Consensi – Per una fenomenologia del caso Mastella

Certe interviste-flash, nella loro autenticità, sono imperdibili perché al pari delle biopsie prelevano dal tessuto socio-culturale brandelli capaci di rivelare la natura di una patologia profonda. E’ il caso delle due signore borghesi che sono state interrogate dalle telecamere di “Anno zero”, per capire le ragioni della loro presenza solidale fuori dal villone dei Mastella, nonostante la pioggerellina invernale. Entrambe hanno risposto che a portarle lì insieme a qualche altro, era anzitutto un sentimento di simpatia, di gratitudine per la disponibilità umana sempre dimostrata verso la sua gente dall’allora ministro.


La testimone in pelliccia ha raccontato che perfino i suoi dipendenti quando hanno bisogno di una pratica, un permesso, una concessione, si rivolgono tramite lei all’autorevole coppia (forse a lui per faccende romane e alla signora per quelle locali). L’altra è andata più in là, riferendo addirittura che se un compaesano si ammala e abbisogna di un ricovero urgente è lo stesso Mastella che va personalmente ad accompagnarlo. Si spiega probabilmente così, con ragioni metapsichiche, la crisi della sanità al sud, essendo notorio che negli ospedali la cosa più temuta è l’ingresso di un paziente raccomandato o, massima sventura, super-raccomandato: in questi casi fatalmente accade il peggio di quanto succede normalmente.
Scaramanzia a parte, resta la fabbrica del consenso, questa sì sviluppata a livello industriale nel Sud, come si è ben visto nel caso di “vasa vasa” Cuffaro, condannato a 5 anni ma sostenuto dalla folla dei 300.000 cui assicura pane quotidiano, non solo affettuosità, e ciò attraverso una fitta rete di incarichi, favori, sussidi che ha un suo corrispettivo nella scelta elettorale. Ma è reato o no il cosiddetto voto di scambio? Per tornare a Mastella, le intercettazioni hanno dimostrato fino a che punti si spingeva la macchina del potere Ueur in Campania, con quel satanasso di suocero dell’ex ministro impegnato a condizionare concorsi e appalti, a dichiarare “morto”, fottuto e fetente, chiunque si metta di traverso.
Alla luce di certe emergenze appare un po’ meno generosa “l’umana disponibilità” del clan di Ceppaloni. Sono cose che succedevano, a vari livelli, anche da queste parti, prima ancora dell’era Craxi, e non solo per procurarsi tangenti: la tessera di partito per il posto di lavoro era la regola. Poi per fortuna i costumi, insieme al peso delle forze in campo, sono un po’ cambiati, mentre altrove continuano a rivivere i non proprio memorabili anni Sessanta. Al riguardo resta un classico la risposta di un amico architetto napoletano che trasferitosi a Genova dalla sua città (non ancora ridotta a immondezzaio) respinge ogni richiamo nostalgico: “Almeno qui per fare la carta d’identità -spiega- non devo ricorrere al cumpariello…”.
(Camillo Arcuri)