Giustizia / 1 – Mettete il morso a quei magistrati

Come il famoso cane di Pavlov, il potere risponde agli stimoli con comportamenti sempre uguali, ripetitivi, immutabili. Non manca mai di lanciarsi sugli investigatori che indagano troppo, che non guardano in faccia a nessuno, insomma che vogliono applicare la legge. Salvo poi sostenere che non è il palazzo, ma la critica e la satira ad alimentare l’antipolitica. Ultime le reazioni del guardasigilli Mastella e il coro ululante della destra (ma anche troppi silenzi del centrosinistra), alle parole dei magistrati Forleo e De Magistris, “colpevoli” di aver detto a Santoro in tv di sentirsi isolati e di subire intimidazioni non esterne, insomma dalla gerarchia. Tutto perché anche loro hanno avuto l’ardire, o la sconsideratezza, di toccare qualche “santuario”.


E’ un copione logoro. Forse non tutti ricordano che va in scena ormai da più di un trentennio. Nei primi anni ’70 scoppiò tra Genova e Roma lo scandalo dei petroli, coi partiti (dell’allora maggioranza di centro) che ricevevano percentuali sulla base dei prezzi dei carburanti, per cui più aumentava la benzina più mettevano in tasca. Contro i tre “pretori d’assalto” Almerighi, Brusco e Sansa che avevano osato rompere il giochino ci fu tempesta: minacce di “avocazione” e d’altro tipo, servizi segreti scatenati contro e un solo politico schierato dalla loro parte: Pertini, a quel tempo presidente della Camera. Poi naturalmente tutto finì come doveva, con la prescrizione. Il bis dieci anni dopo quando tra Genova e Savona scoppia il caso Teardo, il presidente della Regione, piduista, che col suo clan imponeva taglie su affari e imprese. Al momento degli arresti per quel racket di tipo mafioso, arriva Intini a portare la solidarietà del Psi ai “prigionieri politici”. Segue l’an nuncio di Craxi: “Con gli inquirenti poi faremo i conti”. Parola mantenuta perché il pool investigativo venne letteralmente disperso.
Non fu solo una rappresaglia; fu un modo spiccio per impedire che emergesse fin d’allora Tangentopoli: c’erano già agli atti gli stessi nomi e legami, ma l’inchiesta fu dissolta. Temporaneamente, dal momento che il costume corruttivo era così diffuso, incontenibile che una decina d’anni dopo, primi ’90, implose a Milano con Mani pulite, la rivincita della legalità imposta da Borrelli, Colombo, Davigo, Di Pietro. Ora ci risiamo con l’invio degli ispettori, le minacce di trasferimento, le inchieste disciplinari. Imputati De Magistris e Forleo scolpatevi: avete osato indagare inquilini del palazzo? E’ curioso anche se antipatico notare, come fa Travaglio, che i consigli del vecchio Gelli siano ancora ascoltati ai piani alti: lui raccomandava sempre di mettere morso e briglia ai magistrati. Il resto vien da sé.
(Camillo Arcuri)