Nazionalpopulismo – L’aspirante guru, gli zombi e i topi

Passa per la testa più fine del suo pollaio: la parte di guru che Giuliano Ferrara svolge per i Cavaliere, Marcello Veneziani mira a interpretarla per la destra parafascista; quella del creativo che traccia il solco, dell’intellettuale da convention e talk-show per dimostrare che anche sotto l’antico fez battono i cervelli. Tanto che perfino Santoro non esita a invitarlo nell’arena di “Anno Zero”, forse contando di ricevere dall’altra sponda un contributo di originalità critica e beccandosi puntualmente solo calci negli stinchi. Il meglio di sé però Veneziani lo riserva a Libero, il quotidiano che a dispetto dell’altisonante testata aveva come vicedirettore e ora come articolista principe un certo Betulla, nome in codice del giornalista che spiava i magistrati per conto del Sid deviato.


Incurante del disagio derivante a un uomo libero da simili contiguità, l’aspirante guru dedica un articolo al bilancio politico di fine anno e non inventa granché di nuovo ribadendo i toni catastrofici della destra sul governo Prodi, prigioniero dei comunisti, di se stesso, delle sue contraddizioni interne, per cui -ripete pappagallescamente- non gli resta che andarsene a casa. E ci sarebbe già andato, sbotta, se non fosse per quattro “morti viventi”: così definisce i senatori a vita, nobel Montalcini in testa, che col loro voto hanno più volte salvato la maggioranza.
Nulla toglie o aggiunge che Veneziani, nell’oltraggioso scherno a personalità degne di rispetto, si sia accodato a quel campione di beceraggine politica che risponde al nome di Storace. Il livore della sua espressione, proprio perché proviene da un presunto uomo di cultura, scaturisce da recessi più inquietanti. Egli non può ignorare che il disprezzo verso chi è più debole fisicamente, l’anziano, il diverso o l’handicappato, è stata storicamente la premessa dell’ideologia dello sterminio. Gli amici dei suoi amici, i nazisti, resero possibile l’inferno dell’olocausto, negando anzitutto la qualità umana del popolo ebreo, imponendo tra i tedeschi l’idea aberrante che si trattasse di una popolazione topi, non di sei milioni di uomini, donne, vecchi, bambini.
Un intellettuale che fingendo di ignorare tutto questo definisce “morti viventi” i senatori a vita, si mette al rango di naziskin.
(Camillo Arcuri)