articolo apparso sui giornali che lo riguarda: qualcuno lo vuole candidare alle primarie del centro sinistra.
In settembre Paolo Putti, dopo votazioni interne, diventa il candidato ufficiale del Movimento 5 Stelle per le elezioni genovesi a sindaco.
Queste sono state per molti cittadini genovesi due buone notizie. E la risposta concreta alla nostra inserzione. Purtroppo pare che Doria e Putti non possano gestire progetti amministrativi insieme. C’è motivo di ritenere che non gli sia consentito dai leader nazionali che li sostengono. Questa pratica, politicamente, si chiama veto. E’ un giochino in mano alle segreterie dei partiti – e adesso anche al movimento – che ha fatto moltissimi danni, soprattutto a sinistra perché non ha permesso di governare. Le elezioni genovesi potrebbero essere un’occasione per Putti, Doria e relativi candidati di liste per rompere il giochino e dimostrare agli elettori che i mesi trascorsi non sono stati vani. Non si tratta di rinunciare a principi religiosi ma di cogliere le affinità elettive comuni da mettere in campo per governare la città.
Nel microcosmo di Oli questa cosa è già accaduta.
(Giovanna Profumo – fotografia dell’autrice) -
OLI 340: LETTERE – Elezioni, Doria e le donne
Cara Oli,
sono appena tornata dall’incontro di ieri sera, 23 aprile, allo Zenzero con le candidate che sostengono Marco Doria. Voglio condividere con voi l’emozione e la felicità provata per un avvenimento che potrebbe diventare una chiave di volta nella politica, almeno nella nostra città, se si riuscirà a tener fede alle intenzioni. Ho visto donne giovani e meno giovani che si presentavano, dicevano quello che le aveva mosse a candidarsi, con semplicità. Parlavano dei figli che avevano, del lavoro che facevano, delle tante cose che riuscivano a tenere insieme nelle loro vite. Atmosfera attenta e rilassata, salvo qualche sollecitazione (sacrosanta!) da parte delle facilitatrici e dal pubblico (“ricordate: siete consigliere e non consiglieri!!”, “Se riuscite a mantenere i contatti con noi, con questa rete di donne, sarete più forti voi stesse!”). Bello, molto bello.
Pensate: se queste donne, quelle che saranno elette manterranno un legame con i bisogni e le aspirazioni delle donne e se questo si riflettesse, anche in minima parte nelle politiche della città, sarebbe una vittoria della democrazia partecipata.
Non democrazia diretta (troppa grazia, Sant’Antonio!) non democrazia rappresentativa (emmu zà dêto), ma un modo di essere incluse in certa misura nelle politiche istituzionali.
Raggiungere una presenza paritaria nei Consigli e possibilmente nelle Giunte è un obiettivo importante, e forse oggi, dando la propria preferenza a una donna, è a portata di mano.
Il 27 aprile alle 16.30 in Largo Pertini la Rete di Donne per la Politica ha invitato tutte le candidate delle liste che sostengono la candidatura a Sindaco di Marco Doria nelle elezioni amministrative del 6 e 7 maggio ad un incontro con cittadine e cittadini.
Gli obiettivi che abbiamo individuato sono: il mantenimento ed efficace sostegno ai Centri Antiviolenza; la creazione di una struttura permanente ed adeguata per gli incontri e le iniziative femminili e femministe dove avviare anche un percorso di partecipazione permanente tra Amministrazione pubblica ed associazioni di donne; il rafforzamento degli strumenti istituzionali contro le discriminazioni di genere e contrasto a messaggi e pubblicità lesive della dignità delle donne; l’adozione del Bilancio di Genere, come strumento per garantire uno sviluppo paritario.(Francesca Dagnino)
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OLI 338: ELEZIONI – L’alternativa del voto disgiunto
Oli bipartisan? Così sembrerebbe leggendo gli ultimi articoli pubblicati da Oli, se pur circoscritti a “Lista Doria” e “Movimento Cinque Stelle”. Tali raggruppamenti, peraltro, sembrano catalizzare l’interesse di coloro che intendono esercitare il “diritto di voto” ma non intendono più riconoscersi nelle logiche e nei programmi dei partiti del centro sinistra. A sensazione sono molti.
Inutili le recriminazioni! Bisogna partire da un dato di fatto presente in tutto il Paese: la voglia di amministratori diversi per “amministrare” la città e “gestire” programmi e progetti condivisi. E questo nella consapevolezza delle ristrettezze finanziarie in una fase di crisi, purtroppo esasperata da ricette accademiche di algidi professori universitari, con laute prebende, molteplici incarichi, ma avulsi dal contesto sociale e propensi a risolvere i problemi economico – finanziari del paese a scapito delle classi più deboli e meno abbienti.
La Liguria sembra destinata a regredire ulteriormente; ha cercato lo sviluppo essenzialmente nel cemento e nel mattone. Risultato: i fascicoli giudiziari accumulati in questi mesi (malaffare, corruzione, inquinamenti mafiotici, mala gestione e quant’altro).
Per quanto concerne il lavoro si accrescono le preoccupazioni in Genova. Quello che resta di industria sta per essere venduto al miglior offerente (Ansaldo – Elettronica), vivacchia su commesse residuali (Fincantieri), cede quote di traffico ad altri porti esteri e italiani (Livorno – Civitavecchia).
I genovesi, ma non sono i soli nel paese, vogliono amministratori nuovi e soprattutto non collusi con le vecchie logiche di potere. Le due realtà su cui si è soffermato OLI rispondono, in parte, a questa esigenza di novità. Ma sembra esistere incomunicabilità tra i due modi di intendere la politica e solo parziale affinità sulle logiche di gestione e di amministrazione.
Come evitare che il Comune finisca, come già avvenuto nelle elezioni piemontesi, in mano alle destre? Là infatti una presenza significativa del movimento “Cinque Stelle” ha portato alla vittoria la Lega e ad una giunta di centro destra. E’ questa l’alternativa voluta dagli elettori un tempo di sinistra e oggi insoddisfatti?
Che fare? Forse la soluzione è nelle mani dell’elettore, accantonando impossibili o utopistici accordi tra partiti e movimenti così diversi. Infatti l’attuale legge prevede il voto disgiunto (la facoltà di votare per il sindaco e optare contestualmente per un partito non apparentato con la sua coalizione).
Inutile dire che il voto disgiunto, a Genova, potrebbe evitare un probabile ballottaggio ed i relativi rischi di una saldatura tra le destre, sotto l’autorevole guida dei “poteri forti”, sempre presenti e alla ricerca di come poter influire sulle scelte nella gestione della cosa pubblica.
Il risultato potrebbe essere l’affermarsi, sin dal primo turno, di un sindaco “nuovo” che coesista con una nutrita e coesa pattuglia di opposizione cui delegare il controllo, per evitare il riaffiorare della logica spartitoria, dei compromessi, o che si perpetui il malcostume recentemente venuto a galla nelle commissioni comunali in tema di “prendi il gettone e scappa”.
Ma fino ad ora poco si parla del “voto disgiunto”, quasi fosse una cosa disdicevole. E questo anche sui quotidiani locali di informazione.
(Vittorio Flick) -
OLI 337: ELEZIONI – Lista Doria, la sfida della partecipazione
Foto di gruppo delle candidate e candidati della lista Doria La lista viene presentata nella piccola sala del punto di incontro in salita Santa Caterina, affollata da giornalisti, simpatizzanti e da cadidate e candidati che si rendono riconoscibili appuntandosi la spilla bianca e arancione “marco Doria X Genova”.
Il candidato sindaco ne spiega le “particolarità”. La prima è quella più fortemente simbolica: l’elenco è di 39 nomi, non di quaranta. Il quarantesimo candidato non può esserci perché la legge italiana non consente ancora agli immigrati di essere eletti ed elettori. Questa provocazione politica viene applaudita con convinzione, e troverà spazio sulle notizie di stampa del giorno dopo.
Non trova invece spazio un’altra notazione di Doria, che commentando la forte presenza femminile, il 59 % dei nomi, dice “E’ un dato significativo, ma non è stato difficile ottenerlo, perché in giro ci sono un sacco di donne capaci, in gamba, oneste”. Certo che bisogna cercare dove non si sono già consolidati i meccanismi del potere, con i loro tetti di cristallo.
I 39 nomi sono allineati in ordine alfabetico perché “Non esistono candidati o candidate più importanti di altri”. Doria, nel parlare, usa con attenzione i generi maschile e femminile. Aggiunge: “Sono tutte persone serie, oneste, competenti, disinteressate. Tutte con una grande passione per l’impegno civile”.
Tra loro anche una componente storica della redazione di Oli, Eleana Marullo.
A mia memoria la democrazia dell’alfabeto non è mai stata molto praticata nelle competizioni elettorali, e ci sarà ben un motivo. Ma questa scelta comunica un messaggio che va oltre la materiale concretezza di non favorire la piccola cerchia dei predestinati. Doria lo esplicita dicendo che la sua lista “E’ un tassello di democrazia partecipata. Sono singole e singoli cittadini non in rappresentanza di organizzazioni o associazioni”.
La sfida ora è garantire un futuro all’esperienza di partecipazione che ha entusiasmato il popolo dei comitati per le primarie di Doria. Tutte le esperienze collettive dopo l’entusiasmo della crescita, del riconoscimento reciproco, incontrano inevitabilmente fasi di crisi, difficoltà nel riconoscere e gestire le differenze interne, nel coniugare partecipazione e democrazia con i ruoli di direzione. Questa è la sfida politica più importante, e più difficile.
L’intenzione c’è. Doria nel suo brevissimo discorso ha detto che la spinta delle primarie “deve vivere per cinque anni”.
L’obiettivo, dice Doria, è di “provare a rinnovare un po’ la politica cittadina, dando spazio ad una società civile che rivendicava di avere parola”.
Ora intenzioni e speranze devono diventare vita vissuta.
(Paola Pierantoni) -
Oli 337: ELEZIONI – Lettera a Marco Doria
Caro Marco Doria,
dunque non si presenteranno liste civiche per i Municipi: una scelta per mancanza di tempo ed organizzazione, questa la Sua risposta, più che comprensibile.
Ci si potrà presentare presso un altro partito come “indipendente”, va bene, non è proprio la stessa cosa però, anche se i “partiti non sono tutti uguali”. Grande delusione fra volontari, appassionati “guardiani” del territorio.
Nelle riunioni del Comitato del Levante-Medio Levante si è visto molto entusiasmo presso i cittadini: persone che hanno voglia di politica vera, desiderano essere ascoltati, parlare di grandi temi, ma pure della quotidianità che affrontano tutti i giorni, dalla buca del marciapiede al bus che non arriva, al parco deturpato, al parcheggio invasivo.
Tanti sono i piccoli problemi che toccano anziani, mamme, bambini nella vita di tutti giorni e che dovrebbe essere compito dei Municipi risolvere, come pure il fatto che un mattino ci si svegli e ci si trovi con le ruspe che innalzano muri o tirano giù alberi.
E che il tutto accada senza che si sappia se sia lecito.
Argomenti di competenza del Municipio, a volte pure bypassato, ma ciò non significa che il Municipio sia un passaggio inutile. In realtà c’è stato finora un fraintendimento nel cogliere il ruolo di tale istituzione, un iter malinteso nello spirito del decentramento, nel fine della Riforma, grande incompiuta poiché non si è realizzata la Città Metropolitana. Non si deve però gettare alle ortiche quanto di positivo potrebbe essere svolto dal Municipio, che invece è stato vissuto spesso come nemico dai cittadini e mal interpretato dai suoi rappresentanti.
Cerchiamo di cambiar passo a questa istituzione, non ignoriamola.
Molte proteste dei cittadini si sono levate perché interventi sul territorio sono piombati sulla loro testa. Il problema? La trasparenza.
A concorrere per l’approvazione di un parcheggio, è il parere del Municipio, sia pure non vincolante, tenuto in considerazione dalla stessa Amministrazione, confidando nel fatto che i rappresentanti del Parlamentino conoscano il territorio.
Il progetto è portato a conoscenza dell’opinione pubblica tramite i media quando va bene, di solito se ne discute in Sala Rossa talvolta in Commissione, spesso soltanto negli uffici e comunque tra intimi in Municipio. Manca sovente un’informazione precisa e capillare presso la cittadinanza.
Perciò si dovrebbe operare anche all’interno di questa istituzione.
E chi deciderà nei Municipi dopo le prossime elezioni? Gli eletti dei partiti della coalizione e saranno tanti quelli che già c’erano, alcuni intravisti ai Comitati e con cui è giusto e opportuno collaborare, nessuno demonizza i partiti.
A questo punto i Comitati che funzione svolgeranno? Un iter parallelo di collaborazione e/o di controllo nei confronti di tale istituzione?
Luogo istituzionale di discussione dovrebbe essere democraticamente il Municipio, un Municipio che informi o coinvolga i cittadini: quanti abitanti sapevano che nell’area del rio Fereggiano con il suoi parcheggi e i suoi edifici abusivi si comprometteva la sicurezza di chi vi abitava?
Con il Suo discorso al convegno degli amministratori locali Pd, svoltosi la settimana scorsa, Lei sottolinea che “lo sviluppo è attenzione all’ambiente… ai beni comuni… che negli enti locali ci potrà essere l’alternativa a coinvolgere in modo trasparente nei processi decisionali i cittadini”.
E le siamo grati perché, a differenza di molti Amministratori o futuri Sindaci, Lei ha sempre usato la parola cittadini e non elettori.
I temi importanti sono ben altri oggi, per carità, tenendo sempre presente “la città vivibile e operosa” che Lei ha evocato con il dipinto della città comunale nell’Allegoria del buon governo di Ambrogio Lorenzetti.
(Bianca Vergati) -
OLI 337: ELEZIONI – Il Giornale: giochi di parole
Il Giornale, martedì 27 marzo, titola “Il professore vuol sfidare la legge e candida un immigrato irregolare”. L’articolo di Giulia Guerri, dedicato alla conferenza stampa di presentazione della lista Marco Doria, cita nell’incipit esattamente le parole usate da Doria per presentare il quarantesimo candidato, virtuale, della sua lista, “un cittadino genovese che vive e lavora nella nostra città, paga le tasse, ma ad oggi non ha diritto a partecipare alla vita politica della comunità, perché non ha la cittadinanza italiana”.
Ora, la lingua italiana non è un’opinione, se un cittadino paga le tasse, non può essere un immigrato irregolare. Si capisce che per un quotidiano abituato ad usare il cosiddetto “metodo Boffo”, travisare le parole è un gioco da ragazzi; all’indecenza però ci dovrebbe essere un limite.
Sorge tuttavia un dubbio: che l’articolo sia scritto in buona fede? Che il pubblico de Il Giornale sia sovraffollato di persone “regolari” che non pagano le tasse, ergo chi paga le tasse è irregolare? Non è praticamente questo che teorizzava anni fa Silvio Berlusconi, dichiarando di sentirsi “moralmente autorizzato ad evadere” tasse troppo elevate? Il dubbio permane: agli onesti la poco ardua sentenza.
(Ivo Ruello) -
OLI 331: PRIMARIE – Le entrée nel seggio d’élite
Seggio Vegia Arbà, piazza Leopardi, cuore di Albaro. La Senatrice candidata arriva con rito consueto, falcata da jogging, strizzata nel piumino aderente, una vigorosa stretta di mano ai presenti. E’ primo pomeriggio e sfortuna per lei è un momento di calma, ringrazia così i volontari, quasi tutte donne, chiede dell’affluenza che le confermano buona. E’ in compagnia dell’immancabile giovane consigliera Michela, che l’avrà di certo rassicurata sulla tenuta del territorio, è stato fatto un martellante lavoro di passaparola, mail, messaggini, telefonate. Le affianca un tizio rasato dall’aspetto corpulento, con giacca turchina da mago Zurlì, è il body guard, a cui qualcuno chiede se deve votare: un quadretto tipo cantante Madonna.
Il terzetto riparte sull’auto che sfreccia sgommando all’interno del marciapiede e sfiora le scalette dello storico ristorante, inconsueto seggio elettorale.
Fa la sua capatina pure l’ex segretario Mario Tullo, ora parlamentare, aria stazzonata e gioviale, qui votano Pericu, il presidente Burlando, l’assessore Rossetti, alcuni consiglieri comunali, così è una processione obbligata.
E poi è terra di scout, asili e case di riposo della curia.
Irrompe con suorine al seguito la presidente per caso del Municipio Medio Levante, ex Margherita, ex Pd, ora Udc, diventata tale dopo due presidenti di destra, uno sfiduciato per un affaire di appalti e l’altro assurto ad assessore alle manutenzioni per Vincenzi. Nel frattempo il seggio si è riempito, pazientemente gli elettori si accalcano in coda, ma le suore devono votare e subito: all’uopo si mobilita uno dello staff ufficio stampa della Regione, accorso, che grida al telefono, incurante della fastidiosa confusione creata.
Tutti grandi elettori Pd.
La Vegia Arbà risulterà essere fra i primi migliori risultati per la vittoria di Marco Doria, come tutto il Levante. In grande maggioranza le donne, di ogni età, ma anche sedicenni con genitori al seguito: voglia di un volto nuovo, che ha conquistato vecchi e giovani e sconfitto un partito, che ha pure lui due volti nuovi, il segretario provinciale Razetto e il segretario regionale Basso, i due “cattivi ragazzi” che si dimettono per colpe non loro. Pagano in prima persona e da soli la colpa dell’establishment di cui sopra, che ha avallato in segreto l’autocandidatura della Senatrice, l’autoricandidatura della Vincenzi, le primedonne, che i due giovani segretari non volevano e che hanno tentato in tutti i modi di evitare, invocando un ricambio.
Niente da fare, sono stati travolti da entrée come al seggio di piazza Leopardi.
Pressioni romane, vecchi saggi ormai da camino, una pletora di politici trombati o pensionandi, ex di ex, notabili, sponsor di un cambiamento che non cambiava niente. Persino l’ex sindaco di Bologna, che prima stava più qui che a Bologna ed ora è più a Genova che a Bruxelles strepita che bisogna riflettere, lui che ritiratosi per fare il papà si è candidato a segretario in Liguria, ha fortemente voluto la senatrice, appartenente alla sua corrente, l’area Franceschini. Neppure troppo velatamente si imputa la débacle all’inesperienza, troppo giovani questi segretari.
Non è così. Personalismi, ambizioni infinite, vecchie lobby interne di partito, inadeguatezza a cogliere lo stato d’animo della città, l’insofferenza alle stesse facce, ecco le cause della sconfitta del Pd.
Il guaio è che a casa, oltre alle zarine, non ci andranno purtroppo i personaggi inamovibili che ora vogliono lo scalpo dei due cattivi ragazzi. Che però cattivi non sono stati per niente, purtroppo.
(Bianca Vergati) -
OLI 331: PRIMARIE – Marco Doria e i “radical chic”
Seggio delle primarie presso la casa di quartiere “Ghett-Up”, in Vico della Croce Bianca. In coda con gli altri una signora impossibile da ignorare: per tutto il tempo dell’attesa, una decina di minuti, parla a voce molto alta, girandosi di qua e di là per cercare di coinvolgere le altre persone in coda “Io voto Marta Vincenzi, è l’unica da votare. La Pinotti no, per l’amor del cielo, e Marco Doria è un bravo ragazzo, ma poverino, la mafia del partito se lo mangia, non gli faranno fare nulla” . L’improvvisato spot viene ripetuto più volte, con leggere variazioni, senza suscitare particolari reazioni.
Solo quando la signora aggiunge “E poi lo vota solo un gruppetto di radical chic” si innesca un cortese scambio con una donna in coda davanti a lei: “Io veramente radical chic non sono. E voto Marco Doria …”.L’episodio è minimale, ma qualche campanello risuona quando anche un importante esponente del Pd, Mario Margini, accosta questo termine ai sostenitori di Doria, descritti come “Sel, radical chic, movimenti, senza tessera, personaggi come don Gallo e Vendola”. Un accorpamento un po’ freak in cui si coglie una nota svalutativa; come dire: con un panorama come questo sarà dura vincere le elezioni.
Del resto Doria viene descritto su La Repubblica del 14 febbraio come “Il marchese che piace ai rossi e alla borghesia che conta”, sottolinenando che “ha raccolto consensi nei quartieri più esclusivi della città”.
Ma ascrivere le ragioni del successo di Marco Doria ai movimentisti romantici e alla ricca borghesia è una deformazione che taglia fuori la categoria forte che ha reso davvero possibile la sua vittoria alle primarie: cioè persone non etichettabili con le categorie di cui sopra, di origine italiana e non, di attività ed età svariatissime, benestanti e non, che abitano in tutti i quartieri di Genova, popolari e non; persone che sono state convinte attraverso una campagna condotta da moltissimi volontari, con pochi soldi, nessun apparato, e nessun aiuto da parte degli organi di stampa.
Lo sconcerto sistematico del Pd di fronte a queste sconfitte mai messe in conto, dalla Puglia, a Milano, a Napoli, e ora a Genova, nella grande diversità delle situazioni, è comunque frutto dello stesso fraintendimento della realtà, a cui viene sostituita un’immagine ingannevole, costruita in un ambito chiuso ed autoriferito.
Nella piazza dei festeggiamenti c’erano persone molto normali che ti raccontavano una “grande gioia”, perché avevano molto lavorato, avevano vissuto insieme “una esperienza bellissima”, e ce l’avevano fatta contro le generali aspettative.
Che c’entra questa gente con i radical chic evocati dall’anonima elettrice del Ghetto, e dal noto politico Pd?
(Paola Pierantoni – foto dell’autrice) -
OLI 331: PAROLE DEGLI OCCHI – 12 febbraio 2012
Foto di Giorgio Bergami ©Genova, ore 23 circa di domenica 12 febbraio 2012: è ormai certo che il 46% dei votanti alle primarie ha designato Marco Doria candidato sindaco della coalizione di sinistra per le prossime elezioni amministrative. La sindaco in carica Marta Vincenzi ha ottenuto il 27,5 % dei voti; la sfidante senatrice Roberta Pinotti il 23,6%.