Primarie – Da evento partecipativo a rito di sottomissione

Dopo un’attenta lettura dei quotidiani cittadini, qualche riflessione pare doverosa.
Primo: perché alcuni fatti sono tanto sottovalutati, da scomparire? Nel 2005 votarono alle primarie per il candidato premier, nei 71 seggi di Genova città, 61.706 elettori. Il 4 febbraio scorso se ne sono presentati 35.296. Una diminuzione di 26.410 votanti, pari al 42,8%, è da considerarsi fisiologica? Tutti i giornali hanno snobbato la questione, si sono affrettati a proclamare l’affluenza un successo. Siamo certi che sia così? Che sia normale un simile scarto? Che non sia un sintomo di una qualche delusione in una parte dell’elettorato di sinistra? I politici, si sa, coltivano solo certezze, ma i giornalisti?


Secondo: la partecipazione è la grande vittima di queste primarie. Non fosse spuntato Zara, quale sarebbe stata l’affluenza, in una consultazione in cui gli elettori sono stati chiamati a ratificare le decisioni prese dai partiti (compresa la “sinistra radicale”, con la sua evanescente candidatura, di cui si è visto il bel risultato, d’altra parte voluto e confezionato da quei dirigenti)? Abbiamo visto la città tappezzata di manifesti. Profusione di dépliant in carta patinata e volantini, pagati dai partiti con il finanziamento pubblico. I media allineati (per mesi peana a Margini, dopo la decisione romana a favore della Vincenzi, Margini è sparito di colpo e non si è parlato più che di Supermarta). Un candidato indipendente dai partiti al potere, che non fosse miliardario o appoggiato da poteri economici, quali chance avrebbe avuto comunque?
(Pino Cosentino)