Minori stranieri – La trappola burocratica della maggiore età

A commento di uno dei pezzi usciti su OLI a proposito di minori immigrati un lettore (operatore pubblico di un ente locale) segnalava che i minori immigrati non accompagnati, anche quelli che hanno avuto la possibilità di essere seguiti, inseriti in una struttura, e in un programma di reintegrazione, incontrano un nuovo ostacolo, a volte insormontabile, quando raggiungono i 18 anni, soglia che a certe condizioni può essere prolungata fino ai 21 anni. In quel momento infatti il loro permesso di soggiorno “per minore età” viene a scadere, e la possibilità di ottenerne uno per studio o per lavoro, grazie ad una interpretazione restrittiva della legge 189/2002 sulla immigrazione che continua ad essere applicata dalle questure, è aperta solo a chi è entrato in Italia prima del compimento del 15° anno ed ha seguito per almeno 2 anni un progetto di “integrazione sociale e civile” gestito da un ente pubblico (o privato purché iscritto in uno specifico registro previsto dalle legge).


Comunque a condizione che abbia un alloggio, un contratto di lavoro o qualcuno che lo mantenga agli studi. Condizioni ardue, specie se devono essere create con l’assillo di scadenze burocratiche del tutto indifferenti ai tempi e alle storie delle persone. A questo proposito il nostro lettore riporta il caso di un ragazzo straniero, disabile (non vedente), attualmente affidato ai servizi sociali, che al compimento del 21° anno di età (ad agosto) sarà ‘dismesso’ dal Comune, quindi non potrà più vivere nella comunità dove risiede adesso, e l’unica possibilità di rinnovo del permesso di soggiorno sarà appunto quella del lavoro, rispetto al quale (data la minorazione) le possibilità e i tempi di inserimento potrebbero essere più lunghi di quelli previsti per il rinnovo del permesso di soggiorno.
Ad ogni modo, per chi non rientri nelle maglie strettissime viste prima, la possibilità di restare è zero. Il progetto di ricostruzione della esistenza verrà interrotto e il ragazzo verrà espulso, verso il nulla. Anche se ancora sta andando a scuola. Anche se ha trovato un regolare lavoro. Anche se al suo paese non ha più alcun punto di riferimento. Il sito di “Save the children” denuncia le gravissime conseguenze di questa norma non solo per le vite individuali che vengono colpite, ma anche per le traiettorie che precostituiscono: i ragazzi che sanno di appartenere alla fascia che non avrà in nessun caso diritto ad un permesso di soggiorno non hanno nessuna spinta, nessun incentivo ad intraprendere un percorso di “integrazione sociale e civile”, già complicato da far accettare in ogni caso. Contemporaneamente, per assurdo, la semplice denominazione del progetto di integrazione ha creato un incentivo per far giungere in Italia ragazzi al di sotto dei 15 anni, tanto più esposti ai rischi in quanto più giovani e fragili.
(Paola Pierantoni)