Categoria: ELEZIONI

  • OLI 366: ELEZIONI – Dai girotondi allo tsunami

    (Beppe Grillo a Genova il 17.2.13)

    Dice che è colpa dei giornalisti se la sua immagine sui quotidiani risulta brutta e distorta.
    Ma di tutti gli scatti fatti in piazza veramente pochi trasmettono la pacatezza che lui lamenta non venga inquadrata.
    Dice che la vecchia classe politica è al capolinea, che le cose devono cambiare anche se non sa dove andranno a finire.
    Parla dell’Italia, e delle famiglie di italiani che vanno alla mensa della Caritas, per certificare un baratro che forse, nella sua testa, poteva essere tollerato finché riguardava soltanto gli immigrati.
    Parla delle aziende che chiudono e della miseria.
    Devono andare a casa tutti. Tutti fuori. Destra, sinistra centro! – dice.
    E dice della guerra di oggi, delle macerie economiche, politiche e sociali, di cui l’Italia è piena.
    Nessuno deve rimanere indietro – urla.
    E aggiunge che loro se ne devono andare subito, ma prima che se ne vadano gli italiani hanno il diritto di fare una piccola verifica fiscale sui loro conti, come hanno fatto sui nostri!
    Al redditometro risponde con il politometro per certificare la congruità del patrimonio del politico prima, durante e dopo la sua presenza nelle istituzioni. In caso di incongruità, precisa, la magistratura interverrà affinché venga restituito agli italiani quello che è stato tolto. Noi dobbiamo dare il conto di come spendiamo i nostri soldi? Dobbiamo rovesciare l’onere della prova – urla – sono loro che devono dire come spendono i nostri soldi!
    Parla di riforme subito. Di reddito di cittadinanza. Dice che i soldi ci sono e che il movimento li prenderà – non ai paraplegici, alla Sla, alla sanità, alla scuola – ma dai rimborsi elettorali (tre miliardi e mezzo).
    Dice che i suoi capolista sono per la maggior parte donne. Non con le labbra di polistirolo e il culo di tungsteno, ma donne che lavorano che tirano su i figli, famiglia, donne che si fanno un culo così dalla mattina alla sera!
    Il punto g di Federica Salsi non è materia di comizio e nemmeno la sospensione dell’assessora di Mira,  Roberta Agnoletto, di cui si è scritto che sia stata allontanata perché incinta.
    Lui materializza il pensiero del cittadino medio dandogli corpo, riconosce la rabbia e l’angoscia degli italiani covata negli anni, elevandola. E lo fa con la precisione di un orologiaio svizzero mescolando i tempi della battuta scherzosa con quelli di incitamento alla ribellione. Nei suoi comizi, il canovaccio base si adegua al territorio, si piega alle attese della gente. I militanti sanno che lui è il movimento – padre padrone, cervello – e loro sono sangue pulito, cellule al lavoro veloci e solerti per l’Italia che vuole cambiare.

    (Candidati liguri del  M5Stelle alle elezioni politiche 2013)

    In tv i suoi candidati non appaiono, non perché non parlino nei comizi ma perché l’informazione non se li fila affatto tutta intenta ad inquadrare soltanto lui.
    Casini, con un approccio clinicamente schizofrenico, ha ammesso che Grillo è il termometro, non la causa della febbre. Che la causa è l’operato della politica degli anni.
    Anche il Nobel Dario Fo è andato in piazza Duomo a sostenerlo. E a me è venuta in mente piazza San Giovanni, il 14 settembre 2002, un milione di persone in movimento che chiedevano ai politici italiani una politica migliore, radicalmente diversa.
    E non si mandava affaculo nessuno.
    (Giovanna Profumo – foto dall’autrice)

  • OLI 364: ELEZIONI – Il politico e la cessione del quinto

    Vorrei segnalare un’importante iniziativa di questa campagna elettorale, che credo potrà incidere in maniera determinante sul risultato della stessa.
    L’evento fa sicuramente leva su tutti gli elettori, e non sono pochi, ad oggi ancora d’orientamento incerto. Il politico che desidera incrementare il proprio corpo elettorale si presenta al più vicino “Centro per l’impiego” della propria città, dove può consultare la lista dei disoccupati e da questa scegliere un nominativo.
    Stipula con il disoccupato un regolare contratto con il quale si impegna a versargli mensilmente 1/5 del proprio stipendio, oltre ad accompagnarlo personalmente nel percorso di ricerca di un lavoro.
    La rata mensile verrà sospesa quando il reinserimento lavorativo avrà prodotto per il disoccupato un regolare contratto di lavoro.
    L’iniziativa, deducibile fiscalmente, trattandosi di spese per campagna elettorale, produrrà per il politico una sostanziale portata di voti, quali, oltre a quello del disoccupato stesso, quelli di amici e parenti vicini e lontani. I “Centri per l’impiego” invitano i politici interessati ad una sollecita presentazione agli sportelli.
    (Maria Profumo)
  • OLI 363: ELEZIONI – Non sarà il solito Benvenuti al Sud

    Si fa un gran parlare della Lombardia come ago della bilancia alle prossime consultazioni elettorali, ma sotto sotto s’indovina il Sud come altra incognita, una parte del Paese dal voto volatile, che premia con furore una parte o l’altra della politica, sperando ogni volta invano che ci si ricordi delle sue belle terre non soltanto quando si devono appiccicare i manifesti.
    Se infatti contano i seggi al Senato della Puglia, ben più determinanti sono quelli della Sicilia. E se là il territorio appare più felice, omettendo l’Ilva, qui imperano disgregazione sociale, disoccupazione giovanile al massimo dei record europei, mafie dai molti nomi, dai colletti bianchi e dall’accento anche nordista.
    Molto tempo e macerie sono passate dalla prima volta di B. in Sicilia, un sessanta a zero che lasciò tramortita la sinistra, ed ecco far capolino sondaggi da brivido, a pochi mesi dalla vittoria alle Regionali del centrosinistra, sia pure con la metà dell’elettorato: un 29 per cento per il centrodestra, contro il 29 e mezzo della controparte secondo La7 a Ottoemezzo del 30/1 e un pareggio sul Tg3 del 29/1, senza contare il M5Stelle.
    Hai voglia a nominare assessori regionali come Zichichi. L’illustre scienziato di Erice pare ancora immerso nel suo incantato e foschioso borgo medievale, mentre l’altro assessore, il menestrello Battiato, per ora non ha fatto presa con le sue note.
    Non soltanto il Palermo, una squadra di calcio dal cuore grande, scivola in serie B, persino la città di Palermo, che aveva salutato con i tamburelli il ritorno del sindaco Orlando, sembra sopita in una stratificata inerzia. Nulla è cambiato, neppure nell’immagine; un traffico da Shangai, puzzolente e irriverente persino nei suoi angoli più belli, non esiste un pezzetto di area pedonale neanche davanti alle sue architetture meravigliose.
    Spazzatura ovunque, dai vicoli alle cittadine intorno.
    Eppure non tutta la Sicilia è così, trovi città tirate a lucido, spazzate, con il passeggio sul lastricato splendente, distese di ulivi e aranci in una campagna curata, costellata di fiori azzurri e gialli anche in gennaio.
    Forse per risollevarsi non basta più la delega passiva al leader taumaturgo, ma una diversa cooperazione sociale tra i cittadini e chi li rappresenta. Per restare nella metafora calcistica, Palermo, la Sicilia, il Sud soffrono della disaffezione di un pubblico volubile e al tempo stesso esigente che ha dato molto e al tempo stesso troppo poco. Le giuste pretese di una vita migliore al Sud si scontrano magari quotidianamente con una certa latitanza del senso civico, a fronte di un autentico anelito al cambiamento, a cui la politica non riesce a dare un senso.
    Ecco dunque che forze nuove come quelle messe in campo da un disinvolto magistrato insulano spaventano non soltanto il Pd, ma anche chi dello psiconano e della sua cerchia, per dirla alla Grillo, non ne può più. Forze nuove di tutto rispetto s’intende, che fanno della legalità una bandiera, ma candidano in Campania un tale Aniello Di Nardo, capopopolo dallo slogan “condono edilizio passato, presente e futuro”, mentre  “Napoli non merita soltano promesse” titola l’Unità del 31 /1 dopo che gli autobus hanno smesso il servizio perchè senza benzina: amministra la città un volenteroso sindaco-ex magistrato, altro leader del movimento delle toghe.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 362: VOTO ALL’ESTERO – Diritto negato a temporanei e precari

    Forte la polemica in questi giorni sugli studenti Erasmus lontani dall’Italia che non possono votare, mentre ancora si rabbrividisce al ricordo dei pasticci dei parlamentari eletti all’estero con la giustissima legge voluta da Pino Tatarella, che colmò un vuoto legislativo davvero indegno. Su modello anglosassone con il Decreto-legge 18 dicembre 2012, n. 223 si è ampliata ulteriormente la platea degli elettori e così alcune categorie di cittadini residenti temporaneamente all’estero e ai quali non è richiesta l’obbligo di iscrizione all’Aire, Anagrafe italiana residenti all’estero, possono votare per corrispondenza.
    “Le categorie individuate sono: appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all’estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali; dipendenti di amministrazioni dello Stato, di regioni o di province autonome, temporaneamente all’estero per motivi di servizio, qualora la durata prevista della loro permanenza all’estero sia superiore a tre mesi e inferiore a dodici mesi i loro familiari conviventi; professori e ricercatori universitari che si trovano in servizio presso istituti universitari e di ricerca all’estero per una durata complessiva di almeno sei mesi e non più di dodici mesi che, alla data del Decreto del Presidente della Repubblica di convocazione dei comizi, si trovano all’estero da almeno tre mesi, nonché, qualora non iscritti nelle anagrafi dei cittadini italiani all’estero, i loro familiari conviventi.” 
    E tutti gli altri? Lodevole la legge, ma assolutamente discriminante, infatti dai “temporaneamente all’estero” sono esclusi non soltanto gli Erasmus, ma tutti i cittadini italiani che sono fuori dall’Italia, come ad esempio i ragazzi che frequentano corsi di studio più lunghi di un Erasmus, durevole al massimo un anno, ma anche coloro che sono andati via perché nel nostro Paese non hanno trovato lavoro e magari sono partiti per una sistemazione precaria, un contratto a termine, una chance altrove.
    In realtà iscriversi all’Aire sarebbe obbligatorio, trascorsi tre mesi dall’arrivo in un altro Paese, ma molti non lo fanno e non per una mera questione di tasse, bensì perché si viene cancellati automaticamente dall’assistenza sanitaria nazionale quando si comunica al proprio Comune la diversa residenza: se si rientra in Italia si ha diritto all’assistenza sanitaria per 90 giorni e soltanto per cure urgenti, salvo ricambiare la residenza. Tutto ciò se non si ha distacco per lavoro, un lavoro ufficiale, certificato da un’azienda e se si è nei paesi Ue o in Paesi che prevedono accordi sanitari: se si ha bisogno meglio presentare il proprio tesserino Asl e basta.
    Almeno in Europa, altrove il Ministero degli Esteri consiglia “la stipula di un’assistenza sanitaria privata”. Quanti sono in realtà gli italiani all’estero che non sono dichiarati con lo status di “emigranti”? Una marea e tantissimi sono i giovani, che vagano per un lavoro o per studio e non certo per turismo. Ma il loro voto non interessa alla politica, che ne fa un gran parlare ma non li considera ”cittadini aventi diritto al voto”. Se ne sono dimenticati, anche se ora farebbero comodo almeno un po’ di migliaia di voti in più.
    (Bianca Vergati)
  • OLI 362: ELEZIONI – Grillo, un Logo per due (o anche tre)

    “O cavallina, cavallina storna, che portavi colei che non ritorna”: si parla della logica, reduce dai banchi di Montecitorio. Alcune volte ci si chiede che fine abbia fatto, vista la sequela di norme contraddittorie e inutili e anche sbagliate che sono state prodotte nel tempo dal Parlamento. La legge elettorale, vigente da tempo immemore in Italia, non tiene conto della sequenza logica degli avvenimenti necessari alla presentazione di una lista per le elezioni. Per questo motivo deve essere riformata dalle basi.
    Analizziamo la sequenza come prevista. Prima di tutto occorre avere una lista di candidati, e quella bene o male tutti i partiti e i movimenti sono riusciti a tirarla su, chi più chi meno. Poi occorre raccogliere le firme su dei moduli cartacei, con la presenza di un certificatore, sovente al freddo, per strada. I moduli devono avere il simbolo elettorale già inserito, a colori (per un costo di circa 500 euro per raccogliere 5000 firme). La raccolta delle firme è prevista da sei fino a circa un mese prima delle elezioni, data di consegna delle firme e dei relativi certificati elettorali dei firmatari.
    Un giorno “che non si sa quando esattamente” ma comunque prima del giorno di consegna delle firme, dopo una coda all’aperto a Roma senza un ordine di arrivo che non sia autogestito, si deve invece consegnare il simbolo. Il simbolo elettorale, diametro esattamente 30 millimetri, tondo, quello già esposto così in evidenza nei moduli elettorali, deve essere unico e non simile ad altri. In caso di somiglianze, ha la precedenza quello che viene consegnato per primo.
    La legge elettorale non prevede l’esistenza di marchi registrati attraverso gli stessi organi statali quali l’Ufficio marchi e brevetti, se non quelli già presenti in Parlamento; quindi copiare quello del Pd o del Pdl non sarebbe un’idea furba, quello del Movimento 5 Stelle, di Monti o di Ingroia invece si. Ed infatti è successo.
    Insomma: occorre consegnare per primi un simbolo che la legge stessa ti obbliga a mostrare al mondo prima della consegna, ossia esiste di fatto un obbligo di esporsi al rischio della copia, senza fornire al riguardo alcuna protezione: è evidente l’assurdità della situazione. Inoltre i marchi registrati, che sono oggetto di continue contese nelle aule di tribunale quando si parla di utilizzo commerciale, non sono tali se si parla di elezioni: cosa può aver portato un legislatore a inventarsi una cosa simile?
    Di più: con i tre marchi copiati, depositati prima di quelli originali solo per fare “ammuina”, si giunge all’assurdità che i detentori del marchio “vero” avranno raccolto le firme necessarie ma non potranno usarlo, mentre chi non ha alzato il sedere dalla sedia, e non presenterà firme il 21 gennaio, non potrà presentarsi alle elezioni, e quindi avere il marchio nella scheda elettorale: siamo alla follia pura, all’eutanasia elettorale.
    E’ evidente che la legge elettorale va cancellata completamente e riscritta in termini moderni. Prima di tutto il sistema di rilevamento delle firme deve essere possibile anche via internet o con sistemi elettronici, con l’utilizzo di tecnologie che possano facilmente autenticare le persone. Questo, oltre ad accelerare i tempi di raccolta, consentirebbe uno sgravio notevole del lavoro degli uffici elettorali che devono controllare uno per uno i firmatari, stampare i certificati, verificare che abbiano firmato una sola volta e per un solo candidato. Prima ancora, il simbolo va depositato attraverso un registro come l’Ufficio dei marchi, e da loro recepito come unico. Solo dopo il recepimento del marchio, sarà possibile la raccolta delle firme.
    (Stefano De Pietro)

  • OLI 356: ESTERI – Sessismo negli USA

    Sui risultati ottenuti dalle donne alle ultime elezioni negli USA, Tali Mendelberg, professore associato di scienze politica all’Università di Princeton, e Chrisopher f. Karpowiz, un assistente professore di scienze politiche presso la Brigham Young University, illustrano sul New York Times del 8 novembre 2012, i risultati della loro ricerca sulla necessità di una presenza femminile pari a quella maschile in un gruppo decisionale per poter produrre decisioni al femminile: “Il Congresso che si riunirà nel mese di gennaio avrà un numero record di donne: 20 senatrici. Le candidate donne hanno rotto altre barriere nelle ultime elezioni. Questo significa che il prossimo Congresso sarà più attento ai bisogni dei bambini, delle ragazze madri e degli americani più vulnerabili a causa del basso reddito, delle cattive condizioni di salute e di altri svantaggi? Purtroppo, no. La nostra ricerca dimostra che i legislatori prendono in considerazione le politiche femminili solo quando la presenza delle donne è veramente uguale a quella degli uomini. Festeggiamo pure le conquiste elettorali ma abbiamo molta strada da fare”. 
    Rimanendo negli Stati Uniti, sempre riguardo alle donne, per il Business Insider il generalissimo Petraeus, protagonista di guerra in Iraq ed Afghanistan contro nemici terribili è vittima di una donna molto seducente ed ambiziosa, la sua amante e bioghrafa Paola Broadwall. Lui è giustificato: “un uomo di 60 anni che si trova davanti una donna attraente che ha quasi la metà dei suoi anni che si rende disponibile a lui, mettetevi nei suoi panni è una prova durissima per chiunque”. Per lei invece nessuna giustificazione e il titolo sessista dell’articolo del Business Insider è, infatti, il seguente: “Un collega di Petraeus: la bioghrafa Paula Broadwell ha messo i suoi artigli su di lui”. 
    (Saleh Zaghloul)
  • OLI 355: ESTERI – Elezioni americane, si vota per il meno peggio

    I sondaggi dicono che il voto americano è incerto, che sarà una lotta fino all’ultimo voto. Qualche settimana fa, quando Mitt Romney è stato beccato mentre offendeva la parte povera del suo popolo, Barack Obama era in netto vantaggio. Ma il primo dibattito televisivo è stato nettamente vinto da Romney. Successivamente, Obama ha recuperato, ma soltanto per arrivare alla situazione attuale di parità ed incertezza. Il primo dei tre dibattiti televisivi sarà ricordato come la causa determinante di un’eventuale sconfitta di Obama: il presidente sembrava svogliato, come se la sua passione politica fosse finita, che fosse rassegnato al potere dell’apparato politico che impedisce ad ogni occupante della Casa Bianca di compiere cambiamenti significativi alle politiche nazionali o esteri. Essendo un uomo di centro, come Bill Clinton, non ha nemmeno cercato di sfidare l’apparato di potere o di governare da progressista. David Maraniss, nel suo libro sulla vita e la formazione di Obama, racconta che quando era andato al colloquio per il suo primo lavoro come organizzatore di comunità, ha trovato il modo per chiedere al suo intervistatore se si trattava di una di quelle organizzazioni di estrema sinistra con la quale non voleva avere niente a che fare. Inoltre Obama si era presentato al dibattito impreparato, sottovalutando il suo avversario e sopravvalutando le sue capacità di improvvisazione. Obama è un grande oratore e aveva agito brillantemente contro MacCain nel 2008, ma il conservatore di destra Romney, diversamente da McCain, ha una personalità solare e ha alle spalle una brillante formazione universitaria: ha frequentato contemporaneamente la Harvard Law School e la Business School, classificandosi al top in entrambi. Romney è arrivato al dibattito molto preparato, come ha sempre fatto. Nel terzo dibattito sulla politica estera i due candidati erano sostanzialmente d’accordo su tutto, ed è proprio questo il vero problema. Glenn Greenwald sul The Guardian scrive, infatti, che il dibattito “ha mostrato una fondamentale verità sulla campagna delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti: la maggior parte delle questioni politiche più importanti sono completamente taciute“.
    Ciò è dovuto al fatto che “i due candidati in grande misura sono d’accordo su molte delle questioni politiche più urgenti del paese“.
    La maggior parte di ciò che conta nella vita politica americana non si trova nei dibattiti elettorali nazionali e le politiche penali ne sono un esempio chiaro. L’ America imprigiona i suoi cittadini in una misura di gran lunga superiore a qualsiasi altra nazione sulla terra, compresi i paesi con una popolazione molto più ampia.
    Come ha riportato il New York Times nel mese di aprile 2008: “Gli Stati Uniti hanno meno del 5% della popolazione mondiale, ma hanno quasi un quarto della popolazione carceraria del mondo”. I neri americani continuano ad esserne la prima vittima. Come è successo parecchie volte nel nostro paese negli ultimi vent’anni, anche i progressisti americani si trovano di fronte due candidati che meritano entrambi di perdere le elezioni, e siccome il sistema elettorale non lo permette, sono costretti (quelli che ci vanno) a turarsi il naso e votare per il meno peggio.
    (Saleh Zaghloul – Foto da internet)

  • OLI 351: PRIMARIE – Laura Puppato, anima e PD

    Pochi sanno che c’è. Infatti Laura Puppato  non è stata ancora ospite delle trasmissioni televisive che, in prima serata, fanno la fortuna dei politici del paese. Se non fosse per un’intervista a Concita de Gregorio su Repubblica della sua candidatura alle primarie del PD non si parlerebbe nemmeno sulla carta stampata. Alcuni l’hanno liquidata con leggerezza: è “un’anima bella”, hanno detto, e lei ha risposto: se serve, ci sono. Contattarla è stato facile: una telefonata al Consiglio Regionale Veneto, un altro recapito e la sua disponibilità a rispondere a domande scritte.

    Di lei si era accorto Beppe Grillo che cinque anni fa l’aveva premiata come primo sindaco d’Italia a Cinque Stelle. Sua, garantisce Puppato, l’idea dei politici dipendenti dei cittadini e non del comico che l’aveva fatta propria.
    Quelle che seguono sono le sue riflessioni, elemento utile per chi nelle primarie ci crede.
    1) Su La Repubblica del 13 settembre scorso Laura Puppato ha parlato delle primarie del Pd come di una battaglia fratricida. Perché allora ha deciso di partecipare? 
    Proprio per questo. Credo nella sana competizione delle idee e anche in un diverso modo di fare politica. In queste primarie stava accadendo che la contrapposizione tra vecchio e nuovo togliesse di mezzo i temi su cui fondare la rinascita del Paese, mettesse in secondo piano l’Italia che vorremmo. Molte persone semplici che sono il vero patrimonio delle primarie, visto che è quello il loro luogo per fare politica dal basso, si stavano allontanando. Correre ai ripari voleva dire parlare concretamente e generosamente a loro, candidando le idee e un nuovo modello di politica, più sobria e più coerente.
    2) La discussione di questi giorni è: Primarie aperte o no? Lei da che parte sta? 
    Il Pd non può permettersi di chiudere, di mettere i tornelli alle primarie, perderebbe la grande occasione di mandare agli italiani un messaggio di democrazia che nessun altro partito oggi è in grado di proporre. In un certo senso la sua identità e la sua capacità di essere partito traino del Paese verrebbero messe in discussione, non faremmo più la differenza, saremmo assimilati agli altri…. E Dio solo sa quanta sia oggi la necessità di credere ancora ad un politica capace di mettersi in gioco, senza infingimenti e con le regole che esistono.
    3) Duecentocinquantamila euro a candidato è il tetto massimo di spesa per partecipare alle primarie: pochi o tanti? E come intende regolarsi? Cosa ne pensa di una campagna di trasparenza sui finanziamenti?
    Cominciamo da qui, abbiamo parlato di sobrietà e coerenza? Bene questa è la “prova del 9”, niente effetti speciali e nessuno spreco, 250mila euro sono una cifra molto, molto alta persino eccessiva anche per l’Italia. Daremo un messaggio di grande spessore morale e politico scegliendo la trasparenza nei finanziamenti – che devono essere numerosi e limitati negli importi, per evitare condizionamenti futuri – e garantendo anche in questo caso di “fare le cose normali”, senza eccessi comunicativi e montagne di costi… Personalmente molto treno, tanti incontri e tantissimi volontari che credono in quello che propongo e nel cambiamento di uno stile.  
    4) Alleanze: quali quando con chi… 
    Dobbiamo partire da noi, dal Pd. Soprattutto se resterà malauguratamente questa nefanda legge elettorale, il rischio reale è che la coalizione non abbia capacità di governo soprattutto al Senato e questo renderebbe instabile un Paese che ha bisogno delle certezze politiche come del pane quotidiano. Serve infatti una coalizione “di governo” per una legislatura che sia anche costituente. L’alleanza di tutto il centrosinistra mi sembra naturale, come pure il dialogo con tutti quei soggetti e movimenti della società civile che hanno dato vita alla battaglia referendaria del 2011.
    5) Nell’intervista a Repubblica si è domandata come sia possibile fare dell’anagrafe un fattore discriminante per fare politica. Lei in proposito come la pensa? 
    Penso che l’età non possa essere un discrimine ma è impossibile non chiedere maggiore rappresentanza politica ai giovani che, in larga parte, ne sono rimasti esclusi. Sono diventata sindaco della mia città a 45 anni, senza alcuna esperienza politica precedente. In generale credo che un amministratore e un parlamentare diano il massimo nel corso dei primi due mandati. Inoltre il ricambio fa bene alla democrazia, spezza eventuali rapporti di potere che nel tempo potrebbero incrinare la bontà delle scelte di un amministratore. Gli spazi per i politici di lungo corso non mancano fuori dell’emiciclo ed anzi sarebbe una ottima occasione per esse utili in altre forme alla politica e alla formazione dei nuovi politici.
    6) L’anima verde, ha detto, salverà il paese. Il Pd, oltre a quella di Laura Puppato, ha un’anima verde? 
    Attraverso l’esperienza vissuta nel Forum Ambiente del Pd ho conosciuto e ho lavorato con tantissimi democratici con l’anima verde che, forse, non risulta ancora così evidente nel progetto politico del Pd per il futuro dell’Italia. Le tematiche ambientali devono essere centrali per l’agenda di governo, come avviene da un ventennio nei G*8 e nei G*20, basti pensare all’arretratezza culturale e politica su questi temi che ha vissuto il nostro Paese a causa di governi distratti, sciagurati e di nessuna prospettiva. Dobbiamo recuperare il tempo perduto perché ambiente e’ lavoro e quindi occupazione che manca, ma e’ anche welfare e qualità della vita. Non si tratta solo di alimentare una generica green economy ma di apportare innovazione in tutti i settori dell’economia, delle politiche urbane compreso il trasporto di merci e persone, il riciclo di rifiuti e il recupero della materia prima, l’efficientamento energetico e la stessa pubblica amministrazione.
    7) Il buon governo: potrebbe indicare i primi cinque punti? 
    In pochi punti direi: 1) Il lavoro attraverso: a) l’immediata attivazione del programma per l’efficientamento energetico in 9 settori studiato da Confindustria nel 2010, che prevede l’incremento in 10 anni di 1 milione e 600 mila posti di lavoro; b) parziale e totale defiscalizzazione per le imprese, soprattutto PMI, che investono su innovazione, ricerca, prototipazione e in nuove assunzioni di giovani e donne. Il costo aggiuntivo per la seconda parte visto che la prima sarà in attivo, lo desumerei dal recupero dell’evasione ed eventualmente da una piccola patrimoniale, qualora necessaria e solo sui redditi oltre il milione di euro. 2) Il sostegno alla famiglia. L’Italia è al penultimo posto in Europa quanto a spesa per la famiglia, alla quale viene devoluto solo il 1.2% del PIL metà circa di quanto avviene in Europa. Intendo recuperare la soluzione proposta dal “forum delle famiglie” in Italia che considera di rendere esente da imposte, fino al valore lordo del reddito percepito, il costo medio di ogni nuova vita moltiplicandolo per il numero dei familiari a carico. Questo importerebbe fin da subito incrementi di reddito variabili tra i 200 e gli oltre 1000 euro/mese/famiglia. Il corrispettivo costo lo desumerei dall’abbattimento per pari importo delle spese militari. 3) La riforma della Pubblica Amministrazione, passa attraverso un avvio di procedure semplificate, e trasparenti in tutti i procedimenti amministrativi. Siamo agli ultimi posti in EU nel colloquio informatico con la P.A. e questo implica un onere economico di 8 mld di euro inutilmente sprecato in tempi morti, viaggi e costi collaterali. . La P.A. deve fornire risposte entro tempi certi, mai superiori ai 30 giorni prevedendo sanzioni e indennizzi in caso di mancata applicazione di questa regola. Così si torna ad un rapporto corretto con il cittadino e le imprese. 4) Giustizia. Sono in gioco i diritti fondamentali dei cittadini e della democrazia, la giustizia giusta, celere e garantita deve essere obiettivo primario per la prossima legislatura. Nell’ultimo decennio abbiamo assistito ad un indebolimento del sistema, riducendo risorse, attivando leggi volte ad impedire la correttezza e la conclusione dei procedimenti giudiziari, riducendo le pene e incrementando la prescrizione così demotivando i giudici. Anche in questo caso e’ importante che chi investe in Italia sappia che potrà contare su un sistema di regole chiare e applicate in modo indiscutibilmente celere, garantendo il giusto tempo di risposta anche giudiziaria. Direi che 180gg rispetto agli attuali 4/7 anni possano bastare. 5) Approviamo i diritti civili che la società si attende: regolamentazione delle unioni di fatto e dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, con tutto ciò che ne deriva in termini di riconoscimento sociale, sussidiarietà, eredità, etc. è una necessità sociale, riconosciuta dalla Costituzione e messa in atto nelle moderne democrazie; rispetto della 194 su tutto il territorio nazionale, testamento biologico e modifica della legge 40 sulla fecondazione assistita.
    8) La buona politica: cosa vorrebbe “l’anima bella” Laura Puppato dal Pd?
    I cittadini devono tornare protagonisti del presente e del futuro del nostro Paese e i politici devono tornare ad essere credibili esempi della qualità di una Nazione bella come l’Italia. Solo così rinascerà la fiducia, non è’ solo un problema di mercati ma di patto tra cittadini e politica. Quindi il Pd per cui lavoro intendo sia il partito coraggioso ed aperto che esprime coerenza e concretezza nella sua linea politica, e si fa giudicare rendendo chiari gli obiettivi che intende raggiungere.
    9) Come si fa a vincere le primarie? 
    Credo molto nella voglia di partecipazione delle persone che non hanno smesso di sperare che si possa fare di più e di meglio per l’Italia. Si vince solo se si saprà suscitare attenzione ed entusiasmo in chi lavora in silenzio per il bene comune: volontari di associazioni, amministratori onesti, madri e padri di famiglia, studenti che investono nel futuro, giovani e lavoratori incerti sul domani, ma tenaci. Il mio appello va a tutte le persone libere che vogliono cambiare un sistema degradato e intendono farlo ora per garantire non un sogno ma una realtà più equa e giusta di cui abbiamo disperato bisogno.
    10) Come convivono la sua anima cattolica con quella di sinistra?
    La laicità da quando faccio politica per me non è solo un principio da seguire ma un metodo. Sono una credente consapevole che la società è molto cambiata negli ultimi anni e ritengo che i politici che la rappresentano debbano saper accogliere e fare proprie le nuove istanze del vivere civile. Mi ritrovo molto nelle parole del card. Carlo Maria Martini laddove dice che la verità, quand’anche scomoda, va perseguita.
    (Giovanna Profumo – foto dell’autrice)

  • OLI 343: ELEZIONI – Intervista a Marco Doria

    Domenica 13 maggio pomeriggio, via del Campo.
    Marco Doria prende una pausa dal tour impegnativo che lo vede setacciare la città per la vittoria dell’ultima tappa, quella che gli può valere la conquista della fascia di sindaco, e in cui è venuto a contatto con tutti i volti della politica.
    Prima ancora che iniziamo a fargli delle domande parla del fenomeno dell’astensione, che a Genova ha avuto un peso particolare. Forse, dice, una piccola parte di chi non ha votato è recuperabile al voto ma “La grande maggioranza ha deciso almeno per il momentodi rompere i ponti con una partecipazione attiva alla politica intesa anche come voto”.
    E poi parla del Movimento 5 Stelle, un 14% di consensi in cui vede, in parte, le sfumature rabbiose dei cittadini attirati dalla parola d’ordine del ‘vaffa’: “Commercianti, esercenti che non avevano in testa un’idea di sviluppo alternativo, una filiera chilometro zero o un modello di sistema di mobilità vecchio da mettere sotto critica, ma che avevano in mente semplicemente l’idea del fanno tutti schifo, sono tutti dei ladri, sono tutti uguali”, ma anche la determinazione autentica di chi contesta “un modello di economia, di società”.
    I potenziali elettori genovesi oggi riflettono i molti stati d’animo della politica presenti anche a livello nazionale “Nello schieramento di centro sinistra c’è una consapevolezza, una voglia di fare che comunque riscontro; poi andando in giro riscontro anche quell’altro pezzo di società con cui diventa difficile, almeno nel breve periodo, ricostruire un rapporto, per cui ci vorrà più tempo. Ammesso che ci si riesca”.
    Riannodare il rapporto con coloro che, rispetto alla politica, provano depressione, scoramento è un lavoro “che richiede anni, e che ovviamente dipende da me, certo che dipende da me! Ci mancherebbe altro… però dipende anche da come si muovono gli schieramenti politici. Da come si muove il mio schieramento politico. Dare il senso che vale la pena andare a votare, è un lavoro che richiede tempo. Devi rovesciare una tendenza che si è andata consolidando da anni, quindi nel brevissimo periodo non si può fare. Si dovrebbe cominciare a fare un lavoro che si basa sull’esempio: chi si occupa della cosa pubblica deve dare proprio la dimostrazione di volerlo fare perché vuole servire la cosa pubblica, è al servizio, perché parla coi cittadini in modo chiaro, perché non racconta delle balle, perché non nasconde i problemi che ci sono, si sforza di presentare quelle che, a suo giudizio, sono le soluzioni possibili e accetta anche il confronto sulle stesse soluzioni e cerca di coinvolge i cittadini nel percorso per individuare le soluzioni. Sulla base peraltro di una visione, di un progetto. Non è un lavoro immediato. Uno dovrebbe mettere mattoncino dopo mattoncino”.
    Ora tocca a noi porre le nostre domande. La prima è: come stai?
    Sto come stavo prima, a parte la stanchezza, a parte lo stravolgimento della propria vita personale che è il risultato di due fenomeni combinati: da un lato di come si scarica sulla persona del candidato sindaco l’aspettativa, la delusione, la voglia di interlocuzione che non è più mediata da organizzazioni complesse o articolate, tutti vogliono me… Ieri a Vernazzola, per fare un esempio, mi parlavano dei problemi dei tombini, delle strade, di dove la gente va orinare, quindi aspetti di dettaglio che sono di pertinenza del Comune come regolazione generale dei fenomeni, ma che competono ai municipi. Il secondo punto è la spettacolarizzazione e la personalizzazione della politica per cui i media insistono molto a fare pressing sulla persona, e questo significa che la vita privata e i ritmi di vita vengono veramente modificati. Io cerco di comportarmi in maniera assolutamente normale, per cui sogno la Svezia dove il ministro a Stoccolma va a fare la spesa al supermercato senza che nessuno lo fermi. Detto ciò non sto male dal punto di vista della percezione degli umori, perché non sono stato sorpreso dal risultato, no, perché la percezione che ci fosse un bel segmento di popolazione lontano, deluso, anche rancoroso, l’avevo anche prima del voto“.
    E se dovessi fare un bilancio da quando è cominciata questa avventura?
    Dal punto di vista personale sicuramente non sono cambiato io, come persona, nel mio modo di vedere il mondo, di relazionarmi. Ma ora mi devo muovere in contesti in cui non mi muovevo due anni fa. Sai, le trattative … per dire: non si è mai parlato di poltrone. A oggi“.
    Anche se sono usciti dei nomi: Bernini, Repetti …
    Assolutamente senza che la cosa fosse passata da un contatto con me. Adesso, essendomi stato detto dalla maggioranza delle persone con cui ho parlato che Bernini è stato uno dei migliori presidenti di municipio, questo è un criterio che io posso considerare. Però non ho parlato con lui, e non ho parlato con nessuno dal punto di vista dei poteri politici di Bernini come assessore. Repetti è uscito sui giornali ed io sto considerando varie ipotesi, ma quello che è politicamente rilevante da dire al momento, quindi a sette giorni dal voto, è che davvero ad oggi nessun partito mi ha detto: io voglio questo, ti indico questo, ti indico quest’altro …
    Succederà.
    Succederà. Io quello che voglio fare è chiedere ai partiti delle rose di nomi con delle caratteristiche, come cerco di chiederle a varie persone fuori dai partiti. Cioè delle indicazioni, dei suggerimenti, perché alcuni li posso conoscere io personalmente, altri non li conosco. Quindi io vorrei dei suggerimenti e dei curriculum, in modo di provare a documentarmi, cosa che in parte sto già cercando di fare da solo. A oggi dai partiti non mi sono ancora arrivate le rose di nomi, né mi sono arrivate delle indicazioni di pressione; succederà, e poi sceglierò tenuto conto che questa scelta dovrà essere compiuta in tempi molto rapidi, l’approvazione del bilancio entro il 30 giugno impone che la giunta sia costituita molto rapidamente”.
    Cosa dici a chi pensa di non andare a votare domenica?
    Dico due cose. La prima è un richiamo, un po’ scontato, all’importanza del volto come diritto democratico da esercitare sempre, anche se mi rendo conto che in questo momento alcuni possono essere poco sensibili a questo richiamo. Però lo faccio.
    La seconda è l’invito a considerare le differenze, che mi sembrano assolutamente evidenti, tra i due candidati, i loro programmi e i valori delle proposte che avanzano. Una lettura comparata del programma mio e del programma di Musso consente di individuare molto rapidamente delle impostazioni molto diverse.
    Ci sono diverse questioni di fondo che mi sembrano evidenti, che fanno la differenza tra un programma e l’altro. Una è l’idea della politica. Nel nostro programma c’è un’idea della politica come servizio e come voglia di far partecipare i cittadini. Chi amministra non deve essere solo un buon amministratore ma deve assolutamente coinvolgere i cittadini in un percorso complicato di democrazia partecipata. Mentre dall’altra parte c’è uno che dice: io sarò efficiente, sarò un buon amministratore punto e basta. Quindi non pensa al ruolo dei municipi, al dialogo, alla costruzione di processi: questo è un primo elemento forte di differenza.
    Secondo: nel nostro programma c’è quest’idea di beni comuni, di beni pubblici, da fruire e da gestire in modo pubblico, mentre nell’altro c’è l’idea che certi beni possono essere fruiti e gestiti in maniera più efficiente interagendo con soggetti privati, questo modello viene presentato come ottimale.
    Ancora: il problema del rapporto tra lavoro e ambiente. Il nostro programma, in maniera anche faticosa, si sforza di collegare le attività economiche, il sostegno e l’attenzione ad un’economia che funzioni, ad un’idea di sviluppo ambientalmente sostenibile. Dall’altra parte magari si parla di ambiente, ma non c’è assolutamente lo sforzo, la consapevolezza di dover legare lo sviluppo alla sostenibilità ambientale: c’è un’idea di sviluppo-sviluppo, di incentivare l’impresa, il Comune amico dell’impresa… ma non c’è nessuna attenzione a cosa significhi un modello di sviluppo economico ambientalmente sostenibile.
    E ancora su bilancio, funzionamento del Comune e servizi sociali: noi ci poniamo il problema dell’uso di risorse finanziarie limitate e quello che cerchiamo di fare è avere i conti in ordine, ma non tagliare le prestazioni, i servizi che il comune eroga ai cittadini, perché si parte dall’idea che comunque questi servizi pubblici erogati dal comune siano assolutamente essenziali per ridurre le diseguaglianze, perché svolgono una funzione di riequilibrio sociale. E allora ci poniamo in maniera non demagogica il problema delle risorse e ci rifiutiamo di dire che riduciamo l’imposizione fiscale. Dall’altro canto Musso va a dire che non aumenterà le imposte, che farà la lotta agli sprechi, che sarà possibile recuperare nel bilancio comunale le risorse per garantire di tutto e di più. Che è una balla. Tra l’altro per garantire i servizi, ad esempio per quanto riguarda il trasporto pubblico urbano, nel dibattito che ho avuto con lui ha fatto riferimento a quest’idea di project financing per la metropolitana, il che significa individuare dei pezzi pregiati, magari una linea di metropolitana ad alta percorrenza di passeggeri che può avere un rendimento economico accettabile, da gestire in un certo modo, e tutto il resto del servizio gestito pubblicamente“.
    Quali forme di partecipazione prefiguri per i cittadini?
    Io vedo due percorsi paralleli, due strumenti diversi: uno è la partecipazione che passa attraverso un rapporto tra cittadini e istituzioni, per cui la giunta, il comune come struttura, il sindaco, gli assessori, i municipi, i presidenti dei municipi devono essere aperti e capaci di dialogare a diversi livelli coi cittadini. Quindi un percorso istituzionale. Il sindaco considera il presidente di municipio un suo interlocutore, con cui dialoga, con cui si confronta. Oggi ad esempio ero con il presidente di municipio del levante e con alcuni consiglieri di municipi, e dicevo ai cittadini: questi sono i vostri interlocutori, perché sono loro che devono avere il polso del territorio e devono aiutare me a comprendere e leggere il territorio e a trovare le soluzioni.
    Poi c’è un percorso parallelo, politico, all’interno del centro sinistra, quindi del mio schieramento, in cui, come persona che potrebbe avere un ruolo politico di un certo peso, vorrei che scattassero dei meccanismi di partecipazione politica. E allora lì ho uno strumento che è mio, i comitati per la lista Doria, e ormai c’è un gruppo consiliare in consiglio comunale non scarso, con sei consiglieri, attorno a cui ci sarà una struttura, attorno a cui vorrei che gli altri candidati della lista continuassero a svolgere un ruolo … Poi non è che si possa separare a compartimenti stagni il percorso di partecipazione istituzionale da quello di partecipazione politica”.
    C’è poi la rete delle donne per la politica… In giunta vogliamo sei donne
    “Questo è uno dei punti … accetto suggerimenti … che vadano ad aggiungersi a questa rosa di nomi che mi sto costruendo nella mia testa, poi naturalmente ho anche il dovere di rappresentare uno schieramento. Quando mi sono candidato alle primarie, per quanto volessi essere diverso dalle altre persone candidate, partivo dall’assunto che mi candidavo alle primarie del centro sinistra. Ecco, non ho fatto come Leoluca Orlando che si è candidato al di fuori. Io ho scelto quel percorso, ho detto: per me lo schieramento è questo e lì dentro sono, nel senso che vorrei anche che domani governasse il paese, con tutti i limiti che può avere e che dovrebbe cercare di superare … però è questo”.
    Sorprese e delusioni di questa campagna elettorale
    Sorprese … una parziale sorpresa positiva è avere percepito in un pezzo del nostro schieramento la capacità di entusiasmarsi. In alcuni ho trovato una ripresa di entusiasmo positivo per dire: ecco adesso ricominciamo ad occuparci di politica come piace a noi, ragionando dalla società, dal particolare, per arrivare al generale. Era una cosa che speravo che accadesse, che quindi non mi ha sorpreso del tutto, e che mi ha fatto piacere“.
    E le delusioni?
    No, delusioni no. Anche perché ero così arrabbiato, così indignato per come andava il Paese che non mi sembra che stia andando peggio. Quello che poteva esserci di marcio lo sapevo già“.
    Come intendi attuare il tuo impegno verso il quarantesimo candidato?
    Il quarantesimo candidato era questa voglia di mandare un messaggio forte, simbolico, che venisse raccolto, sulla mancanza di diritti importanti per un pezzo della nostra comunità, e sulla nuova cittadinanza. Allora: dovrebbe attribuita all’assessorato sui diritti una specifica competenza di Giunta e competenze specifiche ad alcuni uffici dedicati. Ma più in generale dobbiamo fare lo sforzo di dare un’impostazione al Comune in quanto tale, in modo che tutti gli uffici che interagiscono con una comunità variegata abbiano una sensibilità sul problema.
    Poi, anche in questo caso, secondo me è utile avere un’interlocuzione non soltanto con gli individui in quanto singoli cittadini, ma individuare delle aggregazioni sociali con cui interfacciarsi. Ad esempio le comunità degli immigrati. Mi rendo conto che esiste un problema che non posso eludere: chi rappresenta chi? Però la ricerca di interlocutori è comunque importante. E poi sono necessarie campagne di sensibilizzazione sui diritti, fare uno sforzo per trasmettere agli immigrati questo messaggio: voi, cittadini, avete dei diritti. Io vi informo dei diritti che avete. E poi, se fossi sindaco, vorrei trovare il modo di rapportarmi ad altri sindaci sensibili a questo tipo di impegno. Ecco, questo è importante per dare più forza: non un sindaco che va da solo, ma quattro o cinque sindaci che all’unisono iniziano a sollevare certi temi, e trovano dei modi simili per affrontarli“.
    Una rimostranza che viene fuori spesso è che la qualità dei servizi pubblici diventa sempre peggiore per via delle esternalizzazioni. Quale è la tua posizione a riguardo?
    Sono consapevole della questione: da sindaco mi troverò a difendere la presenza e la qualità dei servizi pubblici gestiti direttamente dal Comune, sapendo che in parte, già ora, certi servizi non sono gestiti solo dal Comune e che, realisticamente, non potrebbero esserlo nemmeno se lo volessi. Quindi si impone il problema della qualità di questi servizi. Ad esempio per la manutenzione delle strade: è chiaro che l’Aster non riesce a fare manutenzione generale delle strade, e che la qualità può essere considerata scadente. Partendo dal presupposto che l’Aster non farà mai tutta la manutenzione complessiva, il problema è quindi come controllarne la qualità. Un modo può essere quello di coinvolgere molto di più i municipi, dando loro risorse da gestire, in un rapporto diretto coi lavori non mediato dall’ufficio comunale, nella speranza che essendo un intervento molto più prossimo sia ai cittadini che al centro di controllo decentrato sul territorio, questo possa significare un maggior controllo sulla impresa che svolge il servizio.
    Poi c’è il discorso delle cooperative, ma questo è un altro campo: quello dei servizi alla persona“.
    Qui c’è il problema delle gare al ribasso.
    E’ necessario rivedere il modo di formulare i bandi per i servizi alla persona e per i servizi sociali evitando due trappole: una è quella delle gare al massimo ribasso che si traducono in uno scadimento del servizi e/o in una compressione dei diritti dei lavoratori. La seconda è la durata dell’appalto: gli appalti brevissimi inibiscono ai soggetti che vincono la gara ogni possibilità di programmazione. Tutto ciò deve essere unito a una capacità di controllo delle prestazioni, il che richiede una competenza interna all’amministrazione comunale“.
    Hai una idea della disponibilità di soldi su cui puoi contare?
    “Si, ho una idea della disponibilità di soldi. I numeri – quelli che ho – sono che il Comune di Genova può avere realisticamente un monte spesa di 800 milioni di Euro, ma di questi la parte flessibile, non vincolata, ammonta soltanto – arrotondo – a circa105 milioni. Tutto il resto sono stipendi, e ammortamento mutui. Questa è la parte su cui si può fare politica di spesa.
    Questi 104 / 105 milioni potrebbero garantire per il 2012 un flusso di spesa simile a quello dell’anno scorso. Ma non è scontato arrivare a questa cifra, e quindi c’è un problema di reperimento di risorse. I tagli ai trasferimenti sono un dato oggettivo, c’è una banda di oscillazione possibile di 22/25 milioni di Euro che se non si recuperano significano proprio azzerare una serie di servizi: questo è il punto del bilancio 2012.
    Poi c’è un discorso di qualità della spesa, e una politica di regolazione: se si adotta un Puc piuttosto che un altro, o se si vincolano determinate aree, se si fanno bandi di un certo tipo per le cooperative.
    Quello che mi dispiace è che avrei preferito di gran lunga, e avrei trovato più giusto, che il bilancio 2012 fosse stato approvato dalla giunta in carica, perché approvarlo a fine giugno, entrando in carica a fine maggio, vuol dire sostanzialmente dover ratificare un lavoro degli uffici. E c’è l’impossibilità di fare operazioni, magari di recupero di risorse aggiuntive all’interno del comune, che richiederebbero più tempo.
    Il bilancio 2013 in teoria potrebbe essere un po’ diverso, a) se cambia il quadro normativo nazionale, e la politica dei trasferimenti. Ma su questo, chissà … b) perché magari nel giro di dodici mesi si potrebbero fare una serie di azioni, di riorganizzazioni all’interno del comune.
    Per converso potrebbero essere previste, purtroppo, delle emergenze – vedi Amt – che in qualche modo chiederebbero a Regione e Comune di tirare fuori risorse aggiuntive per evitarne il collasso. Questo è il primo pericolo grosso, assolutamente realistico“.
    La mancanza di lavoro per le persone giovani, la crisi dell’industria e del porto. Come intendi dare un contributo, nei limiti delle prerogative del comune?
    Secondo me l’amministrazione comunale deve utilizzare il suo ruolo e tutto il peso che può avere per difendere le imprese esistenti. Ci sono casi diversi. Rispetto all’ipotesi di vendita di Ansaldo Energia e Ansaldo STS c’è da considerare l’importanza di mantenere italiane delle imprese che sono un patrimonio comune di qualità dell’industria. Nel caso Ilva le sollecitazioni che ricevo sono di segno più contraddittorio, perché questa impresa, che io comunque da vecchio industrialista voglio cercare di difendere, ha un rapporto tra addetti e territorio assolutamente non ottimale, anche se è del tutto logico per una attività siderurgica, e c’è questo discorso che dal punto vista occupazionale non ha rispettato i patti sottoscritti a suo tempo. Poi se lo spazio fosse occupato da containers sarebbe peggio ancora … ”
    Vorresti ritoccare l’accordo di programma?
    No, dovrei discutere con l’impresa. Dovrei cercare di capire le diverse situazioni con tutte queste imprese e con i loro proprietari, capire come stanno le cose per fare tutto il possibile per dare un sostegno. Certo, per Ansaldo Energia, dovrei parlare non solo con l’amministratore delegato, ma con Finmeccanica e anche oltre, e non solo io come sindaco, ma insieme al presidente della Regione, per dire che la comunità genovese è unita nelle sue richieste al Governo.
    Poi l’altro aspetto è il tessuto delle piccole e medie imprese: l’esigenza è quella dell’efficienza, della velocità nel dare risposte. E magari immaginare – ma non voglio improvvisare – se è possibile per certi settori delle medie imprese creare dei fondi di garanzia, forme di sostegno al credito, ragionando con Banca Carige, e con l’assessorato alle attività produttive della Regione. Poi la politica urbanistica: vincolare delle aree ad attività produttive. Quindi, strumenti diversi per sostenere le Pmi. E per il turismo vincolare la tassa di soggiorno al circuito del turismo, e mantenere un’interlocuzione e un rapporto con gli operatori del settore turistico. Questo è quello che secondo me è ragionevole provare a fare“.
    Con la Vincenzi sindaco si era parlato della necessità di una cabina di regia.
    No, non mi appassiona proprio per niente. Invece quello che ritengo importante è che a livello istituzionale ci sia un’interlocuzione tra i soggetti pubblici che dovrebbero convergere nella loro azione per ottenere un certo scopo. Ad esempio, per la difesa dell’assetto idrogeologico del territorio, ci vuole un’interlocuzione con la Regione e con la Provincia, finché fa i Piani di bacino. Ci sono enti che hanno compiti più di programmazione, di inquadramento legislativo, tipo la Regione, e altri soggetti hanno compiti più di intervento. Non è che ognuno possa andare per conto proprio; qui sì, ci vuole una costante ricerca di interlocuzione tra tutti i soggetti pubblici che si occupano di una certa cosa“.
    Sogni una mostra a Palazzo Ducale: che titolo ha e cosa contiene?
    Non la sogno. Sogno che ce ne siano. E’ un compito della Fondazione Palazzo Ducale immaginare una politica di mostre. Io vedo Palazzo Ducale come un contenitore di iniziative diverse e di mostre diverse. Le ultime due che ho visto, quella di Uliano Lukas, e quella di Goldin su Van Gogh, erano completamente differenti come costi, come taglio, come oggetto, e secondo me stavano bene tutte e due nel contenitore Palazzo Ducale“.
    E una tua? Avrai una mostra nel cassetto!

    Non so … ma sarebbe una mostra proprio di nicchia … una mostra sulla storia della città nelle lotte del novecento …  ma no! Che noia … interessa solo a me“.

    Se dovessi scegliere, come evento, tra Notte Bianca e Genova città dei diritti cosa sceglieresti?
    Città dei diritti.
    Pensi che andrà avanti?
    Vorrei che andasse avanti. Da quello che mi è giunto, ma non ho avuto ancora il tempo di approfondire, ho l’impressione che per il 2012 c’era il rischio che tutto fosse congelato, che c’erano problemi di rapporti, perché la doveva seguire Nando della Chiesa, che era lasciato così un po’ da solo. Siamo già a fine maggio: essendo per me importante, una soluzione potrebbe essere far slittare i tempi all’autunno“.
    (Paola Pierantoni e Giovanna Profumo foto di Giovanna Profumo)