Ricerca civile – Cominciare dal senso del bene comune

Non par vero che si possa parlare di politica a Genova. Non par vero che si riesca a farlo senza depliant che promuovono il tale, senza apparato, facce, giornalisti, cameraman. Ma succede nella nostra città per il secondo anno. La scelta è quella di tornare a dare un senso alle parole, come fossero scheletro sul quale immaginare un corpo di società.


Il secondo ciclo di “Sette lezioni per una scuola di ricerca civile – Parole per la città”, si è aperto il 25 gennaio a Palazzo Ducale con la lezione di don Antonio Balletto. Tra gli anziani in sala, molti sono rimasti in piedi, decorosamente appoggiati ai muri. E se la speranza di un cambiamento avesse uno spazio, la troveresti lì, nella Sala del Minor Consiglio tra queste persone che del nuovo hanno sete. Parlano piano, prima che si cominci, tengono le mani sulle ginocchia, hanno i segni riconoscibili di un’appartenenza, che non è solo rango. Ma è passato che traspare. Pazienza dell’età. Alcuni di loro sono ricchi. Di classe, di gusto, di idee. Di censo. La loro esasperazione è inespressa, consegnata all’ascolto, perché solo attraverso l’ascolto viene consolata.
Luca Borzani traccia una sintesi dell’iniziativa – nata “dal desiderio di provare a ridare un senso alle parole” partendo dal significato di “bene comune”. Ricorda l’importanza della memoria collettiva e della persona intesa come fine, e non mezzo. Lo scopo qui “è porre degli interrogativi. Non dare delle risposte.”
“Sto ritirato…”, spiega don Balletto, “faccio il mio cammino di vecchio e loro mi trascinano…”. Ma sa bene di essere lui a trascinare i presenti. Che sogneranno per più di un’ora il suo sogno di società. Parla della sua passione per la teologia e della necessità che i “teologi di oggi” ricomincino a rioccuparsi della città degli uomini. Emerge una visione da uomo di chiesa in antitesi a quella attuale: “quando i preti comandano su tutto e su tutti non andiamo bene”; e una visione della laicità come “grande valore perché fa rispettare le leggi fondamentali” degli uomini. Da qui il bisogno di “un’etica dove si rispettino esigenze e interessi di tutti nell’equità e nella giustizia…Furbetti e furbastri non costruiranno il bene comune che deve poter conciliare tutti i beni comuni”. Lavoro, salute, impegno, giovani sono i tasselli di un equilibrio perfetto nel quale non c’è spazio per la continua lotta tra mondo laico e mondo ecclesiastico, tanto meno per un’egemonia “del mond o culturale che dimentica sorriso e pianto della gente”, e per “avventurieri della politica in lotta per meschine vittorie e per meschini predomini”. Bisogna andare alla ricerca di tracce, fare e rifare la storia. “Il bene comune è essere l’uno all’altro. Guardarlo in viso e rispettarlo e farmi aiutare e aiutare gli altri. Il bene comune è un rapporto”.
In un’ora gli attori di questa società – dai più ricchi agli extracomunitari – entrano in scena per costruire un mondo possibile.
Nessun candidato alle primarie è presente in sala. Parole per la città.
(Giulia Parodi)