Prigioniero del suo corpo, tenuto in vita da un ventilatore polmonare, Piergiorgio Welby chiedeva che venisse interrotta la respirazione automatica, dopo una sedazione che gli evitasse un’ultima, atroce sofferenza: quella di morire soffocato. In un mondo civile, in cui le scoperte tecnologiche fossero accompagnate dal maturare della coscienza sociale, una simile domanda sarebbe stata rivolta da Welby a chi lo aveva in cura. Nel nostro mondo è stato costretto a rivolgerla al giudice. Il medico e la struttura che lo tenevano in vita ritenevano, infatti, che sì, si poteva sedarlo e poi “staccare la spina”, ma una volta che, sedato, non fosse più stato in grado di decidere consapevolmente, quella spina era loro dovere riattaccarla.
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Welby/2 – La misericordia? Ormai e’ morta
Era un chiesa fondovalle. Di quelle delle Alpi con campanili svettanti e un camposanto recintato, come in città non se ne vedevano. In alcune tombe fiorivano le stelle alpine e le croci in ferro battuto sembravano tratte da un romanzo. Le lapidi mescolavano teschi, tibie e angeli come se il senso di una vita terrena potesse sintetizzarsi in quei pochi simboli, presagio di eternità e fine.
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Informazione/1 – La vertenza coinvolge non solo i giornalisti
I giornalisti (Federazione nazionale della stampa) scioperano; la proprietà – gli editori (Fieg) e l’ Agenzia per i contratti nel pubblico impiego (Aran) – resistono. Le autorità (Presidenza della Repubblica, Presidenza del Consiglio, Ministero del Lavoro ma non solo) auspicano: mettetevi d’accordo, la stampa è importante e pitipì e pitipù. Sono stati molti, da quando è iniziata la fase dura della vertenza, gli articoli e i comunicati delle parti in causa. -
Informazione/2 – L’editore democratico che rifiuta il dialogo
Gli scioperi dei giornalisti sempre più ravvicinati e prolungati, sono il segno di una durissima battaglia in corso. Gli innumerevoli comunicati che li accompagnano tuttavia poco informano. Se vuoi sapere qualcosa sulle ragioni che da circa due anni tengono i giornalisti della Fnsi (Federazione nazionale stampa italiana) sul piede di guerra contro la Fieg (Federazione italiana editori di giornali) è inutile leggere giornali e settimanali. Con l’unica eccezione, salvo errori, di Diario (10 novembre 2006) che con l’eloquente titolo di copertina “Chi se ne frega dei giornalisti” pubblica una inchiesta “vecchio stile” di Oreste Pivetta.
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Pace-maker – Anche i medici ballano il valzer delle bugie
La bugia ha ormai piena cittadinanza come strumento dell’informazione politica, anzi è uno degli elementi costitutivi delle telenovele messe quotidianamente in scena sulla ribalta mediatica nostrana. Per dire quanto siamo lontani da un costume di pubblica decenza, quale è normale nei rapporti di comunicazione dei paesi più civili, può essere utile ricordare alcuni passaggi della sceneggiata rappresentata in occasione della crisi cardiaca di Berlusconi.
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Gaffes – Se neanche i politici sanno la storia
La memoria storica, si sa, è una delle condizioni indispensabili alle persone, a un Paese, per avere coscienza della propria identità. Non a caso c’è un fiorire di libri sul comune passato prossimo e meno prossimo, comunque dimenticato o sconosciuto: dalle edizioni del neorevisionismo alla Pansa, quelle che non esitano a riportare integralmente le ricostruzioni dell’irriducibile camicia nera Pisanò, fino a ricerche d’altro segno, tese a rendere meno oscuri i decenni della strategia della tensione che ha tenuto a lungo in scacco la democrazia italiana. -
Burla di stato – Marziani a Bruxelles edizione 2006
30 ottobre 1938: Orson Welles anticipa Spielberg, adatta La Guerra dei mondi sulle onde radio e terrorizza l’America con un famoso reportage-bluff in cui dichiara che gli extraterrestri hanno cominciato l’invasione del New Jersey. In preda al panico, gli ascolotatori fanno i bagagli a migliaia e fuggono, alcuni (pochi) si suicidano. Il giorno dopo il giovane cineasta dovrà scusarsi pubblicamente sulla CBS per lo scherzo intempestivo.
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Ateneo – Fa scandalo il tutor che dice la verità
Non sono un sovversivo. E nemmeno un “falsone”, almeno non più di quanto le convenzioni per essere socialmente accettabili consentano e impongano di essere. Non intendo impossessarmi degli schemi mentali di alcuno e, almeno per i prossimi due o tre anni, non ho in programma di diventare il guru di una qualsiasi setta. Al momento cerco di convogliare le mie esuberanti energie in qualcosa di più costruttivo. Quanto ho scritto finora sotto lo pseudonimo di Pupil è solo il mio personalissimo e quindi arbitrario punto di vista. Non credevo che qualcuno potesse aversela a male, men che mai un docente della Facoltà. Per cosa poi?