Informazione/1 – La vertenza coinvolge non solo i giornalisti

I giornalisti (Federazione nazionale della stampa) scioperano; la proprietà – gli editori (Fieg) e l’ Agenzia per i contratti nel pubblico impiego (Aran) – resistono. Le autorità (Presidenza della Repubblica, Presidenza del Consiglio, Ministero del Lavoro ma non solo) auspicano: mettetevi d’accordo, la stampa è importante e pitipì e pitipù. Sono stati molti, da quando è iniziata la fase dura della vertenza, gli articoli e i comunicati delle parti in causa.


L’ultimo, “Il comunicato della Fnsi” pubblicato il 21 dicembre 2006 anche da Repubblica, annunciava lo sciopero che ha tolto per tre giorni – 22, 23 e 24 dicembre – i quotidiani dalle edicole. Il sindacato dei giornalisti, mentre definisce “durissima” l’iniziativa di sciopero in corso, sottolinea la determinazione della categoria nel difendere “la previdenza autonoma della cate goria e tutte le forme di tutela dei giornalisti”. Dichiara inoltre la sua disponibilità al negoziato a patto che la trattativa si impegni a “dare un assetto pluralista ed equilibrato a un settore che si trova al centro di profonde trasformazioni… garantendo l’indipendenza dei media e del giornalismo… ecc. ecc.” Dalla parte opposta gli editori accusano i giornalisti di interessi esclusivamente corporativi e di malafede.
La testa e il cuore dei democratici stanno dalla parte dei giornalisti. Sempre e comunque, si diceva. Ma c’è qualcosa di oscuro e inquietante nella vertenza in corso che non può sfuggire ai protagonisti della carta stampata. Una lotta “durissima” di cui è stato appena annunciato l’intensificarsi può proseguire senza un coinvolgimento – a cominciare da una seria conoscenza dei termini del contendere – di lettori e cittadini?
La ragione dell’intransigenza degli editori è solo finanziaria? O – come i giornalisti lasciano intendere – la discussione va ben oltre il confronto sindacale e tocca lo stesso sistema dell’informazione e quindi la democrazia del paese? Solo un anno fa la mancanza di quotidiani in edicola per 5 giorni sarebbe stata considerata l’anticamera di un golpe. Oggi le cose sono così cambiate?
(Manlio Calegari)