Stragi silenziose/2 – Più di duemila le vittime dell’uranio impoverito

Si chiama Paolo Floris, ragazzo di 29 anni di Guspini, in provincia di Cagliari, l’ultimo militare italiano vittima da possibile contaminazione da uranio impoverito. A renderlo noto è Francesco Palese, curatore del sito Vittimeuranio.com, al quale il giovane si è rivolto per denunciare la sua vicenda. Paolo ha effettuato il servizio di leva nel 1999 nel Poligono nazionale di Teulada dove era addetto al magazzino del Reggimento con compiti di guardia nella polveriera. A settembre del 2006 gli è stato diagnosticato un “linfoma di hodgkin 4° stadio b” che sta curando con dei cicli chemioterapici in un ospedale civile di Cagliari”.


Il giovane è stato anche licenziato lo scorso 11 settembre dall’impresa per cui lavorava dopo un anno di malattia e si ritrova adesso senza nessun aiuto e senza lavoro a combattere con una malattia all’ultimo stadio. Bisognerebbe sapere se i casi come il suo compaiono nelle liste ufficiali di cui si parla in questi giorni. I familiari del ragazzo chiedono il riconoscimento della causa di servizio. Purtroppo molti sono i casi di tumori sviluppatisi tra chi raccoglieva residuati bellici nei poligoni. Un giovane carrista L.G.C. di Lecce che nel 1999 raccoglieva bossoli senza alcuna protezione presso il poligono di Torre Veneri a Frigole (in provincia di Lecce) si è ammalato di un tumore alla bocca. Altri esempi: Ugo Pisani di Siena, nel poligono di Capo Frasca in Sardegna, e sempre in questo poligono i militari di Sassari Murizio Serra e Gianni Fredda; ancora in Sardegna nel poligono di Salto di Quirra, Fabio Cappellano di Lamezia Terme. Nel poligono del Dandolo presso Maniago in Friuli, Alessandro Garofolo di Mantova.
Secondo un elenco emanato qualche settimana fa dal ministero della Difesa, e anche in base alle indagini di polizia giudiziaria effettuate nei distretti militari, il numero di malati di tumore sarebbe di 2.000 (o 2600). Lo stesso ministero della Difesa nell’aprile 2006 (vedi articolo su Il Corriere della Sera del 5 aprile 2006) aveva parlato solo di 158 casi. A un anno di distanza dunque si sarebbero più che decuplicati.
Falco Accame, presidente dell’Ana-Vafaf, associazione vittime militari, domanda ai ministeri Difesa e Salute quale sia la vera entità del gravissimo fenomeno, e soprattutto perché non sono state adottate nei poligoni elementari norme di protezione per la raccolta dei residuati bellici, norme che valgono anche indipendentemente dal fatto che si tratti di residuati bellici all’uranio.
(Camillo Arcuri)