Campagna elettorale – Non nominare invano il nome di Aster

“Certe operazioni non dovevano essere fatte”. “Aster, io non l’avrei fatta”. “Ad Aster bisogna mettere mano rapidamente”. Dichiarazioni di Marta Vincenzi nella tana del lupo: l’Assedil, l’Associazione dei costruttori edili della Provincia di Genova, che da tempo contesta il ruolo di monopolio esercitato dall’Aster, l’Azienda Speciale del Comune di Genova diventata Spa (Secolo XIX, 22 marzo). Con più di 500 dipendenti, si occupa (si dovrebbe occupare), in quanto azienda controllata (il presidente è indicato dal sindaco, nel Cda siedono rappresentanti del Comune), di manutenzioni stradali, di segnaletica, di illuminazione, di spazi attrezzati e di verde pubblico. Se si osserva il degrado raggiunto dal verde e dall’arredo urbano genovese, le dichiarazioni non avrebbero dovuto sorprendere. E’ noto che Aster è uno dei bracci operativi del Comune meno amato dai genovesi. Evidente la responsabilità dei vertici: il Cda di Aster, l’assessore all’Ambiente, Luca Dallorto (Verdi), il Comune.


Ma le dichiarazioni della Vincenzi sono state interpretate da Cgil, Cisl e Uil come un tentativo di sopprimere l’Aster. Scrivono che non sono stupiti “del suo successo presso i costruttori” e l’assemblea dei lavoratori dell’azienda approva all’unanimità una nota in cui si chiarisce che “se questo è il programma dell’Unione, sin d’ora la Rsu [rappresentanza sindacale unitaria] di Aster rivolge un invito ai lavoratori e alle famiglie perché neppure un voto confluisca nell’Unione” (Secolo XIX, 24 marzo). Non siamo all'”okkio al kranio”, la scritta comparsa a San Benigno indirizzata a quei portuali che nel recente film di Pietro Orsatti, “De mä – trasformazione e declino” avevano criticato la attuale gestione della Compagnia (vedi OLI 136), ma – in piena campagna elettorale – non assomiglia a un’intimidazione?
Enrico Musso e Renata Oliveri, candidati, rispettivamente, a sindaco e a presidente della Provincia della Cdl, si sono schierati a fianco dei sindacati. C’era da scommettere.
(Oscar Itzcovich)