Brutta caduta di stile del censore letterario

Tra i tormentoni dell’estate (ormai quasi trascorsa) ha tenuto banco non poco il carteggio amoroso tra Italo Calvino ed Elsa de Giorgi, portato alla luce con uno scoop di Paolo Di Stefano sul Corsera, forse senza le debite autorizzazioni (ma che deve fare un giornalista, inoltrare rispettose istanze?).


Ne è nata una polemica che ha visto scendere in campo le massime vestali del santo Gral letterario, con l’indice puntato sull’indiscreto, reo di aver violato gli intimi segreti di quelle lettere private, forse meritevoli di rimanere tali. Niente di nuovo, tutto secondo copione; d’imprevisto c’è stato solo lo scivolone, una rovinosa caduta di stile, di uno dei massimi accusatori, Alberto Asor Rosa, il quale dopo aver stigmatizzato l’uso e l’abuso di frugare nella vita di uno scrittore, spiando dal buco della serratura, e non aver mancato di chiedere l’intervento del garante della privacy, alla fine del suo lungo articolo su Repubblica si è ricordato di non aver speso una parola per la de Giorgi. “Già, ma chi se ne importa della de Giorgi? In fondo, lei, poveretta, oltre ad essere anche lei morta (e quindi più che disponibile al saccheggio), non ha avuto altra parte nella storia -è il tocco elegante di Asor Rosa- che scatenare l’estro del giovane-grande scrittore, con la sua spalla rosa come una rosa, con i suoi piedini adorati.” E così conclude: “Una figura pretestuosa, puramente di contorno. Come si dice comunemente in casi del genere? E’ solo una donna.”
Battuta degna del bar sport di Carugate, ma anni ’50. Nessuno però, neppure la voce di una femminista, lo ha rimbeccato. Era agosto e poi il potere letterario varrà pure qualcosa.
(Camillo Arcuri)