Categoria: CEMENTO

  • OLI 317: CITTA’ E CANDIDATI – Quale sogno per Genova?

    Disegno di Guido Rosato

    Due articoli sul Secolo XIX del 19 ottobre scorso hanno riguardato due diversi interventi previsti a Genova: a Piazzale Kennedy e alla Fiumara.
    Il primo articolo (“Piazzale Kennedy: il solito regalo a Genova Parcheggi”) descrive il progetto di ristrutturazione che realizzerebbe in tale area un parcheggio gestito da Genova Parcheggi, riportando le reazioni (complessivamente negative) dei lettori del giornale, che vanno da chi piange l’eliminazione del Luna Park a chi non desidera più “stipare carrozze di metallo che rubano spazio vitale alla gente”. Insomma, per il senso comune il progetto sembra mirato unicamente a fare cassa, non riuscendo neppure a ridurre il traffico privato verso il centro-città, visto che Piazzale Kennedy si trova di fatto in centro-città.
    Il secondo articolo (“Un nuovo maxi quartiere di fronte alla Fiumara”) è invece dedicato alla trasformazione dell’ex-area Enel di Via Pacinotti i cui lavori, con inizio nel 2012, dovrebbero portare, entro 24-30 mesi, alla realizzazione di un complesso di tipo residenziale e commerciale. Cementificazione o rinascita? Questa la principale domanda al centro dell’articolo, dove si sottolinea la mediazione effettuata dal Municipio Centro-Ovest con la popolazione di Sampierdarena, mediazione che porterà alla realizzazione di una scuola materna, alla riqualificazione del mercato di via Salucci, ed alla sostanziale tutela della visuale dei palazzi già esistenti. Ovviamente nel progetto è incluso un nuovo parcheggio interrato, destinato ai “nuovi residenti della zona”. L’articolo, che fa anche riferimento alle Torri Faro, in avanzata fase di realizzazione in via di Francia, chiude, nelle intenzioni dell’estensore, con una nota positiva: questa riqualificazione prende il via in un momento in cui altri grandi progetti immobiliari (Verrina a Voltri, ex-Boero a Molassana) “segnano il passo”.
    Chi scrive già in OLI 304 lamentava l’assenza a Genova di un qualsiasi anelito culturale al momento della riconversione di aree a disposizione: duole constatare anche in questa occasione la pervicacia con cui tutta la progettualità sullo sviluppo della città sembra esaurirsi nel costruire:
    1. parcheggi;
    2. centri commerciali;
    3. centri direzionali;
    4. appartamenti residenziali/commerciali.
    Per chi si candida a Sindaco di Genova ricordiamo che con la cultura si può anche mangiare.
    (Ivo Ruello)

  • OLI 302: CEMENTO – La rapida demolizione degli scalini della Tosse


    Dal 29 marzo 2011 la scalinata di Salita della Tosse (Via San Vincenzo), da tempo danneggiata e pericolante, è in (ri)costruzione.
    Gli scalini sono stati del tutto rimossi e la demolizione è stata completata rapidamente. Gli operai (comunali/aster/privati?) hanno poi proceduto ad armare il fondo in terra posizionando una rete metallica e modellando con opportune cassettature i tratti della scalinata. Al momento risultano completati, partendo dal basso, il primo e secondo tratto. L’impresa ha informato che la scala sarà dotata di gradoni.
    Dunque avremo una nuova scalinata di robusta e sana costituzione e di grande avvenire.
    Tutto bene?
    Non proprio.
    La scalinata in questione si trova alla fine di una delle rarissime “creuze” genovesi del centro, percorsa da tanti cittadini e da moltissimi giovani (siamo in prossimità di un centro universitario).
    La scalinata era realizzata con gradoni in pietra incastrati nei muri laterali, gravanti direttamente sul terreno: un’opera di notevole pregio artigianale.

    Spero vivamente che non si impieghi la tipologia di lastre abitualmente in uso in questi anni: pessima qualità, breve durata. Di queste basta guardarsi in giro, la città ne è piena: sono in effetti piastrelle comuni (San Vincenzo) o piastre (Caricamento), nulla a che vedere con il materiale impiegato negli anni ‘60 e negli anni precedenti, quando si impiegavano pietre massicce lavorate con scalpello.Domanda: non si poteva procedere ad un semplice restauro senza coinvolgere un squadra di demolitori senza arte e mestiere risparmiando magari qualche soldino?

    I lavori, dopo il completamento della gettata in cemento, sono stati fermi per tre settimane. Si è innescata una disputa (di quelle destinate a durare): sulla necessità o meno di tagliare il grosso albero sul lato della scalinata le cui radici tendono a rigonfiare il sotto scala. Ad oggi sembra che l’albero non si taglierà in quanto, pare, l’operazione sarebbe molto costosa.
    Nel frattempo la Salita della Tosse è diventata, dal momento che non è più frequentata, la salita della “cacca”. Rimosse dagli addetti comunali e puntualmente ricollocate da cani di tutte le taglie: con pieno consenso dei padroni .
    Oggi, 20 maggio 2011, sono ripresi i lavori: stanno riverniciando la ringhiera – lavoro che dovrebbe essere fatto in coda a tutti gli altri lavori – mentre la pavimentazione finale è ancora in sospeso.
    Un altro piccolo sassolino di Genova sparisce, ancora una volta si è fatto sbrigativamente ricorso al cemento
    (Giovanni Canepa, foto dell’autore_4 Aprile 2011)
  • OLI 301: AMBIENTE – Tutti al mare?

    IL CIRCOLO NUOVA ECOLOGIA DI LEGAMBIENTE GENOVA ORGANIZZA PER DOMENICA 29 MAGGIO PRESSO LA SPIAGGIA PUBBLICA DI SAN GIULIANO L’INIZIATIVA SPIAGGE PULITE (ANCHE DAL CEMENTO).
    Nel corso della manifestazione si terrà un corteo che percorrerà tutto il bagnasciuga verso ovest con la ferma intenzione di eliminare tutti i muri di cemento che impediscono la libera fruizione delle spiagge ai genovesi.

    Ricordiamo che Legambiente e tutte le associazioni ambientaliste e dei consumatori sono fermamente contrarie ad DL che riguarda il demanio costiero italiano e in particolare chiedono di:
    – fermare le previsioni del DL Sviluppo che riguardano il demanio costiero italiano.
    – stabilire l’obbligo delle gare per tutte le concessioni balneari, con un tempo massimo delle concessioni di 6 anni.
    – garantire che almeno il 50% delle spiagge in ogni Comune sia lasciato per la libera fruizione dei cittadini (a Genova siamo al 40% se contiamo gli scogli e le spiagge vicine ai depuratori e al porto).
    – tutelare le coste italiane da qualsiasi nuovo intervento edilizio.

    Il paesaggio costiero rappresenta un patrimonio inestimabile che appartiene a tutti gli italiani. Le spiagge e le coste devono essere accessibili e fruibili da tutti i cittadini e non possono essere cedute ai privati in cambio di pochi euro allo Stato o alle amministrazioni locali. Se fino ad oggi alcuni imprenditori balneari hanno guadagnato somme enormi pagando al Demanio cifre irrisorie, con il Dl Sviluppo approvato dal Governo, le spiagge verrebbero concesse per molti anni senza alcuna gara o controllo. Attraverso il diritto di superficie, inoltre, si potranno aggirare le normative di tutela legalizzando persino costruzioni abusive e aprendo le porte a nuove edificazioni nella fascia dei 300 metri dalla battigia. Tutto ciò senza che i Ministeri dei Beni culturali e dell’Ambiente siano in alcun modo coinvolti nelle autorizzazioni, perché a gestire il tutto sarebbe l’Agenzia del Demanio, con Regione e Comune che si spartirebbero gli introiti. La Commissione europea è già intervenuta per chiedere che le concessioni demaniali agli operatori balneari siano affidate con gare pubbliche e trasparenti e tempi limitati, in modo da garantire sia gli imprenditori onesti sia il diritto dei cittadini a poter fruire delle spiagge e degli scogli.

    (a cura di Bianca Vergati)

  • OLI 300: AMBIENTE – Alcune chicche del Decreto Sviluppo

    L’Ucina, Unione nazionale cantieri navali ed affini con sede a Genova, ha spiegato che, fra le misure varate dalla “frustata “ epocale del Decreto Sviluppo, assume un particolare rilievo la destinazione al diporto delle aree inutilizzate dei bacini portuali esistenti perché “consentirà di ricavare 40.000 posti barca nel rispetto dell’ambiente e 10.000 nuovi posti di lavoro nei servizi”.

    Ancora l’associazione plaude all’eliminazione della licenza edilizia per i pontili galleggianti, “una inutile duplicazione [!] della concessione demaniale, che fino a oggi ha privato l’erario dei corrispondenti oneri demaniali”.
    Un bel pontile non si negherà più a nessuno, ma l’accesso all’arenile è salvo, precisa il ministero.
    Giusta la preoccupazione per i livelli occupazionali, davvero sfacciata la dichiarazione sul mancato gettito per un comparto dove si registra da sempre una delle più alte percentuali di evasione fiscale.

    In quanto ai porticcioli, solo per citare la Liguria, basta fare un giro lungo la costa…

    Perfino la Regione, che ne ha incentivato la costruzione a gogò, dichiarava pochi mesi fa che “era tempo di una pausa”.
    Sempre in tema di mare, un evviva anche al “diritto di superficie” di novant’anni su aree demaniali, ovvero chi detiene una concessione balneare se la potrà tenere e nessuno potrà contendergliela: quasi un decreto imperiale per un bene di famiglia, per di più fatto apposta per eludere la normativa europea – che vuole gare d’appalto in libera concorrenza – e studiato per sottrarre quanto appena concesso dal federalismo demaniale. Pure se fa l’occhiolino agli enti locali, visto che il corrispettivo canone sarà

    versato loro in parte, calcolandolo sui valori di mercato secondo nuovi studi di settore. Indubbia la necessità di disciplinare, ma sarebbe stato sufficiente ad esempio bandire la gara tenendo in giusto conto l’occupazione e gli investimenti già effettuati. E partire da qui per l’appalto.

    Così i gestori esultano per il regalo, a contestare i canoni ci penseranno dopo, come hanno sempre

    fatto, non paghi dell’esenzione dallo scontrino fiscale “per attività connesse”. Un giro d’affari stimato in 16 miliardi dall’agenzia delle entrate contro i 2 miliardi dichiarati dai gestori, mentre lo
    Stato incassa 108 milioni di euro di canoni: 18 milioni di mq occupati, uno stabilimento ogni 350 metri a 50 centesimi al mese per metro quadro, 900 chilometri di costa sottratta alla libera fruizione, un quarto di costa nazionale (La Stampa, 7/5/2011).
    Di mettere ordine c’era effettivamente bisogno in un business per pochi con evasione fiscale al

    massimo. Grazie alla direttiva europea i comuni si apprestavano a gestire in via diretta territorio e introiti e a riorganizzare finalmente più spiagge libere.
    “E se un comune che volesse realizzare un porticciolo si trova davanti un circolo con sessanta posti barca che si tiene per un secolo?” si domanda non senza ragione dal suo punto di vista l’assessore al bilancio della Regione (Il Secolo XIX, 6/5/2011). Ancora.
    Il provvedimento servirà ottimisticamente anche a scovare i furbi monelli, prevedendo

    l’emersione dei “chioschi-fantasma” e il conseguente accatastamento-legalizzazione delle

    edificazioni non censite sulle spiagge, come la milionata di case-fantasma insegna. Pare infatti nebbia fitta e ricorsi probabili per l’Agenzia delle entrate, scaduti ora i termini per le case suddette: incombe ad esempio un regio decreto (652/’39) che prevede la dichiarazione di abitabilità entro 30 giorni rilasciata dal Comune per emettere la rendita catastale. Ma se il Comune non ha certificato l’immobile che cosa può dichiarare e quindi tassare? (Il Sole 24ore, 4/5/2011). Potenza della normativa.
    Non dalle associazioni ambientaliste con il loro appello al Presidente della Repubblica a non firmare, ma da più parti si sottolinea che nessun vincolo urbanistico o paesaggistico viene

    rimosso, che si dovrà valutare con attenzione se ci sia libertà assoluta ad edificare con il silenzio-

    assenso esteso quasi a tutto e così il sacco delle spiagge, se ci sarà, dovrà contare sulla complicità
    di comuni, regioni, agenzie del demanio. E non tranquillizza certo che a costituire il diritto di superficie debba intervenire un atto degli enti sopracitati. Resta il fatto che per la prima volta s’introduce un regime di natura privatistica nel regime demaniale che è di natura pubblicistica. In barba all’articolo 9 della Costituzione e ad ogni altro diritto dei cittadini su beni pubblici.
    (Bianca Vergati)
  • OLI 291: POLITICA – Quant’ è bello il “millederoghe”

    Approvato il “milleproroghe”con iter ormai consolidato, ovvero il Governo ha blindato il Parlamento, che a sua volta ha sequestrato il Presidente della Repubblica, pena scadenza dei termini per tempi ristretti, e il decreto è quindi passato. A nulla serve denunciare che fondi dall’assistenza ai malati di cancro sono stati spostati per accontentare gli evasori quote latte (e già la Ue annuncia altre sanzioni), che gli abitanti delle regioni alluvionate o terremotate potranno essere più tassati per la ricostruzione, che slitterà ancora la dismissione delle partecipate pubbliche (ma solo per i Comuni con meno di 50mila abitanti, gli altri continueranno e così vedi a Roma Parentopoli), che in Campania si potrà aumentare la benzina per problema rifiuti (sic!) e dove per un sussulto di decoro non si sono rinviati gli abbattimenti di abitazioni abusive…
    Tanti sono i “desiderata” di Governo e Parlamento: uno sfacciato millepiedi.
    Sembrerebbe più omogeneo il materiale come voleva il Capo dello Stato, ma comunque non sfugge che il placet ultimo pare ormai un timbro notarile, nonostante gli sforzi del saggio Presidente.
    E non solo deputati e senatori si sfregano le mani, pure in festa i Comuni, che fino al 2012 potranno utilizzare ancora il 75% degli oneri di urbanizzazione per la copertura di spese correnti ordinarie, cioè spendere come si vuole tali entrate, risorsa essenziale per gli enti locali, che si affannano a rivedere piani urbanistici, cercano projet financing per aree dismesse, porticcioli, alberghi, box: un gran da fare per il mattone insomma. Altrimenti, a sentire gli amministratori, nisba opere pubbliche, visti i tagli e la scoppola dell’Ici sottratto.
    Però. Nel decreto mille proroghe si è introdotta anche una nuova scadenza per denunciare le famose case fantasma, segno che i cittadini non sono tanto solerti a rendere noto il rustico.
    O i Comuni a cercare. Secondo l’Agenzia delle Entrate si sono recuperati 115 milioni di euro (Sole 24 ore , 23 febbraio 2011) con i 450mila accertamenti effettuati, che hanno permesso di censire al catasto edilizio 570mila unità immobiliari, precedentemente dichiarate “fabbricati rurali”. In termini di Ici un incremento per i Comuni, considerando che ben poche sono prime case e che gli immobili certi da verificare sono quasi un milione.
    Forse il “premio” è un po’ bassino: se oggi infatti per gli enti locali il gettito spettante dal recupero è al 33%, con il Federalismo dovrebbe salire al 50% e addirittura al 75%, se derivante dall’accatastamento di immobili fantasma. Che dire, impegnatevi, Comuni, il gioco vale, un bocconcino che dovrebbe far gola ma non per tutti è così.
    Sembra a tutt’oggi che i Comuni appaiano quasi “svogliati”nella lotta all’evasione in generale, secondo un monitoraggio delle azioni intraprese sul territorio. Nel Nord Ovest ad esempio soltanto 13 comuni del Piemonte e nessuno in Valle d’Aosta, hanno siglato un’intesa con l’Agenzia delle Entrate, mentre in Liguria solamente 34 comuni su 235 hanno partecipato ai corsi formativi, nonostante l’accordo fra Anci ed Entrate.
    Fa eccezione Genova, passata dai 9 milioni del 2008 agli 11 milioni attuali di recupero Ici e che comunque con la futura imposta unica municipale del Federalismo perderebbe il 22% delle entrate perchè avrebbe meno trasferimenti dallo Stato: in cifre assolute oggi al capoluogo ligure arrivano 261 milioni di euro, la nuova Imu ne produrrebbe 204.(La Repubblica , 27dicembre 2010)
    Così se le altre città del Nord saranno premiate Genova piangerà, mentre ride Imperia, seconda a Olbia a livello nazionale: sul suo territorio c’è tra l’altro una forte presenza di seconde case, che producono reddito, tanto da arrivare con la nuova legge ad un incasso maggiore del 122% , avvantaggiata per l’alta base di quota immobiliare della nuova imposta.
    I cittadini genovesi continueranno a pagare la stessa irpef sul reddito da fabbricati, imposta di registro, ipotecarie ed eventuale cedolare sugli affitti e se vorranno mantenere gli stessi servizi probabilmente dovranno sborsare di più.
    Intanto il “nero” corre in Italia, 132 miliardi di evasione, dal commercio all’edilizia, dieci finanziarie e si blinda in Parlamento anche il Federalismo.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 290: REGIONE – Casa dolce casa

    Valletta di Rio Penego, uliveti che spariranno. Foto Stefano Stefanacci.

    Pare al via il Piano Casa finalmente, finisce un tormentone e si è trovata pace in maggioranza. O magari più semplicemente si vuole evitare di approvarlo con pericolose intese trasversali, con i voti dell’opposizione freschi e pronti. Però ci si sta lavorando. Il Giornale del 22 febbraio annuncia il “possibile accordo tra i poli”, e a Savona ha organizzato un convegno tra il chiacchierato ex sindaco di Alassio – inquisito più volte per reati amministrativi (vedi blog di Marco Preve), ora consigliere regionale Pdl – il capogruppo Pd in Regione, amministratori locali, come il senatore Pdl Franco Orsi e addetti ai lavori: tra i relatori Marylin Fusco, assessore all’urbanistica Idv.
    Tanti insoddisfatti, pigolamenti a raffica da tutte le categorie del settore e “Ira dell’assessore per i mesi di lavoro buttati al vento”, come titolava giorni fa il maggiore quotidiano cittadino.
    Commenti positivi da sinistra. Resta da capire come “una coalizione della legalità” possa permettere ampliamenti sugli abusi, per minimali che siano, tipo “modello Puglia”. E allora?
    Di sicuro il cittadino rispettoso delle regole si attrezzerà per il futuro.
    Forse i cittadini avrebbero gradito sentire dagli operatori una proposta di piccola edilizia diffusa, di interventi per ripristinare davvero un territorio disastrato: opere subito cantierabili e non soltanto box o nuove case.
    Argomento serio, che il vincolo di quota social housing non appaga. Con le grottesche storie di Affittopoli nazionali e i lasciti per i poveri, che lasciano l’amaro in bocca e repulsione per caste varie, dai vip ai politici, ai raccomandati d’ogni tipo, quando c’è gente che non mangia pur di avere un tetto.
    Forse rivoluzione sarebbe anticipare un cambio di mentalità e di metodo per dare ossigeno ad un settore in difficoltà, per sperare che la politica si occupi di lavoro, di futuro, dei luoghi che abitiamo o della casa che non c’è, specialmente per chi è solo e per giovani coppie.
    Intanto in città la Linea Verde di Urban Lab ha il singhiozzo per far spazio a nuove palazzine di cooperative “bianche e rosse” al posto di un bosco, con la scusa di una nuova e costosa strada come in via Shelley. Imperversa pure il Piano-manutenzioni e per dimostrare efficienza e amore al Progetto Genova il rimedio trovato è un valzer di assessori, pescando in rive opposte, come se proclamando autonomia, tutto il resto non contasse, con rispetto dell’esperienza del prescelto e senza il rispetto di chi ha votato una parte e non l’altra. Tanti esperti nel fare il salto della quaglia, con il rodimento comune delle elezioni amministrative che incalzano.
    E’ partita anche la crociata degli albergatori, stufi d’essere vincolati, che reclamano il diritto a trasformare gli hotel in case: ma è appena finito Sanremo, non ci si lamentava di così poche strutture ricettive per questo povero turismo bistrattato e che potrebbe dare tanto? Tranquilli, si sta studiando una legge ad hoc, come per le aree produttive, l’unico tema, che forse davvero interessava ai cittadini, gli ampliamenti industriali., che vincolati in modo serio, avrebbero costituito magari uno sviluppo importante. Cassati. Probabilmente con il Piano Casa poco pertinenti, ma Regione e Comuni non sono sempre a proclamare d’ essere all’eterna ricerca di spazi per le aziende?
    Forse il lavoro non c’è più, inutile rincorrere gli spazi.
    L’impressione purtroppo è che in Liguria bastino colf, badanti, e baristi e voi ragazze e ragazzi adeguatevi: questa pare l’idea di lavoro che passa il convento.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 288: SPAGNA – I cattivi urbanisti

    Foto di Bianca Vergati

     Sulla stampa spagnola imperversa il “satrapo” Berlusconi e una lettrice scrive su El Mundo del 27 gennaio che “Per fortuna i nostri politici non hanno così abominevoli abitudini ma noi spagnoli abbiamo da guardare i nostri politici urbanisti”.
    Sembra incomprensibile il confronto.
    Las caias suman 38.000 millones en immuebles por crèditos fallidos”, titola in prima pagina El Pais il 1° febbraio. Ovvero le casse di risparmio hanno una montagna di debiti inesigibili nei confronti del settore immobiliare, tali da far sì che il Governo Zapatero abbia deciso di soccorrere ulteriormente e di “nazionalizzarle” per almeno cinque anni. Non bastasse la grave crisi economica si deve aiutare con altri fondi chi ha di fatto pesantemente speculato negli immobili.

    Foto di Bianca Vergati

    Uno straniero non si capacita sino a quando non fa un giro sulle coste spagnole.
    Un tour della memoria di spiagge incantate, di quel mare spumeggiante, colmo di “ochette” di onde, un mare che non si è abituati a vedere: spiagge libere, dorate di sabbia fine, che toccano il cuore e d’inverno paiono altri mondi.
    Una ferita da Gibilterra a Barcellona.
    Promontori superbi e piccoli golfi offuscati allo sguardo, nascosti da file e file di palazzoni a dieci, dodici piani, uno dietro l’altro, tanto fitti da chiedersi ma il mare dov’è: alveari dalle finestre sbarrate, quasi occhi di di prigioni. Vento che soffia, polvere ovunque, bar chiusi, insegne spente.
    Non si è fuori stagione.
    Semplicemente sono case invendute in un paesaggio desolato, edifici inanimati che forse non hanno mai avuto una vita. Lo testimoniano le tante gru abbandonate, gli scheletri di palazzi incompiuti che verso sera si stagliano nudi, macabre silhouette. Dov’è la gente che doveva abitarvi?
    Ora è chiaro ciò a cui si riferiva la lettrice di El Mundo.
    E’ vero, il turismo ha creato lavoro, fatto vivere luoghi che forse sarebbero stati abbandonati, ma si è devastato per sempre un territorio che la gioia di vivere della sua gente non riuscirà a compensare.
    (Bianca Vergati)

  • OLI 288: CITTA’ – Genova alla finestra

    Venerdì 11 febbraio alle ore 16:30, nell’Auditorium di Palazzo Rosso a Genova, si terrà un incontro seminariale nell’ambito della mostra TESTIMONI INATTENDIBILI Il Paesaggio Contemporaneo nelle Fotografie degli Architetti, a cura del Comune e dell’Ordine degli Architetti della provincia di Genova.
    Sarà proiettato tra l’altro il documentario Genova alla Finestra, realizzato da Giorgio Bergami nel 1977. Ricevette il Premio Qualità, ma fu respinto dal Comune, che intendeva utilizzarlo per promuovere nel mondo l’immagine della città a patto che l’autore tagliasse la parte finale dove la cementificazione delle periferie manifestava tutto il suo colpevole squallore, in controcanto con il fascino del centro antico e misterioso. Bergami, con raro rigore, si rifiutò di mutilare la propria opera in cui la superba città emerge non in immagini soltanto accattivanti, ma nell’autenticità della sua complessità e delle sue contraddizioni anche sgradevoli ma vere. Il film rimase nel cassetto, Genova perse un’occasione per presentarsi con onesta sincerità.
    (Ferdinando Bonora)

  • OLI 288: PAROLE DEGLI OCCHI – Speculazione edilizia a Genova

    Foto dal catalogo
    Parole degli occhi. Giorgio Bergami, 50 anni di fotografia, Milano, ed. Mazzotta, 2007
  • OLI 286: GRANDI OPERE – Inquietudine in galleria

    “Sì, il raddoppio del tratto ferroviario Andora – S. Lorenzo (19 chilometri di cui 16 in galleria) dovrebbe essere completato nel 2012, ma su quel treno a 200 km all’ora in galleria non ci salgo neanche morto”.
    Confidenze di un claustrofobo? No, confidenze di fine estate di un lavoratore molto perplesso sulla futura sicurezza dell’impianto. Segue un mare di spiegazioni tecniche che non paiono mancare di un filo logico. Proviamo a riassumere.
    Lo scavo prevede sette gallerie, di cui quattro realizzate con una “talpa”, cioè una gigantesca macchina la cui testa è una fresa che ruota lentamente frantumando la pietra, e che, man mano che avanza, cementa pareti e volta della galleria mettendo in posa delle centine armate con tondini di ferro. Questi vengono inglobati nel cemento che si consolida velocemente a bassa temperatura (non superiore a 30°) grazie all’aggiunta di un appropriato addittivo. Tutto il processo è realizzato e controllato in modo automatico.
    E allora, cosa c’è che non va? L’elenco che si snoda è lungo. Il tondino dell’armatura dovrebbe essere di elevata sezione, adatta ad opere industriali, mentre nelle centine (in quante?) pare che ci vada tondino a piccola sezione, con l’aiuto di un doppio regime di bolle di accompagnamento. Anche l’addittivo al cemento a volte si trasforma mutandosi in acqua, ma in questo caso il consolidamento richiede temperature più elevate, fino ai 60°, e allora ecco il tapullo per “bypassare” il sistema di controllo automatico della macchina. Poi c’è il restyling: vernice spry color zinco spruzzata su ferri arrugginiti per “passare le ispezioni”, dato che rotture, fessurazioni, distanze fino a 5 cm tra le calotte lasciano passare acqua.
    L’amico conclude: “Te lo immagini cosa può succedere a seguito dello spostamento d’aria provocato da un treno in corsa a quella velocità? E quando se ne incrociano due, di treni?”
    Paranoie? Malumori lavorativi che trovano sfogo nell’ingigantire piccoli problemi fino a tramutarli in allarme?
    Un breve articolo – “Blitz al cantiere di Andora – sequestrata l’area Ferrovial” – uscito lo scorso 20 novembre sull’edizione savonese del Secolo XIX, purtroppo, conferma: “Carabinieri e finanzieri hanno posto sotto sequestro l’intero stabilimento-capannone della Ferrovial Agroman, la ditta spagnola che si è aggiudicata l’appalto delle Ferrovie italiane per effettuare i lavori … Secondo gli investigatori, per la realizzazione dei “conci” sono state utilizzate percentuali inadeguate sia di cemento che di ferro per armatura, e i manufatti sarebbero irregolari rispetto alle norme di legge e dunque potenzialmente pericolosi per viaggiatori e ferrovieri”. Indagati i legali rappresentanti della Ferrovial Agroman e della Cossi Costruzioni, ditta lombarda che produce le armature in ferro e acciaio.
    Torna sull’argomento Il Secolo XIX del 22 gennaio, edizione di Imperia, che ripercorre la storia giudiziaria di questo cantiere, soggetto ad indagine già dall’agosto del 2009 per gravi irregolarità nello smaltimento dei materiali di scavo, e ora “in parallelo” anche per la sicurezza delle gallerie in costruzione.
    Il cantiere è aperto da circa cinque anni: ce ne è voluto di tempo per accorgersi che qualcosa non andava.
    Attendiamo gli esiti, augurandoci notizie di stampa meno avare, e meno localistiche: non è questione che interessi solo il ponente ligure.
    (Paola Pierantoni)