Stragi silenziose/1 – Se una catastrofe non è abbastanza interessante

La notte del 25 dicembre 1996, Ampalagan Ganeshu e suo fratello Arulalagan, due ragazzi dello Srilanka in fuga dalla guerra civile, morirono nel più grave disastro marittimo nella storia del Mediterraneo dalla fine della guerra mondiale. In 283 sparirono nel mare del Canale di Sicilia, a bordo della nave Friendship, speronata dalla Yohan, a sua volta carico di merce umana. Soltanto cinque anni dopo, nel 2001, su indicazione di un pescatore, un robot subacqueo catturò le immagini di quello che era rimasto un naufragio fantasma, descritto dai superstiti ma mai provato. Abiti, rottami, resti umani denunciarono che invece era accaduto sul serio, 283 persone erano sparite nel mare per 5 anni senza che nessuna autorità intervenisse, per accertare quello che era accaduto e recuperare i corpi.


Solo a distanza di 11 anni, a febbraio, il governo ha stanziato i fondi necessari per questo ultimo atto di pietà. Ma il tempo, banalmente, scorre, e mentre i quotidiani si accatastano uno sull’altro (4013 quotidiani in undici anni, quanti truculenti omicidi, quanti gossip, quante dichiarazioni autorevoli), “ultimo sfregio, il mare ha cancellato tutto”. Così titola il Venerdì di Repubblica (19 Ottobre 2007), unica voce a raccontare quello che resta di un dramma mai abbastanza interessante per esistere, per le autorità, per i media, per l’opinione pubblica.
www.uonna.it/yiohan-naufragio-dei-media.htm
www.tanadezulueta.it/html
(Eleana Marullo)